quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 16 FEBBRAIO 2015
Infermiere coordinatore. Molte responsabilità, poche garanzie

La recente sentenza della Cassazione ha dimostrato quanto sia delicata questa figura. Anche dal punto di vista della responsabilità professionale “personale”. Eppure in molte realtà essa è a contratto a tempo determinato e quindi precaria e  come tale “ricattabile”

Interveniamo dopo l’interessante sentenza della Corte di cassazione sulla responsabilità dell’infermiere coordinatore pubblicata da QS e commentata dal dottor Luca Benci per fare il punto sulla situazione di questa figura.
 
A fronte di un sostanziale investimento sulla categoria avvenuto con le trasformazioni contrattuali del biennio 1999-2001, con l’appendice del passaggio in Ds operata con il CCNL del 2004 oggi tutto si è fermato. Il problema non è solo lo stallo contrattuale - che non riguarda, ovviamente, solo i coordinatori - ma un insieme di atteggiamenti aziendalistici che preoccupano.
 
Nota il dottor Benci, con un eufemismo, che le norme sul coordinatore sono “non chiarissime”. La mancanza di chiarezza - oltre alla questione sulla natura della figura - ha portato anche alla non univocità di interpretazioni sull’incarico di coordinamento. 
Nel 2001 - quando venne istituita la “funzione di coordinamento” - venne chiarito che potesse venire meno per soppressione del posto (come da tradizione del pubblico impiego) o in caso di valutazione negativa.
 
Ebbene in molte aziende l’incarico di coordinamento è diventato a “tempo determinato” (vedi ad esempio il recente bando dell’ULSS 2 di Feltre) sovvertendo il contratto nazionale. Il coordinatore diventa una figura “a tempo” che scade dopo un biennio o un triennio. Anche in caso di valutazione positiva. Questa situazione non trova eguali negli altri incarichi che vengono conferiti, ad esempio, nella dirigenza medica. Non vi sono direttori a tempo e neanche strutture semplici a tempo determinato. Solo coordinatori e posizioni organizzative del comparto.
 
Questa sorta di trasformazione genetica e strettamente aziendalistica dell’incarico di coordinamento indebolisce la figura, la rende ricattabile e la precarizza. Il tutto senza una variazione contrattuale nazionale.
Eppure le responsabilità di questa figura non sono certo diminuite. La sentenza della Cassazione ci dice che il coordinatore ha una “qualifica professionale di vertice”, il suo operato è “onerato di precisi doveri sinergici di organizzazione, di gestione, di sovraintendimento e di segnalazione”.
 
Il coordinatore - se sposiamo l’impostazione di figura gestionale - gestisce la maggior parte delle risorse umane della sanità pubblica, su di lui incombono compiti molto problematici di assicurazione della copertura del personale all’interno delle  24 ore. Ha orari ampi e reperibilità “di fatto” oltre l’orario di lavoro.
Quella che dovrebbe essere una risorsa  per il servizio sanitario, diventa il primo precario a contratto vigente invariato. 
 
Tutto questo non lo riteniamo accettabile e vogliamo dirlo con forza: l’incarico di coordinamento non è a “tempo determinato” in quanto il contratto non lo prevede come non lo prevede per gli altri incarichi. 
Diventa un pericolo per l’autonomia della professione prevedere il rinnovo dell’incarico in assenza di valutazioni negative. Se la figura di “vertice” della professione infermieristica diventa ricattabile, vuol dire che la professione è ricattabile in quanto precarizzata nell’unica forma di carriera oggi disponibile (in attesa, ovviamente, dei magnifici destini preconizzati dal “comma 566”).
 
Non ci stiamo, dunque, a questi colpi di mano. Come sindacato combatteremo questa deriva che una parte delle aziende del servizio sanitario nazionale ha preso a danno della figura del coordinatore in particolare e della professione infermieristica (e anche delle altre professioni sanitarie, in realtà) in generale.
 
Andrea Bottega 
Segretario Nazionale Nursind

© RIPRODUZIONE RISERVATA