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Mercoledì 14 GENNAIO 2015
Riforma Pa. Bottega (Nursind): "Con la nuova legge si ostacola la mobilità"

Con la legge 114/2014 viene meno quanto previsto dal CCNL integrativo del 2001. Prima per l’acceso alla mobilità era necessario solo il nulla osta dell’amministrazione ricevente lasciando un massimo di 3 mesi all’amministrazione cedente per ricercare un sostituto. Ora, invece, il trasferimento può venire bloccato se manca l'assenso dell'amministrazione di appartenenza

In questi giorni è in discussione al Senato il Ddl Madia di “Riorganizzazione delle amministrazioni pubbliche”. Il disegno di legge si pone a completamento del progetto di riforma della Pubblica Amministrazione annunciato lo scorso anno dal Presidente del Consiglio Renzi e che ha trovato una prima realizzazione nel DL 90/2014 convertito in legge n. 114 dell’11 agosto 2014 noto più che altro per il taglio ai permessi e distacchi sindacali che per l’azione riformatrice.

Nella scia di una ripubblicizzazione del rapporto di lavoro iniziata con la riforma Brunetta anche l’azione dell’attuale governo si distingue, con buona pace dei grandi sindacati, per surrogare la contrattazione con la legislazione corrente. A mio parere, la manovra sugli 80 euro finanche il comma 566 della legge di stabilità rientrano in questo ambito. Nel primo caso gli aumenti stabiliti dai contratti sono stati decisi tramite legge, nel secondo caso la definizione delle mansioni finanche la loro valorizzazione economica ha ricevuto un vincolo di legge.

In questo svuotamento della contrattazione e azione unilaterale del governo nel definire aspetti del rapporto di lavoro nel pubblico impiego privatizzato, rientra anche la modifica dell’istituto, prima normato dai contratti, della mobilità.
E’ il caso della legge 114/2014 che all’art. 4 tratta della mobilità volontaria e obbligatoria. In particolare l’articolo modifica l’art. 30 del dlgs 165/2001 che al comma 1 prevede: "1. Le amministrazioni possono ricoprire posti vacanti in organico mediante passaggio diretto di dipendenti di cui all'articolo 2, comma 2, appartenenti a una qualifica corrispondente e in servizio presso altre amministrazioni, che facciano domanda di trasferimento, previo assenso dell'amministrazione di appartenenza. Le amministrazioni, fissando preventivamente i requisiti e le competenze professionali richieste, pubblicano sul proprio sito istituzionale, per un periodo pari almeno a trenta giorni, un bando in cui sono indicati i posti che intendono ricoprire attraverso passaggio diretto di personale di altre amministrazioni, con indicazione dei requisiti da possedere. …”

Il testo di legge ribadisce anche gli accordi o le clausole contrattuali dei contratti collettivi in contrasto con queste disposizioni sono nulli. Per quanto di interesse del comparto sanità, fino ad agosto 2014, la mobilità volontaria tra aziende ed enti del comparto e con altre amministrazioni di comparti diversi era disciplinata dall’art. 19 del CCNL integrativo del 20/09/2001 che qui riportiamo:
1. La mobilità volontaria dei dipendenti tra le aziende e tutti gli enti del comparto di cui al CCNQ del 2 giugno 1998 - anche di Regioni diverse – in presenza della relativa vacanza di organico avviene a domanda del dipendente che abbia superato il periodo di prova, con l’assenso dell’azienda di destinazione e nel rispetto della categoria, profilo professionale, disciplina ove prevista e posizione economica di appartenenza del dipendente stesso.
2. Il nulla osta dell’azienda o ente di appartenenza, qualora non venga concesso entro dieci giorni dalla richiesta, è sostituito dal preavviso di un mese.
3. Nel caso in cui il nulla osta venga concesso, ma sia rinviato ad una data posteriore a quella richiesta dal dipendente, il posticipo non può essere superiore a tre mesi.
4. La mobilità non comporta novazione del rapporto di lavoro. Il fascicolo personale segue il dipendente trasferito.
5. Al fine di favorire la mobilità esterna, le aziende ed enti, nell’ambito della programmazione annuale del fabbisogno del personale individuano i posti da mettere a disposizione a detto titolo nelle varie categorie e profili professionali. Le aziende possono ricorrere anche ad apposito bando al quale deve essere data la maggiore pubblicità possibile. In tal caso, in mancanza di domande pervenute nei termini, procedono sulla base delle domande eventualmente presentate anche dopo la scadenza.
6. In caso di più domande rispetto ai posti messi a disposizione l’azienda procede ad una valutazione positiva e comparata da effettuarsi in base al curriculum di carriera e professionale del personale interessato in rapporto al posto da ricoprire. A parità di valutazione possono altresì essere prese in considerazione documentate situazioni familiari (ricongiunzione del nucleo familiare, numero dei famigliari, distanza tra le sedi etc.) o sociali.
7. Il comma 1 si applica anche nel caso di mobilità intercompartimentale dei dipendenti purché le amministrazioni interessate abbiano dato il proprio nulla osta. La comunicazione del nulla osta o del suo diniego da parte dell’azienda di appartenenza è effettuata entro un mese dalla data della domanda.

Ciò che ci preme rilevare sono le nefaste conseguenze della modifica legislativa nel comparto e soprattutto per la categoria infermieristica, apportata a tale istituto. Con la legge 114/2014 viene a decadere il valore dei commi 2 e 3 dell’art. 19 del CCNL per cui per l’acceso alla mobilità era sostanzialmente necessario solo il nulla osta dell’amministrazione ricevente lasciando un massimo di 3 mesi all’amministrazione cedente quale tempo per ricercare un eventuale sostituto scorrendo le graduatorie di concorso. Da agosto 2014, secondo la novella legislativa, per accedere alla mobilità è ora necessario non solo la disponibilità dell’amministrazione accettante la domanda ma anche il nulla osta dell’amministrazione cedente che può essere negato perché non più legato alla sua sostituzione con il preavviso di un mese come disposto dal comma 2 del CCNL.
Con l’entrata in vigore della legge di modifica stiamo assistendo a situazioni paradossali dal punto di vista organizzativo e legislativo.

Aziende sanitarie che prima avevano concesso il nulla osta, con l’entrata in vigore della legge 114/2014, lo hanno ritirato prima che il dipendente prendesse servizio presso la nuova amministrazione. Aziende che non concedono più il nulla osta rendendo così vano ogni avviso di mobilità (esperire le procedure di mobilità costituisce principio inderogabile prima di bandire un concorso pubblico) con dispendio di tempo e soldi pubblici per cui le aziende prima di fare ogni selezione chiedono il “nulla osta preventivo”, cioè chiedono di allegare alla domanda già fin dall’inizio il nulla osta dell’azienda il quale può evidentemente essere ritirato successivamente in base alle mutate esigenze aziendali. Un comma che, nei fatti, rende vano un altro comma della stessa legge (dlgs. 165/2001). Il paradosso dei paradossi.

Al contrasto legislativo che conduce al disagio organizzativo per le aziende, vista l’inaccessibilità all’istituto della mobilità, si somma il forte malessere dei dipendenti che, costretti a fare i concorsi lontano da casa (provincia o regione) per il blocco del turn over di alcune regioni, la carenza dei posti e l’aumentare della disoccupazione giovanile infermieristica, non possono, pur in presenza della disponibilità del posto, avvicinarsi a casa subendo lunghi viaggi attraverso diverse provincie per andare al lavoro o dovendo trovarsi un’abitazione i cui costi in regime di blocco contrattuali rendono vano ogni guadagno stipendiale.

Rispetto agli enti dello Stato le aziende del Servizio sanitario regionale si caratterizzano per una pluralità di amministrazioni con datori di lavoro diversi anche nella stessa provincia. Sopprimere, come di fatto sta avvenendo, l’istituto della mobilità renderebbe ancor più frustrante e pericoloso (si pensi ad un turnista che dopo dieci ore di notte si debba fare 60 Km per ritornare a casa!) il lavoro incentivando meccanismi di compensazione per ridurre costi e fatica degli spostamenti. Con il blocco della mobilità interregionale, inoltre, si determinerebbe un aumento dello stato disoccupazione anche nelle regioni cosidette virtuose perché i neolaureati avrebbero meno chance di trovare posto in quanto il venir meno della mobilità comporterebbe il blocco del flusso di rientro dei colleghi provenienti dalle regioni soggette a blocco del turn over.

Inoltre il blocco della mobilità – blocco di fatto perché le aziende tendono se gli è data la possibilità a non concedere il nulla osta per evitare la sostituzione di chi è già in servizio – nel comparto pubblico ha già una durata di 5 anni dall’immissione in ruolo quale garanzia per le aziende che hanno espletato le procedure concorsuali. Infatti, l’art. 35 del dlgs 165/2001 al comma 5 bis prevede: “i vincitori dei concorsi devono permanere nella sede di prima destinazione per un periodo non inferiore a cinque anni. La presente disposizione costituisce norma non derogabile dai contratti collettivi.”
Ora, pur non avendo mai chiarito la Funzione Pubblica, anche se interpellata più volte, se per “vincitori dei concorsi” si debbano intendere tutti gli idonei posti in graduatoria utile e non solo i vincitori dei posti messi a bando e se tale norma possa essere rivendicata dal lavoratore in caso di ordine di spostamento di sede, riteniamo che i 5 anni previsti siano un tempo congruo e determinato e che non sia corretto estendere all’infinto l’obbligo di permanenza nell’azienda presso cui si è vinto il posto di ruolo. Così facendo ci sembra, a questo punto, che l’istituto della mobilità, con l’obbligo di nulla osta da parte dell’amministrazione cedente, sia svuotato di senso e inutile se considerato dalla parte del lavoratore.

L’attuale situazione per l’impiego infermieristico prevede: concorsi fuori provincia o fuori regione, costi non indifferenti per sostenere le pre selezioni e le prove, alta disoccupazione con migliaia di partecipanti ai concorsi per pochi posti, costi a carico del dipendente per l’affitto di una casa vicino al posto di lavoro o, in alternativa, costi cospicui di benzina e tempo per andare e tornare da casa, stipendi fermi al 2009, indennità da fame, frustrazione e insofferenza massima, situazioni di sfruttamento per coprire carenze d’organico o attività di altre figure, peggioramento dello stato di salute dei lavoratori a causa dell’usura e dell’invecchiamento delle dotazioni organiche.

Con il blocco della mobilità tutto sembra peggiorare e trattenere un dipendente frustrato nelle sue aspettative legittime può risultare un incentivo a comportamenti di assenteismo opportunistico che la Pubblica Amministrazione dovrebbe cercare di evitare. Il suggerimento che, come Nursind, ci sentiamo di avanzare è di proporre un emendamento alla legge che preveda che all’art.4 delle legge 114/2014 comma 1 al termine del primo periodo siano abrogate le parole “previo assenso dell'amministrazione di appartenenza”.
 
Dr. Andrea Bottega
Segretario Nazionale Nursind 

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