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Lunedì 09 FEBBRAIO 2015
Tumori. Lo screening rimane l’arma più efficace



Gentile direttore,
il 4 febbraio è stato il world cancer day. Molti si sono espressi a proposito della gestione di questa grande patologia. Molti sono stati gli appelli dal mondo scientifico, dai medici, dalle Istituzioni e dalla politica. Tutte le dichiarazioni fanno riferimento all’obiettivo di ridurre la mortalità, almeno quella cosi-detta “evitabile” in base alle conoscenze attuali, e all’umanizzazione delle cure. L’appello è giusto, l’obiettivo è chiaro. Ma per ridurre realmente la mortalità “evitabile” non è sufficiente la spinta emozionale contenuta negli appelli, serve fare sinergia tra istituzioni, politica e stakeholders del Servizio Sanitario Nazionale. Dietro la riduzione della mortalità evitabile ci deve essere una reale politica della prevenzione. Lo screening è l’arma più forte contro il cancro. Si pensi che fare lo screening di tutta la popolazione eleggibile, anche semplicemente in base a criteri di età e di familiarità, permette in non pochi casi di conoscere prima, dunque prevedere, l’insorgenza di uno specifico tumore, se non addirittura scoprirlo nel momento stesso degli esami. Oggi, rispetto al passato, la tecnologia medica ci permetterebbe di “screenare” un gran numero di pazienti a costi ridotti. 

Se si ragiona su grandi numeri di pazienti, e soprattutto se si pensa ai costi risparmiati grazie alla diagnosi precoce, è chiaro che esiste una “convenienza” terapeutica ed economica nello screening della popolazione su specifiche malattie altamente impattanti su salute e costi, come il cancro. Per fare un esempio, si pensi alle tecniche mininvasive di colonscopia che ad oggi, con una semplice ingestione di una pillola che contiene una telecamera, permettono di mappare e ricostruire in digitale le pareti dell’intestino, e poter vedere la presenza di polipi, diverticoli e altri elementi che rilevano l’entità del rischio di sviluppare un tumore, e a consigliare al paziente di effettuare un intervento di asportazione o semplicemente effettuare controlli più frequenti per una diagnosi precoce di un probabile tumore. Si immagini una lettera della ASL che invita i cittadini, al raggiungimento del 40-esimo anno di età, a fare uno screening per questa patologia, come per altre. La realtà è che ad oggi è possibile effettuare screening sulla popolazione per prevenire molte malattie, soprattutto nell’oncologia. Lo screening permetterebbe di ridurre in maniera drastica l’incidenza dei tumori, o quantomeno i loro effetti.

Ciò che serve è una Pubblica Amministrazione efficiente che riesca a recepire la migliore tecnologia all’interno di percorsi integrati di prevenzione e cura a livello nazionale. Bisogna essere attenti, inoltre, a non creare disuguaglianze di accesso a tali percorsi tra i cittadini italiani. Infatti, ad oggi esistono esperienze di successo nello screening in Italia, ma localizzate in alcune parti del territorio italiano, e solo per una popolazione ristretta rispetto a quella totale. Serve un maggiore sforzo di coordinamento da parte delle Istituzioni nazionali e regionali, serve sicuramente un input più forte da parte del Ministero della Salute. Gli elementi contenuti nel nuovo Patto della Salute fanno ben sperare. Oltre al nuovo aspetto dell’umanizzazione delle cure, il Patto prevede anche un piano per la prevenzione di 200 mln di euro ogni anno.
 
Fa ben sperare anche l’orientamento della nuova dirigenza del Ministero e delle sue Tecnostrutture a dare vita in maniera rapida e concreta alle previsioni del Patto. Ci si attende dunque un cambio concreto nelle politiche di prevenzione, soprattutto in riferimento allo screening della popolazione per specifiche patologie, per ridurre realmente le morti evitabili a vantaggio dei cittadini e del sistema nel suo complesso.

Davide Integlia 
Direttore Area Innovazione di I-Com

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