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21 DICEMBRE 2014
Stabilità. Le Regioni e quei 4 miliardi da tagliare. Ecco dove, senza toccare (o quasi) la sanità

Ma è vero che tagliare 4 miliardi alle Regioni vuol dire tagliare sanità e Lea? Sfogliando i bilanci regionali si scopre che l’equazione “tagli alle Regioni, uguale tagli alla sanità” non è poi così scontata. Escludendo le spese sanitarie, alle regioni restano comunque quasi 100 miliardi dove intervenire. E non sono pochi

La legge di stabilità prevede un contributo delle Regioni e PA al contenimento della spesa pubblica di 4 miliardi l’anno a partire dal 2015 fino al 2018. Su questo taglio si è molto discusso. E il timore di molti è che, in considerazione del fatto che il 70% delle spese correnti regionali (anno 2012, Istat) sia riferito alla spesa sanitaria, quei 4 miliardi siano in gran parte da trovare proprio nella sanità con ripercussioni inevitabili sui Lea.
 
Ma è veramente così? Se guardiamo l’intero ammontare delle spese regionali correnti (sempre riferite al 2012, e pubblicate dall’Istat nel giugno scorso) rileviamo una spesa di 169,385 miliardi, di cui 118,896 riferiti a trasferimenti alle Asl. Il 70% dell’intera spesa, per l’appunto.
 
Proviamo per un momento a togliere dal conto le spese sanitarie. Nel rendiconto delle spese regionali correnti resta comunque una bella cifra: 50,489 miliardi di euro. Da questi togliamo anche le spese per il personale degli enti regionali, per un totale di 6,314 miliardi (compresi i pensionati) sui quali ipotizzare tagli è assurdo, considerando che quella voce di spesa è l’unica congelata da anni a seguito del blocco del contratto e degli stipendi. Restano all’appello 44,175 miliardi di spese correnti.
 
Siamo proprio sicuri che limitando l’intervento sulla sanità ai soli tagli a sprechi e inefficienze (che nessuno nega, e qui sta il bello!), non si possano recuperare gran parte dei soldi da risparmiare incidendo invece con più determinazione su quei 44 e rotti miliardi?
 
Sfogliando le diverse voci di spesa troviamo ad esempio 800 milioni per consulenze esterne. E’ possibile che qualcuna di queste non sia poi così indispensabile? Un bel gruzzoletto che fa parte del “gruzzolone” di 6,050 miliardi per beni e servizi (sanità esclusa) di cui ben 2,674 per beni non durevoli. Anche qui forse una sforbiciata non è del tutto impossibile.
 
E ancora, che dire dei 3,263 miliardi trasferiti annualmente a non meglio precisate “aziende regionalizzate, provincializzate, municipalizzate e consortili”? Forse un impegno dei rispettivi manager a contenere le proprie spese qualche frutto potrebbe darlo? No?
 
E infine troviamo 902, 2 milioni di euro per le spese della “politica”. E cioè relative al funzionamento dei servizi delle istituzioni e agli assegni ed indennità alla presidenza, compensi, indennità e rimborsi ai componenti gli organi collegiali delle Regioni, con compensi per ogni consigliere regionale stimati mediamente da lavoce.info attorno ai 200 mila euro l’anno. E qui, non è forse possibile e doveroso tagliare qualcosa, considerando anche le “non belle figure” fatte negli ultimi tempi dalla gran parte dei politici regionali italiani (521 consiglieri indagati dalla magistratura, secondo l’Espresso, su un totale di poco più di 1.100 consiglieri)?
 
E, attenzione, fin qui abbiamo parlato delle sole spese correnti. Se si calcolano anche quelle per investimenti dovremmo aggiungere al conto dei bilanci regionali altri 51,358 miliardi di euro, di cui solo 3 miliardi riferiti alle Asl. E probabilmente anche sul piano degli investimenti qualche spending oculata potrebbe essere fatta, con beneficio forse anche della qualità stessa di quelle spese di cui ben poco sappiamo.
 
Le spese regionali complessive, correnti e per investimenti, (esclusi comunque sanità, mutui e prestiti e partite di giro varie), su cui intervenire arrivano quindi a sfiorare quota 100 miliardi di euro. Per l’esattezza 98,794, e non sono pochi.
 
Tutto questo senza contare che, a meno di non credere alla relazione del novembre scorso della Corte dei conti che per la prima volta ha messo mano sui bilanci regionali, in quei conti ci sarebbero molte cose non chiare con spese poco trasparenti e di dubbia certificazione.
Insomma, è fuor di dubbio che 4 miliardi l’anno da tagliare non siano una bazzecola. Ma è altrettanto vero che l’automatismo “tagli alle Regioni, uguale tagli alla sanità”, non è poi così scontato.
 
Cesare Fassari

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