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Martedì 02 DICEMBRE 2014
Rapporto Cittadinanzattiva sulle cronicità. Costi sempre più alti e servizi ridotti. Crescono denunce di sprechi e inefficienze

Dal XIII Rapporto sulle politiche della cronicità emerge un Ssn in affanno ancora lontano dal garantire un accesso ai servizi appropriato in tutte le Regioni. E i pazienti hanno un sogno: dirigenti sanitari nominati per merito, poter accedere agli esami e visite in tempi adeguati, poter prenotare gli esami in maniera semplice.

Sprechi e disservizi sanitari ormai sotto gli occhi di tutti e, nello stesso tempo, costi sempre più alti per i pazienti. Dal punto di vista dei servizi, i cittadini lamentano ritardi nella diagnosi, difficoltà ad accedere ad alcuni esami a causa del ticket, riduzione dei servizi soprattutto a livello ospedaliero e ambulatoriale. Pesano, inoltre, i problemi legati alla conciliazione della malattia con il lavoro, sia per il paziente che per la famiglia che l’assiste. È questo il quadro che emerge dal XIII Rapporto sulle politiche della cronicità, dal titolo “Servizio sanitario: pubblico accesso?” (acquistabile on line sul sito di Cittadinanzattiva) presentato oggi a Roma dal Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici (CnAMC) di Cittadinanzattiva.

In una ipotetica scala, al primo posto per i pazienti affetti da patologie croniche e rare, si collocano tre desideri: dirigenti sanitari nominati per merito e non per politica; poter accedere agli esami e visite in tempi adeguati; non essere costretti a girare dieci uffici per avere una risposta e poter prenotare gli esami in maniera semplice e standardizzata.

Dal XIII Rapporto sulle politiche della cronicità emerge un Sistema sanitario nazionale in affanno, che si sta ripensando, ma che è ancora lontano dal garantire l’accesso a servizi appropriati in tutte le Regioni. Intanto i costi privati per l’assistenza aumentano, 9704 euro in media l’anno per la badante, 17.435 euro per la retta di una struttura residenziale o semiresidenziale, 1233 euro per le spese di viaggio per cura, quasi altrettanti (1029 euro) per l’alloggio, 737 euro per l’acquisto di farmaci e così via. I sacrifici richiesti attraverso la maggiore contribuzione non sono, in molti casi, ripagati dall’assistenza fornita; se pensiamo ad esempio all’assistenza domiciliare erogata in media da un minimo di 1,2 ore ad un massimo di 4,2 ore al giorno, per massimo 4 giorni a settimana.

Oltre il 60% delle associazioni aderenti al CnAMC dichiara di aver subito disservizi, legate in gran parte alle difficoltà di individuare il Centro di cura e alla riduzione delle attività ambulatoriali.

Tipologia di disservizi maggiormente riscontrati
- Difficoltà ad individuare il centro di cura 64,5%
- Riduzione delle ore di attività ambulatoriale 51,6%
- Chiusura del reparto dove venivano effettuate le terapie 29%
- Riduzione delle ore del servizio a domicilio 25,8%
- Chiusura dell’Ospedale locale 22,6%
- Chiusura di un servizio a domicilio 12,9%
 
La sensazione generale è che gli sprechi la facciano da padrone: nel 2013 il 77% delle associazioni dichiara di averne riscontrato, innanzitutto determinati dalla burocrazia inutile (80%), dalla cattiva gestione delle risorse umane (66,7%), dalla organizzazione inefficiente dei servizi (50%).

Ambiti in cui si rilevano maggiori sprechi
- Burocrazia inutile 80%
- Personale 66,7%
- Org. Inefficiente dei servizi 50%
- Strutture inutilizzate 36,7%
- Assenza valutazione 33,3%
- Uso improprio risorse 33,3%
- Gare di appalto 30%
- Ricovero inappropriato 26,7%
- Mancata informatizzazione 26,7%
- Allocazione risorse 26,7%
- Nomine 20%
- Acquisti inutilizzati 20%
- Mobilità sanitaria 16,7%
- Mancato accesso documentazione 16,7%
- Condizione/manutenzione strutture 13,3%
- Farmaci 10%

Nel contempo, aumentano rispetto al 2012 i costi sostenuti privatamente dai cittadini non solo per curarsi ma anche per migliorare, seppur parzialmente, la propria qualità di vita (vedi adattamento dell’abitazione e supporto psicologico).

Spese medie annuali a carico del paziente 2012 2013
Badante 9.082  9.700
Retta residente assist. 7.390 17.434
Adattamento abitazione 3.711 9.440
Prevenzione terziaria 1.585 2.000
Supporto psicologico 1.247 1.792
Parafarmaci 901 1.045
Dispos. Med. 737 750
Farmaci non rimborsati 650 737
Visite e esami intramoenia o privato Oltre 600 580
Protesi ed ausili 537 838









Piovono così le rinunce, determinate dagli alti costi, come denuncia l’80% delle associazioni: il 53% dice di rinunciare alla riabilitazione; il 47% all’assistenza psicologica, il 44% ai parafarmaci, il 41% ai farmaci non rimborsati, il 35% all’assistenza domiciliare, il 29% alla badante, il 26,5% alle cure odontoiatriche, il 17,6% ad andare in strutture residenziali e semiresidenziali, il 14,7% all’assistenza protesica ed integrativa.
“Siamo in presenza di un Servizio Sanitario Nazionale che, per garantire la tenuta dei conti e l’equilibrio di bilancio, sembra aver perso di vista il suo obiettivo principale cioè quello di garantire la salute dei cittadini, arrivando persino a privilegiare l’appropriatezza economico-amministrativa a discapito di quella clinica”, afferma Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva.
 
Le difficoltà legate alla conciliazione fra malattia e lavoro
La prima difficoltà espressa dalle famiglie delle Associazioni coinvolte nella rilevazione (73,8%) è conciliare l’orario di lavoro e assistenza. Un ulteriore peso è rappresentato dalla necessità di spostarsi fuori regione (69%) il cui costo medio durante l’anno è di 1233 euro e la tanto odiata burocrazia (57,14%). Nonostante i tentativi di nascondere la propria patologia (58,5%), di eseguire un lavoro troppo pesante (43,9%) e non prendere permessi di cura (29,3%) un’Associazione su due ha ricevuto segnalazioni di licenziamenti a causa della propria patologia.

La prevenzione
Oltre il 50% delle associazioni sostiene che le campagne di prevenzione sono sporadiche e non hanno seguito e, inoltre, il 44% ritiene che le stesse non coinvolgono a sufficienza medici e pediatri di famiglia. Per quanto riguarda la prevenzione terziaria, l’ostacolo principale è rappresentato dalla mancanza di formazione del paziente e dei care giver (51,7%).

Diagnosi
Il 90,7% delle Associazioni registra ritardi diagnostici, dovuti alla sottovalutazione dei sintomi o impreparazione nel comprenderli da parte dei Medici di Medicina Generale (78,9%), alla complessità della diagnosi e difficoltà nel trovare il centro o lo specialista di riferimento (50%) o ancora all’inadeguatezza degli esami diagnostici prescritti (36,8%).

Assistenza domiciliare
L’assistenza domiciliare è estremamente variabile: si va da un minimo di 1,2 ore ad un massimo di 4,2 ore al giorno, e per non più di 4 giorni a settimana. Le regioni in cui va peggio sono quelle del centro sud, ma anche le Isole. Inoltre, sono spesso assenti alcune figure professionali importanti come lo psicologo per il 73,1%, il fisioterapista (57,7%), l’infermiere (34,6%) e lo specialista (30,8%).

Ticket ed esenzione
Il 37,8% di Associazioni dichiara di avere avuto difficoltà di accedere ad esami diagnostici a causa del ticket, non tutti gli esami necessari per il controllo della patologia sono coperti dall’esenzione (34,5%), mentre ve ne sono altri per cui esiste l’esenzione ma che ormai sono superati da esami più innovativi (12,9%).

Farmaci
Il 36,7% segnala l’interruzione della terapia farmacologica, determinata per oltre il 70% dei casi da problemi di budget dell’Ospedale o della ASL . In un caso su due si verifica un problema di aderenza alla terapia, generato dalla difficoltà di ricordare la posologia (60%) o dagli effetti avversi (44,4%). Altro motivo di rinuncia è la difficoltà di farsi prescrivere il farmaco su ricetta rossa 27,8% (lo specialista ed il medico di famiglia si rimpallano la responsabilità).

Invalidità
Crescono nel 2013 le difficoltà ad accedere all’assegno di invalidità (+12%). In particolare, i pazienti sono costretti a subire valutazioni variabili, eseguite in molti casi con estrema superficialità da chi non ha una reale conoscenza della patologia e con una conseguente sottovalutazione della situazione.
Per quanto riguarda l’handicap permane la difficoltà ad usufruire dei tre giorni di permesso retribuiti (53,1%) o del congedo di due anni (35,5%) per una mancanza di volontà del datore di lavoro o a causa della tipologia di contratto, che nella sua “atipicità” non consente di usufruirne. 

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