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Martedì 10 FEBBRAIO 2015
Vino rosso e grappoli d’uva proteggono da fegato grasso e diabete

Studi condotti presso l’università dell’Oregon suggeriscono che l’uva nera avrebbe un importante ruolo protettivo contro le malattie metaboliche legate all’obesità. Merito forse dell’acido ellagico, che ha un’azione attivante sui PPAR, recettori nucleari che stimolano il metabolismo glucidico e lipidico

Continua la serie di notizie positive su uva e derivati, vino rosso compreso. Uno studio americano, appena pubblicato su Journal of Nutritional Biochemistry, suggerisce che un buon bicchiere di vino rosso (o di succo d’uva, per gli astemi) o un consumo ragionevole di uva nera, aiuterebbe a ‘bruciare’ meglio i depositi di grasso delle persone con qualche chilo di troppo. L’uva nera, consumata sotto forma di alimento o di bevande, sarebbe d’aiuto anche nel contrastare malattie metaboliche legate all’obesità, quali steatosi epatica e diabete.
A queste conclusioni, Neil Shay e colleghi del College of Agricultural Sciences dell’Università dell’Oregon, in collaborazione con le università della Florida e del Nebraska, sono giunti dopo aver esposto epatociti e cellule adipose umane ad estratti di quattro sostanze chimiche contenute nei grappoli di Muscadine (Vitis rotundifolia), una varietà di uva nera, originaria del sud-est degli Stati Uniti.
 
Delle quattro sostanze testate, particolarmente interessante è risultato il comportamento dell’acido ellagico, in quanto rivelatosi in grado di rallentare in maniera incredibile la crescita degli adipociti e la formazione di nuovi, e di accelerare allo stesso tempo il metabolismo degli acidi grassi nel fegato.
 
“Non siamo certamente davanti  alla cura miracolosa per l’obesità – affermano gli autori – visto che non abbiamo trovato, né certamente ce lo aspettavamo, che questi composti chimici migliorino il peso corporeo. Tuttavia, accelerando la ‘combustione’ dei grassi soprattutto a livello del fegato, queste sostanze potrebbero migliorare la funzionalità epatica nei soggetti in sovrappeso.
E dunque, riuscire a mettere a punto una strategia dietetica – prosegue Shay – in grado di contrastare questo pericoloso accumulo di grassi nel fegato, rappresenterebbe una gran bella notizia”.
 
In un precedente studio condotto su topi in sovrappeso, i ricercatori americani, hanno supplementato la dieta di questi animali con estratti da grappoli di Pinot nero, raccolti nei vigneti di Corvallis.  Rapportato all’uomo, la quantità di supplementi data agli animali, rappresentava l’equivalente di una tazza e mezza di acini d’uva.
Alcuni di questi animali sono stati nutriti con un mangime contenente il 10% di grassi; altri con uno contenente il 60% di grassi – esattamente il tipo di dieta malsana che porterebbe ad accumulare diversi chili di grasso in una persona.
 
E i topi hanno apprezzato molto la dieta ricca di grassi, arrivando a consumarne in eccesso e rappresentando in questa maniera un buon surrogato di un modello di uomo sedentario che si nutre di cibo spazzatura e non fa attività fisica.
 
Nell’arco di dieci settimane i topi nutriti con la dieta ricca di grassi hanno sviluppato steatosi epatica e diabete, le stesse conseguenze metaboliche che è possibile osservare nelle persone sedentarie in sovrappeso. Ma i topi nutriti a dieta grassa e ad estratti di grappoli di Pinot nero risultavano protetti da queste conseguenze metaboliche; questi animali presentavano infatti livelli di glicemia più bassi e accumulavano una minor quantità di grassi nel fegato. Protagonista di questi risultati, è risultato anche in questo caso l’acido ellagico.
 
Andando ad esaminare i tessuti dei topi nutriti con questi supplementi, gli autori della ricerca hanno evidenziato una elevata attività dei PPAR-alfa e PPAR-gamma, due proteine della classe dei recettori nucleari ormonali,  al centro del metabolismo lipidico e glucidico a livello cellulare. L’ipotesi è che l’acido ellagico e le altre sostanze chimiche presenti in questi estratti vadano ad attivare questi recettori nucleari ormonali, che controllano l’attivazione dei geni implicati nel metabolismo glucidico e lipidico.
 
“I risultati di questo studio – sottolineano gli autori - di certo non vogliono essere un invito a rimpiazzare i farmaci che agiscono sui PPAR, con questi supplementi. Riteniamo piuttosto che queste scoperte dovrebbero indirizzare la gente verso la scelta di cibi salutari in grado, come nel caso dell’uva nera, di stimolare il metabolismo e di facile reperibilità.  Sperando che se ne ricordino la prossima volta che andranno a fare la spesa al supermercato”.
 
Maria Rita Montebelli

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