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Venerdì 13 FEBBRAIO 2015
Puglia. Ordine dei Medici e Università lanciano l’allarme: “Mancano medici. Rivedere programmazione e iter formazione”

La causa principale, secondo ordinisti e accademici, sta negli errori nella programmazione ma anche nell’iter formativo ormai superato. In Puglia in particolare, comunque, resta comunque inferiore del 30% rispetto alla media nazionale il numero di borse di specializzazione

Le borse di studio di specialità in Puglia sono il 70% della media nazionale, mentre il numero di accessi alla Facoltà di Medicina in Puglia è la metà del Veneto, a fronte della stessa popolazione. Per questo Ordine e Università chiedono un riallineamento del numero di laureati e di borse di specializzazione e un ripensamento dei percorsi formativi di accesso alla professione, attraverso una più attenta programmazione, che nasca da una stretta collaborazione tra OMCeO, Ateneo e Regione.
 
È quanto è emerso da un incontro che si è tenuto l’altro ieri presso l’Ordine di Bari tra il Presidente dell’Ordine Filippo Anelli, i membri del Consiglio dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri della Provincia di Bari, il Rettore dell’Università di Bari Antonio Uricchio, il Preside della Scuola di Medicina Paolo Livrea, il Presidente del Corso di Laurea MC Antonio Moschetta e i quattro Direttori di Dipartimento.
 
“La programmazione in questi anni non ha funzionato – sottolinea una nota dell’Ordine dei medici - creando disoccupazione, lavoro precario ed emigrazione. Ma va anche ripensata la durata del percorso formativo, che appare desueta, lunga nei tempi e poco efficiente. E in ultima analisi vanno rivisti i criteri e i metodi di selezione per l’accesso al percorso formativo, che incappano periodicamente in ricorsi e sentenze del TAR, vanificando di fatto il numero chiuso”.
 
Uno dei primi problemi, fanno notare all’Ordine, è legato al disallineamento tra accesso all’Università e accesso alle specializzazioni e al corso di Medicina Generale. I medici fuori dai percorsi formativi post lauream in questi sei ultimi anni sono pari a 4.794, con una media annua di circa 800 medici che non riescono a specializzarsi o diplomarsi in medicina generale e che di fatto quindi sono laureati in medicina, ma non possono accedere alla professione.
 
Si tratta quindi di medici che hanno affrontato un percorso formativo di 6 anni e su cui il sistema ha investito risorse - 160.000 euro circa per l'intero iter formativo di 11 anni - che rimangono inutilizzate o prendono la strada dell’estero.
 
La prima richiesta emersa dall’incontro è quindi l’urgente equiparazione – attraverso un Decreto Legge -  tra numero di iscritti alla Facoltà di Medicina e il numero delle borse di specializzazione. Da tempo l’Università rileva come il numero di borse di studio in Puglia sia il 70% della media nazionale.
 
Ma le criticità sono anche a monte della laurea: sempre dal 2009 al 2014 sono 17.530 gli iscritti alla facoltà di medicina che non arrivano alla laurea. Quel 30% di studenti che si perdono per strada rappresentano un forte campanello di allarme che impone una urgente verifica dell’attuale percorso formativo di medicina.
 
Un percorso che porta i medici a laurearsi molto tardi e ad accedere al mondo del lavoro dopo i trentanni. Per anticipare l’uscita, da tempo l’Ordine propone di:
- allargare la sperimentazione del MiUR sul liceo in 4 anni,
- abbreviare il corso di studi in medicina a 5 anni (come invita a fare la Direttiva della Commissione europea),
- ridurre il numero di anni di specializzazione, in linea con quanto già accade in altri paesi europei.
 
Ma il punto cruciale, spiega ancora l’Ordine di Bari -  è la definizione della programmazione, dato che a partire dal 2018, a causa della “gobba pensionistica”, nel periodo 2018-2023, la differenza tra pensionati e laureati determinerebbe un fabbisogno di 38.460 medici in Puglia.
 
Una stima di fabbisogno confermato anche dai dati dell’Università di Bari: confrontando il numero degli immatricolati con quello dei pensionabili iscritti all’Ordine di Bari, se i numeri in ingresso rimangono invariati, da qui a 10 anni complessivamente mancherebbero 3375 medici. Fra ingressi e pensionamenti esiste un gap più preoccupante per alcune aree territoriali rispetto ad altre: il numero di iscritti alla Facoltà di Medicina stabiliti dal numero chiuso è la meta del Veneto, a fronte della stessa popolazione.

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