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28 DICEMBRE 2014
Ancora sulla “complessità” in sanità. Progettare in modo congiunto i modelli di cura e le soluzioni tecnologiche

E’ arrivato anche in Italia il momento di progettare in modo congiunto i modelli di cura e le soluzioni tecnologiche, come previsto dal Patto per la Sanità Digitale adottato l’estate scorsa dalla Conferenza Stato-Regioni

Le tecnologie digitali oggi esistenti possono essere molto efficaci per affrontare alcuni degli aspetti descritti nell’articolo sulla complessità di Fulvio Forino (QS 22 dicembre 2014): da una parte possono favorire la collaborazione tra gli attori intorno al paziente e con il paziente stesso, dall'altra possono aiutare il paziente, con i suoi caregiver informali, nella gestione della propria salute.
 
L’integrazione delle cure in un’ottica di sistema
Accanto alla complessità del paziente viene descritta la complessità dell'organizzazione. I problemi maggiori si manifestano sul territorio dove, differenza dell'ospedale, ogni attore agisce in un proprio contesto culturale ed organizzativo, spesso in luoghi diversi. A questo oggi si comincia a rispondere con quelli che l’articolo definisce “segnali deboli”, per esempio con una vicinanza fisica multiprofessionale nelle Case della salute e nelle UCCP; tuttavia integrare le cure significa soprattutto integrare le informazioni oltre gli ambiti organizzativi e le dispersione geografica: condividere il piano di cura, essere consapevoli dei ruoli e degli obiettivi reciproci, venire a conoscenza tempestivamente delle attività previste e eseguite dagli altri attori e, naturalmente, condividere i dati rilevanti.
Forino fa notare che di volta in volta gli attori che si occupano della gestione della salute di un cittadino si trovano in pratica a costituire un “team di cura” ad assetto variabile, implicito o esplicito. Mettere in rete le informazioni (nel rispetto della privacy) permette di realizzare soluzioni tecnologiche a valore aggiunto per aiutare ogni membro del team a valorizzare le proprie competenze, permettendogli di svolgere compiti più complessi e di prendersi cura del paziente con maggiore efficacia.
 
Il ruolo attivo del cittadino e dei suoi caregiver informali
La gestione della salute di un paziente complesso è un processo di lunga durata; il cittadino e i suoi coadiutori devono essere messi in grado di partecipare per quanto possibile a tale processo, magari aiutati da un “care manager”. Le tecnologie digitali potrebbero contribuire in modo significativo alla “attivazione” del cittadino-paziente (patient engagement), non solo per svolgere pratiche burocratiche e migliorare l'accesso ai servizi, ma anche per ottimizzare i contatti con gli operatori e “fare rete” tra pazienti. Nella gestione della complessità un aspetto cruciale riguarda le opportunità per adeguare le competenze di questo “paziente attivato”: sono stati sviluppati molti strumenti per consentire a lui e ai caregiver di accedere a conoscenze cliniche autorevoli, di ricevere istruzioni pratiche e di compiere esercizi guidati, magari sotto forma di video (e in diverse lingue…).
 
Gli strumenti efficaci già ci sono
Tutti possono constatare l’impressionante velocità di propagazione delle tecnologie digitali (hardware, software e reti) in ogni settore delle proprie attività quotidiane di lavoro e di svago, ed i forti cambiamenti indotti nei modi di comunicare: nel mondo della salute ai contatti in presenza e al telefono si sono aggiunti molti canali bidirezionali per trasmettere testi, misure, segnali, video, utilizzabili anche per solleciti, avvertimenti, supporto al coaching. Si stanno diffondendo dispositivi medici e sensori ambientali potenti e di basso costo, impiegabili a domicilio.
I servizi più semplici possono essere automatizzati, altri potrebbero giovarsi di “sportelli virtuali” gestiti tramite i PUA, o specifiche unità per le cronicità, o Centrali Operative aziendali o regionali.
Certamente il potenziale delle tecnologie digitali si può concretizzare al meglio sui processi più frequenti, stabili e ripetitivi nei PDTA per singole condizioni croniche e stati di lunga durata, specialmente in un contesto di Casa della Salute, UCCP o AFT.
Tuttavia anche se intrinsecamente il paziente complesso nel suo insieme è un “caso unico” ed è arduo definire PDTA polipatologici, si potrebbero adottare alcune soluzioni di sistema per tamponare nell’immediato la frammentazione attuale di ambiti organizzativi e di saperi.
Ad esempio, per attuare una logica fondata su una sorta di cartella territoriale potrà essere conveniente caratterizzare almeno una serie dei “punti di attenzione” più rilevanti, cioè di sotto-problemi tipici in cui sia possibile definire quali dati debbano essere raccolti, come debbano essere codificati, quali controlli di qualità debbano essere effettuati, quali indicatori di governance potranno poi essere calcolati a partire dai dati di routine. In questo modo quando un operatore individuerà uno di tali sotto-problemi potrà generare e scambiare un documento strutturato, un “Profilo Orientato al Problema” espresso secondo un formato standard elaborabile, che potrà alimentare sia l’infrastruttura del fascicolo che una cartella locale sanitaria e sociale, integrata e condivisa (e opportunamente regolata).
 
Le strategie regionali
Sostenibilità e qualità non sono necessariamente due obiettivi contrapposti in una visione olistica della salute. Le tecnologie digitali possono supportare i cambiamenti in atto nel sistema; esistono numerose soluzioni particolari di dimostrata efficacia, finora circoscritte in sotto-processi distinti, che possono essere integrate in una strategia complessiva, con opportune regolamentazioni e accordi.
I concetti di “sistema informativo” e di “telemedicina” sono destinati a dissolversi in un percorso più generale di adozione appropriata dell’innovazione tecnologica al servizio dei nuovi modelli di cura, dei nuovi profili professionali, dei nuovi saperi.
Il problema è più culturale che tecnologico; ci sono organizzazioni molto reattive e con un sistema decisionale incisivo (anche con milioni di assistiti, come Kaiser Permanente e l’Amministrazione dei Veterani negli USA o Maccabi in Israele) che sono in grado di gestire in modo naturale gli adeguamenti progressivi dei propri processi e delle relative componenti tecnologiche, con ottimi risultati sia sulla qualità della vita dei cittadini che sulla sostenibilità del sistema: il loro intervento per governare questi fenomeni è stato molto tempestivo, ed è culminato circa 10 anni fa con investimenti di alcuni punti percentuali del loro budget.
Più recentemente molte Regioni in Europa si stanno mobilitando con piani strategici accelerati su cronicità, fragilità, non-autosufficienza. La Commissione Europea ha promosso un Partenariato Europeo per l’Innovazione sull’Invecchiamento Attivo e in Salute, con l’obiettivo di attivare programmi concreti sulle cure integrate, supportati da servizi e strumenti innovativi, almeno in 20 Regioni entro il 2020. Il Partenariato coinvolge attualmente più di mille Regioni e Comuni; i precursori sul tema delle cure integrate sembrano essere la Scozia e i Paesi Baschi, e pure alcune Regioni italiane sono attivamente coinvolte.
Ai dieci suggerimenti di Forino, pienamente condivisibili, se ne può quindi aggiungere un altro per facilitarne la realizzazione: è arrivato anche in Italia il momento di progettare in modo congiunto i modelli di cura e le soluzioni tecnologiche, come previsto dal Patto per la Sanità Digitale adottato l’estate scorsa dalla Conferenza Stato-Regioni. Il 2015 sarà l’anno della svolta ?
 
Angelo Rossi Mori
Vice-presidente del Comitato di Consulenza della Società Italiana di Telemedicina e Sanità Elettronica – SIT
Membro del gruppo di lavoro sulla propagazione dell’innovazione dell’European Health Telematics Association – EHTEL

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