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Lunedì 05 GENNAIO 2015
Legge di stabilità. La fine dei Commissari-Presidenti. Le nuove regole per la nomina dei Commissari ad acta nelle Regioni in "rosso"

La previsione che la nomina a Commissario ad acta sia incompatibile con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione soggetta a commissariamento avrà un notevole impatto politico. Sono tre le situazioni che potranno dar luogo alla sua nomina con le nuove regole

Conformemente alla previsione contenuta nel Patto per la salute (art. 12), la legge di stabilità 2015 (L. 190 del 2014) prevede che: la nomina a commissario ad acta sia incompatibile con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la Regione soggetta a commissariamento; che il Commissario ad acta ove nominato, debba possedere un curriculum che evidenzi qualificate e comprovate professionalità ed esperienze di gestione sanitaria; che i sub-commissari svolgano attività a supporto dell’azione del Commissario, essendo il loro mandato vincolato alla realizzazione di tutti o taluni degli obiettivi affidati al commissario con il mandato commissariale; che il Commissario, qualora in sede di verifica annuale riscontri il mancato raggiungimento degli obiettivi del Piano di rientro, come specificati nei singoli contratti dei direttori generali, proponga, con provvedimento motivato, la decadenza degli stessi, dei direttori amministrativi e sanitari degli enti del servizio sanitario regionale.
Da sottolineare, infine, che la nuova disciplina si applica alle nomine effettuate successivamente all’entrata in vigore della legge di stabilità.
 
L’articolo 4, comma 2 del decreto legge 1 ottobre 2007 n. 159 già prevedeva l’estraneità del commissario alla istituzione commissariata, secondo una modifica intervenuta in sede di conversione in legge 222 del 2007 del decreto medesimo. Parte della dottrina aveva parlato di una novità legislativa apprezzabile, atteso che essa rendeva la nomina del detto commissario ad acta incompatibile con l’affidamento o la prosecuzione di qualsiasi incarico istituzionale presso la regione soggetta a commissariamento, quasi a sancire una sostanziale separazione istituzionale tra chi aveva, talora, prodotto il disavanzo e chi veniva deputato a ripianarlo, per diretto incarico del Governo. Si ricorda, a tale proposito, che il presupposto normativo del Commissariamento è, in primis, l’articolo 120 della Costituzione, sul potere sostitutivo statale rispetto agli organi degli enti locali. Tuttavia, il decreto legge 112 del 2008, convertito in legge 6 agosto 2008 n 133, all’articolo 79 comma 3, aveva previsto la soppressione di tale disposizione, ripristinando la regola di consentire ai Presidenti delle Regioni di divenire commissari ad acta.
 
La normativa vigente prevede tre situazioni che possono dar luogo alla nomina del commissario ad acta:
• riscontro negativo del Consiglio dei Ministri sul piano di rientro predisposto dalla regione ovvero mancata presentazione del piano medesimo (l 191/2009 articolo 2 comma 79)
• una volta approvato dal Consiglio dei Ministri il piano predisposto dal presidente della regione, inadempienza regionale sull’attuazione dello stesso (l 191/2009 articolo 2 comma 83)
 
In ambedue i casi, le funzioni di commissario ad acta venivano svolte dal presidente della Regione, a differenza dell’ipotesi di seguito indicata:
• inadempienza del presidente della regione in qualità di commissario ad acta (l. 191/2009 articolo 2 comma 84). In tal caso il Consiglio dei Ministri, sentita la regione interessata, nomina uno o più commissari ad acta di qualificate e comprovate professionalità ed esperienza in materia di gestione sanitaria per l’adozione e l’attuazione degli atti indicati nel piano e non realizzati.
 
La disposizione della legge di stabilità, comunque, avrà un notevole impatto politico, considerato che la sanità assorbe una quota cospicua dei bilanci regionali e costituisce una notevole leva del governo regionale, dal momento che il disavanzo delle regioni in piano di rientro è finanziato dalle addizionali Irap ed Irpef, con incidenza diretta sui redditi dei cittadini regionali. Peraltro, la nomina del Commissario comporta l’automatica adozione di misure restrittive e sanzionatorie verso la regione (sospensione dei trasferimenti erariali a carattere non obbligatorio, decadenza dei direttori generali, amministrativi e sanitari, incremento delle aliquote erariali).
 
Spetta al Commissario l’adozione di tutte le misure indicate nel Piano nonché gli ulteriori atti e provvedimenti normativi, amministrativi organizzativi e gestionali da esso implicati in quanto presupposti o comunque correlati e necessari alla completa attuazione del Piano. Tuttavia, per quanto concerne l’estensione del potere sostitutivo del commissario ad acta, sino a ricomprendere in esso il potere legislativo in materie di competenza regionale esclusiva e/o il potere di sospendere atti normativi regionali, non appare ammissibile la possibilità che lo stesso conferisca agli atti commissariali anche natura normativa e/o legislativa, e ciò anche in ragione dei rilievi formulati dalla giurisprudenza costituzionale, da ultimo con sentenza n 278 del 12 dicembre 2014. Ad avviso di tale giurisprudenza, infatti, la disciplina contenuta nel secondo comma dell’art. 120 Cost. non può essere interpretata come implicitamente legittimante il conferimento di poteri di tipo legislativo ad un soggetto che sia stato nominato Commissario del Governo.
 
Anche volendosi interpretare tale disposizione come tale da legittimare il potere del Governo di adottare atti con forza di legge in sostituzione di leggi regionali, e quindi eccezionalmente derogando al riparto costituzionale delle competenze legislative fra Stato e Regioni, tramite l’esercizio in via temporanea dei propri poteri di cui all’art. 77 Cost., resta il divieto costituzionale di affidare ad un diverso organo gli eccezionali poteri di natura legislativa del Consiglio dei Ministri ovvero di incaricarlo di adottare una legge regionale, che è un potere proprio del solo organo rappresentativo della regione.
 
In questo quadro è intervenuto il decreto legge 6 luglio 2011 n 98, convertito in legge 15 luglio 2011 n 111, che, modificando la legge 23 dicembre 2009, n. 191 (che ha ridefinito i poteri commissariali, da ultima integrata proprio dalla legge di stabilità), ha ulteriormente integrato la materia stabilendo che, qualora, in corso di attuazione del piano o dei programmi operativi, gli ordinari organi di attuazione del piano o il commissario ad acta rinvengano ostacoli derivanti da provvedimenti legislativi regionali, li trasmettono al Consiglio regionale, indicandone puntualmente i motivi di contrasto con il Piano di rientro o con i programmi operativi.
 
Il Consiglio regionale, entro i successivi sessanta giorni, deve apportare le necessarie modifiche alle leggi regionali in contrasto, o le sospende, o le abroga. Qualora il Consiglio regionale non provveda ad apportare le necessarie modifiche legislative entro i termini indicati, ovvero vi provveda in modo parziale o comunque tale da non rimuovere gli ostacoli all'attuazione del piano o dei programmi operativi, il Consiglio dei Ministri adotta, ai sensi dell'articolo 120 della Costituzione, le necessarie misure, anche normative, per il superamento dei predetti ostacoli. Resta fermo che i provvedimenti regionali finalizzati al rispetto degli obiettivi posti dai piani di rientro, non possono sovrapporsi ai poteri attribuiti al commissario ad acta.
 
Tiziana Frittelli
Direttore Generale del Policlinico Universitario Tor Vergata di Roma

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