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Venerdì 16 GENNAIO 2015
Chi vuole “uccidere” l'atto medico?



Gentile direttore,
Il valore intrinseco dell’atto medico sul paziente grave, a rischio morte o di gravi complicanze, o ancora multiproblematico è evidentemente ampiamente sottovalutato da alcuni decisori politici e dai loro epigoni. Assistiamo in questi giorni (si veda il comma 566 della Legge di Stabilità) ad un maldestro tentativo di espropriazione del valore e delle valenze culturali, organizzative e cliniche del medico, attraverso una bellica manovra di accerchiamento di svalutazione e svuotamento legislativo di funzioni e competenze. Che il tentativo sia maldestro lo ribadiscono numerose sentenze sia della Corte Costituzionale che della Suprema Corte di Cassazione, come ben ricordato di recente dai colleghi colleghi Ciofani e Palermo su Quotidiano Sanità.

Perché questa manovra bellica riesca, necessita tuttavia di alcune precondizioni, alcune delle quali operano nei microlivelli delle aziende sanitarie. Deve in altre parole insistere una bassa qualità tecnica e professionale del Direttore Medico.
Già in precedenza chi scrive, aveva messo in guardia sul rischio di svilire la qualità professionale dei Direttori Medici da parte dei Direttori Generali e dei loro cortigiani e come questo rappresentasse un grave ostacolo alla ricerca della migliore professionalità tecnica come dovrebbe essere evincibile dai curricula esibiti in sede concorsuale.
Risulta pertanto evidente, come il disegno complessivo di svalorizzazione del medico, associato ad un devastante attacco al ruolo delle apicalità così come le abbiamo conosciute nell’ultimo trentennio, sia pacificamente in atto!

A mio parere questo attacco, lento e insidioso, che con modalità proteiforme prende corpo, appare illogico, vigliacco, obsoleto e masochistico. Illogico perché svalorizzare il bravo medico, coscienzioso, scrupoloso, coraggioso è un danno per la salute della collettività. Ne soffre specialmente il paziente che tecnicamente definiamo “critico” o “multiproblematico”, e ne risultano danneggiati i valori etici e deontologici, che attengono la qualità professionale e la qualità del “lavoro” inteso come valore della coscienza umana individuale e nella sua proiezione collettiva.

Vigliacco, perché chi effettua le scelte con cattiva fede e malanimo, quasi mai ne risponde, sia professionalmente che nei fatti di fronte agli stakeholders o alla collettività. Infatti è esperienza comune che un Direttore Generale vada spesso a curarsi fuori dalla ASL che dirige, come le cronache giornalistiche tempestivamente e ironicamente ci ricordano. Obsoleto, perché se davvero si viole svalorizzare e annichilire una categoria di “potere” come quella del bravo professionista e della correlata autorevolezza clinico scientifica di cui egli è spesso espressione, ci sono altri modi piu moderni e sofisticati. Neppure associarsi alle consorterie di bandiera (gli infermieri e le altre professioni sanitarie) è una grande idea, perché poi le mani nelle pance o nelle teste dei malati, ce le mettono i medici bravi e coraggiosi.
Masochistico perché fare del male alla salute collettiva, a se stessi e ai propri concittadini non ha mai fatto aumentare i consensi elettorali. Anzi l’esperienza ci dice che sono le campagne elettorali che raccolgono l’insoddisfazione del sistema sanitario, sono quelle vincenti!
L’Abruzzo è una prova cristallina di quanto si dice.

In conclusione, ci sarà sempre bisogno del bravo professionista (veterinario, medico, psicologo o architetto) scrupoloso, coraggioso, studioso, aggiornato e eticamente e deontologicamente responsabile. Questo punto elementare la politica lo deve capire e lo deve valorizzare, che piaccia o no. Altrimenti i più bravi e ambiziosi lasceranno il pubblico per il privato, privando molti cittadini non abbienti di una opportunità di salute. Quelli bravi, ma meno ambiziosi, tireranno i remi in barca cercando di tirare a campare e a non commettere errori e scansando inutili rischi, spalancando le porte alla costosissima medicina difensiva.
Ci sia consentita una battuta su questa strategia militare di dissolvimento della figura del medico. Come diceva Groucho Marx: l’intelligenza militare è una contraddizione in termini.

Vittorio Di Michele
Segretario Aziendale Anaao Assomed, Pescara 

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