quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 26 GENNAIO 2015
Terapia del dolore. Indagine Cittadinanzattiva-Tdm: “Dolore trattato nel 95% dei casi. Ma è ancora carente l’attenzione per bambini e anziani”

Si chiama “In-Dolore” e ha scandagliato qualità ed erogazione delle terapie antidolore in 46 ospedali di 15 regioni. La risposta farmacologica è ormai una realtà diffusa ma restano aree di criticità soprattutto quando il dolore riguarda bambini e persone anziane che necessiterebbero di protocolli ad hoc. Insufficiente anche la formazione del personale.

Cittadinanzattiva e Tdm hanno effettuato un’indagine a tappeto che ha coinvolto ha coinvolto 46 ospedali di 15 regioni, 214 reparti e 711 persone ricoverate per verificare la qualità e l’erogazione delle terapie anti dolore. Il primo dato confortante che balza agli occhi è quello sulla capacità di risposta delle strutture ai bisogni del paziente che accusa dolori. Nel 95.2% di casi il dolore segnalato dal paziente è stato infatti trattato e il 91.8% dei rispondenti ha dichiarato che l’intervento è stato tempestivo. In secondo luogo, in cartella clinica è presente un apposito spazio sul trattamento del dolore in 8 casi su 10.
 
Ma le buone notizie finiscono qui. Dall’indagine emergono infatti molte disfunzioni e carenze rispetto alle terapie del dolore soprattutto per quanto concerne quelle non farmacologiche riferite a bambini e anziani per i quali – fanno notare i ricercatori – si osserva una generale minore sensibilità al problema del dolore da parte degli operatori. Critica anche la situazione sul piano dell’informazione al paziente, tant’è che solo il 24,9% degli intervistati riferisce di essere stato informato sui suoi diritti in merito al dolore. Ancora scarsa, poi, la formazione dedicata alle terapie del dolore da parte di Asl e ospedali. Se infatti risulta “formato” il 75% degli operatori, questo vale solo per 4 ospedali su 10. Problematica anche la realtà dei Pronto Soccorso dove solo nel 52% dei casi esistono protocolli o procedure per ridurre il dolore durante manovre o interventi dolorosi, come le suture o la rimozione di corpi estranei.
 
Ma forse il punto più dolente sono le risorse. Per Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tdm, “l'attuale sistema di finanziamento per l'attuazione della Legge 38/2010 è basato sulla presentazione di ‘Progetti Obiettivo’ da parte delle Regioni e sull'assegnazione delle risorse da parte del Ministero. Si tratta di 100 milioni di euro l'anno e i meccanismi di verifica e controllo sugli stessi progetti sono troppo deboli. Questo sistema va rivisto completamente a partire dal riconoscimento di una forma precisa di rimborsabilità delle prestazioni di terapia del dolore”. 
 
“I risultati emersi dalla nostra indagine, ha evidenziato poi Aceti, indicano molto chiaramente quali siano le priorità d'intervento: le Istituzioni nazionali e quelle regionali devono puntare sulle attività di informazione e sensibilizzazione rivolte a cittadini e professionisti della sanità, sui diritti sanciti dalla Legge 38/2010 e sull'importanza della loro applicazione. Ma, ha aggiunto Aceti, bisogna anche “aumentare il livello di attenzione verso anziani e bambini per dare voce a chi non ha voce e curare il passaggio dall'ospedale al domicilio del paziente, vero anello debole del Sistema. Infine è il momento di inserire il parto indolore nei Lea, oggetto di aggiornamento proprio in queste settimane”.
 
Ecco  i principali risultati rilevati dal progetto "IN-DOLORE" di Cittadinanzattiva Tdm.
 
In cartella clinica è presente un apposito spazio sul trattamento del dolore in 8 casi su 10; meno frequente (solo 63%) la presenza di spazi per registrare il dolore per persone con difficoltà a verbalizzare (bambini, persone con deficit cognitivi). I comitati ospedale territorio senza dolore, previsti dalla L. 38/10, sono presenti nel 70% dei casi.
 
Informazioni ai pazienti ancora carenti. Sul versante dell’informazione ai pazienti, le informazioni sul sito web aziendale sono presenti in 7 casi su 10, ma non sempre facilmente “rintracciabili”; il 60% degli Ospedali non mette a disposizione materiale informativo su ciò che offre l’azienda in relazione al dolore. Soltanto il 24,9% dei degenti intervistati dichiara di essere stato informato sui suoi diritti in merito al dolore. Dalle interviste ai pazienti, è emerso che all’87.7% è stato chiesto se provavano dolore; soltanto al 45.2% è stato chiesto di esprimere l’intensità del dolore attraverso un apposito strumento; nel 16.4% dei casi il dolore non è stato creduto o è stato sminuito.
 
Nel 95.2% di casi il dolore segnalato dal paziente è stato trattato, e il 91.8% dei rispondenti dichiara che l’intervento è stato tempestivo e il trattamento nella stragrande maggioranza è stato con farmaci (97.9%).
 
Nel 28% dei casi non esiste la procedura che preveda la consegna dei farmaci necessari a proseguire la terapia analgesica al momento della dimissione.
 
Da migliorare la formazione del personale sulla gestione del dolore. Hanno raggiunto il 75% del personale formato, sia medici che infermieri, solo 4 strutture su 10.
 
In ambito pediatrico, c’è ancora molto da fare: in una struttura su 3 mancano protocolli per procedure non farmacologiche e in 1 su 5 mancano protocolli di riduzione del dolore da parte degli infermieri mediante farmaci ad uso locale.
 
In caso di intervento chirurgico, il 69% delle strutture stabilisce da protocollo che i genitori possono stare con il bambino nella pre-anestesia e al risveglio. Per il 64.4% dei minori sottoposti a procedure invasive, sono state usate tecniche per ridurre l’ansia/disagio da dolore. Solo nel 50% dei casi di procedure diagnostiche invasive (ad es. prelievo con ago cannula), sono stati usati farmaci ad uso locale, quali ad es. pomate a base di lidocaina.
 
Criticità anche per gli anziani. Altrettanto critico il trattamento del dolore nell’anziano: mancano protocolli specifici nel 76% dei reparti di medicina interna o generale monitorati.
 
La terapia del dolore nei reparti ospedalieri. Passando ai singoli reparti esaminati, emerge che in ginecologia-ostetricia, circa la metà delle strutture attua la parto-analgesia, con anestesista dedicato tutti i giorni per 24 h; nei reparti di chirurgia ortopedica si usano strumenti per la rilevazione e valutazione periodica del dolore, ma solo 2 strutture su 10 hanno provveduto a formare almeno il 90% del personale.
 
Nei Pronto Soccorso la riduzione del dolore non è così scontata: solo nel 52% dei casi esistono protocolli o procedure per ridurlo durante manovre o interventi dolorosi, come le suture o la rimozione di corpi estranei.
 
Sul sito di Cittadinanzattiva è possibile trovare le strutture coinvolte e l’attuale livello di attenzione al trattamento del dolore, registrato nei singoli ospedali e reparti. Negli atrii degli ospedali coinvolti sarà presente un poster con i “risultati” raggiunti dalla struttura.

© RIPRODUZIONE RISERVATA