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Venerdì 06 FEBBRAIO 2015
Piemonte. Pronto soccorso. “Non è un problema di posti letto. Serve più organizzazione negli ospedali e più supporto dal territorio”. Intervista a Francesco Enrichens

"Non credo in nessun modo che la riduzione dei posti letto possa incidere sul sovraffollamento nei Pronto soccorso", il capo Dipartimento dell'emergenza del nosocomio torinese cerca di sgomberare il campo dalle opinioni comuni e suggerisce: "Implementare gli scambi di flussi informativi tra Ps, distretto e medici di famiglia".

Pronto soccorso in affanno a Roma come a Milano, Napoli e Firenze. Un sovraffollamento che, puntualmente ogni anno, anche in coincidenza con il picco influenzale, manda in tilt la rete dell’emergenza. Una situazione che richiede una soluzione definitiva e ancor prima un’analisi rigorosa delle cause responsabili delle criticità della rete dell’urgenza.
Ne abbiamom parlato con Francesco Enrichens, Direttore del Dipartimento di Emergenza della Città della Salute e della Scienza di Torino, nonché esperto Agenas per l'Emergenza sanitaria.

Dottor Enrichens, Come spiega il caos che stanno vivendo i Pronto soccorso?
Premesso che c’è senz’altro un problema di inappropriatezza di accesso ai nostri Pronto soccorso, a differenza dell’opinione comune a mandare in tilt le strutture non è tanto la percentuale, pur importante di inappropriatezza degli accessi impropri che tocca in particolare i codici bianchi, quanto il cosiddetto "fenomeno delle barelle", dovuto alle difficoltà di fornire una risposta appropriata secondo gli standard di riferimento, alla necessità di ricovero per i casi più gravi.

Gli opinion makers sono divisi tra quanti ritengono che sia colpa della carenza della riorganizzazione della rete territoriale e quanti puntano il dito contro il deficit organizzativo all’interno degli ospedali. Qual è la sua opinione?
Anziché attribuire colpe, direi che siamo dinanzi ad un percorso diagnostico che ha ancora bisogno di qualche aggiustamento per essere virtuoso, prevedendo l'accesso al Pronto soccorso, il ricovero appropriato nei tempi standard e la presa in carico da parte della rete territoriale. Purtroppo quest’ultima spesso incontra difficoltà nell’accogliere il paziente, provocando a sua volta il rientro del paziente al Pronto soccorso. Allo stesso modo, alcune strutture ospedaliere presentano problemi organizzativi, sia per quel che riguarda il funzionamento, quando c’è, dell’Obi (osservazione breve) che non dovrebbe superare le 36 ore, sia anche il funzionamento del triage. In sintesi, bisognerebbe puntare ad un’efficace riorganizzazione di tutte le risorse disponibili intra ed extra ospedaliere, incluse le cure domiciliari.

In realtà, qualcuno sostiene che la causa di alcuni mali sia ascrivibile alla riduzione dei posti letto.
Non credo in nessun modo che la riduzione dei posti letto possa incidere sul sovraffollamento nei Pronto soccorso. Certo, se una struttura dispone di 10 posti letto, ma la media della degenza è di 15 giorni, è come se disponesse soltanto di 5 pl, insomma mi sembra che siano i tempi di degenza, non sempre appropriati a contribuire al caos. Tra l’altro, c’è anche un problema di scambio di informazioni tra ospedali e distretto: non è raro che il responsabile della rete dell’emergenza urgenza non sia a conoscenza della disponibilità di posti letto nel distretto. Quest’ultimo è un elemento portante dell’organizzazione dei servizi sanitari che va potenziato e valorizzato per l’adeguata presa in carico del paziente. È, inoltre, prioritaria un’implementazione di scambi di flussi informativi tra Ps, distretto e medici di famiglia.

E il blocco del turn over non è tra le cause del sovraffollamento dei Ps?
Innanzitutto, non si può pensare ad un aumento dell’organico che prescinde dalle esigenze e dal numero di accessi di un Pronto soccorso. Inoltre, è difficile immaginare di ampliare il personale per fronteggiare una maggiore domanda di salute per un periodo limitato di 2-3 mesi in concomitanza con l’aumento del picco influenzale. Personale che risulterebbe in esubero per il resto dell’anno, cosa assolutamente insostenibile per il Servizio sanitario nazionale. Piuttosto sarebbe opportuna una maggiore programmazione, organizzando un rinforzo del personale proveniente dalle altre aree di cure per evitare di andare in affanno. C’è anche un problema di dimensionamento e di organizzazione degli spazi. Se un’area adibita al Pronto soccorso è suddivisa in 10 loculi ci sarà bisogno di un maggior numero di infermieri per un monitoraggio efficace dei paziente, per contro l’open space consente una migliore utilizzazione delle risorse umane.

Ma c'è anche un problema di ordine culturale, che richiede la necessità di educare i cittadini a non intasare i Pronto soccorso?
A mio avviso, una volta che si attuerà quanto previsto nel Patto per la salute, ossia la realizzazione delle Aft (Aggregazioni funzionali territoriali) e delle Uccp (Unità complesse di cure primarie), registreremo un significativo calo di accessi impropri. Ma dobbiamo dare agli italiani un’alternativa assistenziale che sia efficace e rispondente ai loro bisogni di salute.
 
Tratta da: News Letter Agenas n.1/2015

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