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Martedì 16 SETTEMBRE 2014
Ao Annunziata di Cosenza al collasso. La colpa è dei politici che promettono e non danno

Questo il risultato di una politica capace di fare male ciò che deve e del male a chi, invece, dovrebbe destinare ogni sua attenzione a garanzia dei diritti di cittadinanza. Un problema, quello calabrese, da fare assurgere ad emergenza nazionale. A proposito, diventa naturale l’insorgenza di un dubbio: quello dell’Annunziata è un caso isolato? In Calabria, non affatto. Altrove?

La colpa è dei politici che promettono e non danno. E’ quanto affermato all’esito della “veglia” sindacale che ha certificato ieri una sorta di stato di premorienza dello storico stabilimento ospedaliero dell’Annunziata, oggi Azienda Ospedaliera di Cosenza. Ebbene sì, in Calabria sta accadendo il peggio, che va oltre l’ovunque immaginabile. Gli unici a resistere sono i medici instancabili che, nell’insieme delle sigle associative che rappresentano, danno prova dell’attaccamento ai loro doveri e ai diritti costituzionali di cui devono rendersi garanti. 

Ad una sanità che poteva contare in Calabria su tanti presidi ospedalieri di qualità, pieni zeppi di professionisti capaci che riuscivano a sopperire ad una rete di assistenza territoriale che non esisteva (e che ancora non esiste), sta sopravvenendo una desertificazione totale dei servizi per la salute. Ove i Lea diventano una speranza, non la certezza da rendere esigibile ai cittadini cui fa riferimento la Costituzione.
Dunque, nessun beneficio dai Patti per la salute che sembrano essere definiti per tutto il resto del Paese (o quasi). In Calabria no. Rappresenta un mondo a parte, tutto sintetizzato nel decadentismo progressivo del presidio ospedaliero cosentino, ove si rendiconta il risultato dei disastri gestionali che lo hanno caratterizzato, tra una prorogatio ultradecennale delle pulizie, senza che nessuno abbia messo lingua, e una attivazione quantomeno creativa delle unità operative. Non solo. Ove i bravi operatori sanitari sono stati costretti ad ogni genere di vessazione se non in linea con le prepotenze della politica, saldamente rappresentata nei management che si sono succeduti. Ciò nonostante la loro provata eccellenza, nota oltre confine.

Per non parlare dei malati, bistrattati nei loro diritti non per colpa dei medici e infermieri che vi operano bensì per un assurdo blocco del turnover che si sta rendendo responsabile di morti evitabili e di assistenza mancata. Tutto questo perché (da queste parti) non si riesce ad elaborare una corretta politica sanitaria regionale, fatta di quelle cose che altrove trovano, di contro, cittadinanza naturale.
In Calabria no, specie per quanto riguarda l’ospedale cosentino, minacciato della sua esistenza scientifica consacrata dai successi di ieri e dalla resistenza di oggi. Ivi i cittadini non sono eguali. C’è chi strappa una assistenza ospedaliera “amicale”, costruita sulle indebite intercessioni, e c’è chi corre il rischio di trascorrere giornate intere consecutive nei pronto soccorso che sovrabbondano di bisogni di assistenza, non soddisfatti dal territorio. Una istanza spesso disperata cui i medici “cosentini” offrono solidale rimedio solo rinunciando ai loro diritti di ordinario riposo e sacrificando orari ed energie sottratte allo loro vita normale. E sì, i medici ospedalieri dell’Annunziata (soprattutto quelli non esentati dai servizi più sacrificati) vivono per e nello ospedale dell’Annunziata. Ciò allo scopo, con un impegno che va ben oltre lo straordinario, di garantire quanto ordinariamente dovuto ai cittadini.

Questi ultimi offesi dall’assenza totale dei servizi, cui rimediano le famiglie chiamate a sacrifici inenarrabili, persino di procurare le medicine nelle farmacia vicine. A ben vedere, un dramma, presago di peggioramenti insopportabili, quali risultati di lungo periodo di una politica capace di fare male ciò che deve e del male a chi, invece, dovrebbe destinare ogni sua attenzione a garanzia dei diritti di cittadinanza. Un problema, quello calabrese, da fare assurgere ad emergenza nazionale. A proposito, diventa naturale l’insorgenza di un dubbio: quello dell’Annunziata di Cosenza è un caso isolato? In Calabria, non affatto! Altrove?
Prof. Ettore Jorio
Università della Calabria 

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