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Lunedì 24 NOVEMBRE 2014
Ricerca. Lorenzin: “Grazie al notevole impegno economico il ministero è il primo provider pubblico”

Con 280 milioni l’anno dedicati alla ricerca biomedica, di cui oltre 80 dedicati alla ricerca competitiva, il ministero della Salute può considerarsi il primo “fornitore” pubblico. Lo ha detto la ministra attraverso un messaggio inviato al convegno svoltosi all’Università Cattolica su innovazione e ricerca clinica.

“Nel panorama della ricerca italiana la ricerca svolta nel Ssn ed in particolare negli Irccs e nelle Aziende universitarie riveste un carattere di assoluto rilievo, in quanto è proprio l’integrazione tra ricerca e assistenza che si sviluppa in tali strutture, che permette di assicurare un rapido ed efficace trasferimento delle conoscenze scientifiche alla cura e trattamento dei pazienti”. Così la ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, nel messaggio di saluto inviato al Convegno svoltosi all’Università Cattolica e organizzato dai Centri di ricerca clinica del Policlinico A. Gemelli, del Bambino Gesù e dell’Istituto Europeo di Oncologia dal titolo “Innovazione in ricerca clinica”.
 
 
“Sono serena – ha continuato Lorenzin – nel dire che le risorse destinate alla ricerca hanno prodotto in questi anni importanti risultati. Al riguardo, mi preme ricordare, il notevole impegno economico profuso dal ministero come primo provider pubblico nel sostegno alla ricerca biomedica che vede ogni anno dedicare circa 280 milioni alla ricerca svolta nelle istituzioni del Ssn di cui oltre 80 milioni dedicati alla ricerca competitiva”.
 
“Ma occorre ricordare che la ricerca biomedica oltre ad essere una incommensurabile opportunità per i pazienti è oggi anche una grande opportunità per il nostro Paese. Infatti, i nuovi sviluppi della proteomica, genomica ed epigenomica ci consentono di non vedere più le classiche malattie come un unicum ma come patologie legate strettamente al singolo individuo che, pertanto, è necessario curare attraverso la medicina personalizzata. Proprio le possibilità offerte oggi della medicina personalizzata consentono di dire che la ricerca biomedica è anche un elemento trainante per lo sviluppo economico nazionale grazie alla possibilità di implementare nuovi farmaci, nuove tecnologie diagnostiche e curative. Il fronte della ricerca non riguarda solo i centri di ricerca, ma tutte le strutture sanitarie del sistema sanitario perché la ricerca e lo sviluppo sono costituenti fondamentali di un’organizzazione che cresce e migliora la propria capacità. Ma perché tale obiettivo sia effettivamente realizzato – ha concluso la ministra – occorre integrare le risorse economiche, umane e materiali in modo da ottimizzare l’uso delle stesse”.
 
Obiettivo della mattinata di confronto è stato sottolineare che i punti deboli del nostro sistema possono essere efficacemente migliorati, dando origine a modelli virtuosi per la ricerca clinica farmacologica e su dispositivi medici. Ciò, naturalmente, con i conseguenti vantaggi per la qualità delle cure, a beneficio dei pazienti, e con notevoli ricadute positive sull’occupazione di personale altamente qualificato nel nostro Paese.
 
Nel gennaio scorso infatti il British Medical Journal segnalava che l’Italia stava segnando il passo nel campo della ricerca clinica su farmaci innovativi (risultava fanalino di coda per attrattività, tra le 12 nazioni europee analizzate), ma i Clinical Trial Center e gli sperimentatori clinici dei principali poli sanitari del nostro Paese stanno mettendo a punto nuove strategie per invertire questa tendenza. E i primi risultati sono incoraggianti: sia sul piano delle performance scientifiche, sia dal punto di vista della capacità di attrarre progetti di ricerca finanziati da aziende private o enti pubblici.
 
Per riflettere sugli sviluppi futuri di questo mercato, promettente e ad elevatissimo tasso d’innovazione – capace di garantire al contempo terapie migliori per i pazienti e nuovi posti di lavoro per personale altamente specializzato – i Clinical Trial Center del Policlinico A. Gemelli e dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, e dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, si sono riuniti oggi presso l’Università Cattolica di Roma, coinvolgendo anche la politica, gli enti regolatori, associazioni di pazienti e società del settore farmaceutico, come Pfizer, una delle più attive nel campo della ricerca clinica.
 
Altri elementi di criticità sottolineati nella survey pubblicata sul British Medical Journal, erano i volumi d’investimento, l’agilità di regole e strutture, e conseguentemente per qualità e quantità d’innovazione prodotta. Un risultato, quest’ultimo, che in parte si sta invertendo, come confermato da Donatella Gramaglia, Coordinatore Valutazione Trial Clinici presso l’Agenzia Italiana del Farmaco. Tale inversione di tendenza si può irrobustire anche grazie all’operato dei Clinical Trial Center all’interno dei rispettivi poli d’eccellenza: sia attraverso piani specifici di training in Good Clinical Practice (GCP) per i propri sperimentatori, sia promuovendo iniziative volte a creare una nuova classe di personale ad alta specializzazione, dedicato interamente alla ricerca clinica.
 
Approccio scientifico di qualità alle sperimentazioni, semplificazione delle regole e dei processi da parte degli enti regolatori, collaborazione crescente: sono questi – secondo quanto emerso nel corso del convegno – gli elementi chiave del successo, identificati dai principali Clinical Trial Center italiani. Elementi di successo che sono anche le condizioni di base, necessarie per il rilancio della ricerca clinica nel nostro Paese.
 
Ma ciò –è stato più volte ribadito durante il dibattito – non senza perfezionare continuamente un sistema di regole più agile e lineare, rispondente alle necessità di un settore in continua evoluzione e affidato all’Aifa come unico ente responsabile, al fine di costruire un ecosistema giuridico e regolatorio maggiormente attrattivo per nuovi progetti di ricerca e per capitali privati o pubblici.
 
“I poli d’eccellenza del settore – secondo Antonino Amato, direttore del Clinical Trial Center del Policlinico A. Gemelli di Roma –specializzati nei segmenti a maggior tasso d’innovazione come la ricerca sulle malattie rare e le terapie pediatriche o le cure oncologiche, dimostrano fattivamente di avere l’interesse e la capacità di dialogare apertamente, di allearsi in network collaborativi d’eccellenza e al contempo di saper stringere un’alleanza fattiva con l’industria privata. Si tratta di fenomeni che anche la politica e gli enti regolatori dovrebbero cogliere, come possibili grandi opportunità per la ricerca clinica nel nostro Paese”.
 
“La missione dei Clinical Trial Center – ha spiegato il Direttore del Policlinico A. Gemelli, Maurizio Guizzardi – sostiene e corona il lavoro meritorio dei tanti clinici che si dividono ogni giorno fra attività assistenziale e ricerca. Uno sforzo complessivo di grande valore scientifico, sociale e anche economico; che merita l’attenzione delle istituzioni, e in genere delle autorità preposte a far sì che questo impegno sia portato avanti in un quadro di regole chiare, snelle e incentivanti”.
 
“Senza buona ricerca, in campo medico, non si possono garantire cure d’avanguardia ai pazienti, né si può offrire formazione adeguata ai clinici di domani – ha affermato Rocco Bellantone, Preside della Facoltà di Medicna e Chirugia dell’Università Cattolica –. È un convincimento radicato nel nostro Ateneo e nella nostra Facoltà, che da alcuni anni promuove una Giornata della Ricerca, per fare il punto su quanto di importante si sta realizzando tra laboratori, aule e reparti; grande impegno stiamo profondendo su un tema di frontiera come la medicina personalizzata e pochi mesi fa abbiamo presentato circa 250 trials in corso, condotti dai nostri 700 ricercatori. Senza ricerca non si possono garantire assistenza e formazione di qualità; ma la qualità nella ricerca, a sua volta, è sugellata dalla capacità di creare innovazione. Per raggiungere questi obiettivi è nato il Clinical Trial Center, che li persegue e li riafferma per mandato istituzionale. Di qui il mio auspicio che le istituzioni facciano propria la richiesta implicita che traspare dai soggetti promotori di questo convegno: che la buona ricerca clinica, in Italia, possa essere portata avanti in un quadro di regole certe e ben definite, che cooperino, assieme al prestigio scientifico dei ricercatori italiani, nel rendere attrattivo il nostro Paese per un numero crescente di studi clinici innovativi”.
 
“L’Europa ha bisogno di crescita economica e scientifica – ha detto a sua volta Paolo Rossi, Dipartimento Pediatrico Universitario dell’Ospedale Bambino Gesù – e la ricerca clinica è  in grado di svolgere la sua parte nello stimolare direttamente entrambe. Ora è necessaria maggiore visibilità per i centri di eccellenza effettivamente in grado di portare avanti la sperimentazione farmacologica, ma anche più accessibilità al sistema della ricerca clinica in generale e pediatrica in particolare. In vista di questi obiettivi è nato nel 2010 il Centro Trials all’interno del Dipartimento Pediatrico Universitario-Ospedaliero del Bambino Gesù, prima struttura clinica in Italia totalmente dedicata agli studi clinici pediatrici”.
 
“La medicina, l’oncologia in particolare, sta attraversando una vera e propria rivoluzione, innescata dalle nuove conoscenze in campo genomico e biologico, e caratterizzata da un’accelerazione della comprensione dei meccanismi di malattia e della produzione di farmaci basati su tali meccanismi (Farmaci Molecolari) – ha evidenziato Pier Giuseppe Pelicci, Co-Direttore Scientifico dell’Istituto Europeo di Oncologia di Milano –. La sperimentazione clinica (Trial Clinici) è una tappa cruciale del processo di generazione di nuovi farmaci. È cruciale perché rappresenta la fase più lunga e costosa dell’intero processo. Al contempo, la sperimentazione clinica rappresenta l’unica modalità di accesso dei nostri pazienti ai benefici dei nuovi farmaci. Un investimento significativo in ricerca clinica, in particolare in trial clinici, rappresenta quindi la testimonianza più diretta della volontà di un Paese di accelerare la scoperta di nuove terapie, di garantire un rapido accesso dei propri cittadini all’innovazione medica e di governare la rivoluzione in corso della medicina”.
 
Il modello di partnership pubblico-privato è stato già promosso da un’azienda come Pfizer, che ha lanciato il “Programma Inspire” (Investigator Networks, Sites Partnerships and Infrastructure for Research Excellence), un impegno globale che sta dando i suoi frutti nel supporto alla ricerca clinica per la lotta alle malattie più diffuse e anche a quelle rare.
 
“Sono 145 i Centri Inspire nel mondo – ha detto Massimo Visentin, Presidente e Amministratore Delegato di Pfizer Italia –. Questi centri sono stati selezionati, in tutto il mondo, per gli elevati standard qualitativi nelle fasi di ricerca, per la tempestività nel reclutamento dei pazienti  e per la presenza dei massimi esperti mondiali nelle diverse Aree Terapeutiche. I centri Inspire italiani sono il Policlinico Gemelli e l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma, e l’Istituto Europeo di Oncologia di Milano, nei quali operano i tre Clinical Trial Center che hanno dato vita all’incontro odierno. A  questi   si è  di recente  aggiunto  il polo di ricerca  dell’Ospedale San Martino di  Genova,  focalizzato sui vaccini,  a cui  a   breve seguirà il  Policlinico Umberto I di Roma. La partnership pubblico-privato comporta l’accesso precoce a nuove potenziali terapie e il supporto al centro di ricerca per sostenere una ricerca clinica competitiva e di qualità”.

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