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Giovedì 08 GENNAIO 2015
Lavoro e obesità. Troppe discriminazioni. Donne soprattutto



Gentile Direttore,
un rapporto edito nel 2005 dall’Ufficio Internazionale del Lavoro ha evidenziato quanto un regime alimentare scorretto possa provocare, sul posto di lavoro, una perdita di produttività del 20%, oltre ad essere una possibile ma concreta causa di obesità. In Italia la popolazione in sovrappeso si conta sui 6 milioni, circa il 10% della popolazione, contro l'11,2% della Francia  ed  il 13.5% del Belgio.
 
Una recente sentenza della Corte di Giustizia Europea ha sancito che l'obesità può essere considerata un handicap e vi deve essere la tutela del lavoratore, come stabilito dalla direttiva di parità di trattamento in materia di occupazione e condizioni di trattamento ( 2000/78/Ce ). Secondo ilrapporto OCSE (2010) le donne con basso livello di istruzione hanno 2-3 volte più probabilità di essere in sovrappeso rispetto a quelle con un più elevato grado di istruzione, mentre negli uomini questa disparità appare meno accentuata e significativa. I datori di lavoro, inoltre, preferiscono candidati non obesi a quelli obesi - nella logica di una maggiore produttività- e tale atteggiamento contribuisce a creare un netto divario tra obesi e non-obesi nei tassi di occupazione e nelle retribuzioni. Negli Stati Uniti più del 40% delle donne bianche gravemente obese è senza lavoro, contro una media nazionale del 30%, in Italia il 26,8% delle donne risulta essere sovrappeso, con un 10% di obese con un significativo fattore di rischio per numerose malattie, in particolare per le cardiopatie ed il diabete.
 
Tra i lavoratori obesi le donne appaiono, inoltre, maggiormente discriminate rispetto agli uomini e caso indicativo è da ricordare quanto accaduto al Ministro della Sanità belga, la dottoressa Maggie De Block, giudicata poco credibile nel suo  ruolo a causa del sovrappeso. Il WeightBias (pregiudizio sul peso) può emergere in forme sottili o può essere espresso in modo più aperto, presentando diverse sfaccettature che comprendono la derisione, il bullismo e l’isolamento sociale. È stato riscontrato che il pregiudizio sul sovrappeso e l’obesità sembra accompagnare ogni fase del processo dell’esperienza lavorativa dalle fasi di selezione a quelle post-assunzione quando, rispetto ai colleghi normopeso, vi sono minori probabilità di essere promossi, retribuzioni inferiori e maggiori possibilità di essere licenziati.
 
Secondo uno studio del 2014 della dott.ssa Shinall della Vanderbilt University, le donne obese vengono impiegate in lavori faticosi ed evitando loro il contatto con il pubblico e, quando riescono ad essere assunte in tali lavori, guadagnano il 5% meno degli uomini.In una ricerca realizzata da T. A. Judge della University of Florida e D. M. Cable della London Business School è stato dimostrato che, a parità di competenze e di ruolo, esiste un rapporto inversamente proporzionale tra stipendio e peso corporeo influendo fortemente sul reddito femminile, ma risultando pressoché irrilevante sul quello maschile. 
 
Nel caso delle donne lavoratrici obese al tradizionale “gender wage gap”, la differenza salariale fra uomini e donne, ora si è aggiunto anche il “gender andweight wage gap” cioè le differenze non solo di genere ma anche di peso. E. Archerdell’Università del South Carolina, coordinatore di uno studio pubblicato su Plos-One, sostiene che l’aumento dell’obesità femminile dipende dalla minore attività domestica praticata dalle donne rispetto al passato e sostenendo che, nel 1965, le donne per tali compiti impiegavano una media di 26 ore settimanali, mentre nel 2010 tale tempo si era ridotto a sole 13 ore. Le donne obese hanno inoltre un maggiore rischio di partorire un neonato con sofferenza fetale o che presenti patologie. C’è  da aggiungere che poi a causa dell’innalzamento dell’età pensionabile in Italia, secondo l’INAIL, aumenterà il numero delle donne che lavoreranno durante il climaterio e la menopausa, stato che è di solito accompagnato da aumento di peso e conseguenzialmente dal rischio delle  patologie ad esso correlate.
 
Il D.Lgs. 81/2008, Testo Unico sulla Sicurezzaintegrato dalD.Lgs. 106/2009, si propone l’obiettivo di garantire l’uniformità della tutela delle lavoratrici e dei lavoratori, tenendo in considerazione le differenze di genere. L’inclusione delle differenze di genere nella valutazione dei rischi  appare un’operazione complessa poiché deve tener conto dei rischi tradizionali nelle diverse situazioni lavorative, ma anche i conflitti tra lavoro e sfera personale, le discriminazioni nei luoghi di lavoro, le differenze contrattuali e di trattamento economico tra uomini e donne.
 
Un’alimentazione corretta ed equilibrata dei lavoratori può avere notevoli ripercussioni sulla salute psicofisica e sulla sicurezza sul lavoro, sulla produttività e sulla reciproca soddisfazione tra datore e lavoratore. Come spesso accade tale problematica è già stata verificata e sviluppata dal governo centrale statunitense che di tale considerazione ne ha fatto l’oggetto di una specifica campagna di salute nazionale nel Chronic Disease Prevention and Health Promotion/ Obesity, avendo percepito come prioritario intervenire sul sovrappeso e sull’obesità tutelando in un solo colpo, salute, lavoro e produttività.
 
Pertanto crediamo opportuno sostenere, attraverso le pagine del suo giornale, la necessità che concreti interventi del governo vengano attuati anche in Italia per prevenire l’obesità e le sue conseguenze – educazione sanitaria, promozione della salute, regolamentazione e misure fiscali, informazione da parte dei medici di famiglia e dei medici competenti–  attraverso misure in grado di coprire le diverse fasce d’età ed i gruppi a rischio, fornendo una soluzione efficace a costi sostenibili e, soprattutto, garantendo un sicuro guadagno su più versanti.
 
Dott.ssa Maria Ludovica Genna
Dott. Domenico Crea
Osservatorio Sanitario di Napoli

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