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Giovedì 19 FEBBRAIO 2015
In Italia 12.000 medici precari. Quando finirà?



Gentile direttore,
l'etimologia della parola precario, deriva dalla parola latino prex o precis cioè preghiera, implorazione, supplica. Pertanto, l'aggettivo precario, conferisce al sostantivo cui si riferisce, la qualifica di provvisorietà, di instabilità, di insicurezza propria di qualcosa o di una condizione che è concessa per favore, permessa temporaneamente dietro supplica, senza garanzia o diritto di permanenza.
 
La parola precario, nell’utilizzo comune, indica la mancanza di continuità del rapporto di lavoro con una conseguente incertezza sul futuro e mancanza di un adeguato reddito per una legittima organizzazione della vita futura.
La condizione di precariato nasce, probabilmente, con la storia dell’uomo; anche se nelle società del passato, dal ragazzo di bottega all’apprendista scultore, lavorare nello stesso posto era inteso come una “diminuitio”, poiché era una aspirazione naturale e legittima dei “lavoratori dell’epoca” cambiare bottega o maestro per crescere e diventare a sua volta padroni bottegai o maestri d’arte. Quindi una concezione di precariato diversa dai nostri giorni.
 
In epoca moderna, dalla fine dell’800 ai nostri tempi, l’uomo comincia a lavorare in comunità lavorative, dalle fabbriche alle scuole, dai pubblici uffici agli ospedali, etc; cambia cosi la concezione di lavoro, sempre di più si presta la propria opera e le proprie competenze in cambio di un sicuro salario, nascono cosi i contratti di lavoro e con essi i doveri e soprattutto i diritti con le battaglie sindacali.
La parola precariato, balza agli onori della cronaca negli anni 60’ con i precari della scuola fino ad arrivare ai nostri giorni, dove con una apposita legge: la 196 del 1997 il cosiddetto “Pacchetto Treu”, viene legalizzata.
Una potente operazione culturale la legittima come conquista sociale con: la legge 30 del 2003 detta “legge Biagi” che introduce ben 47 tipologie di lavoro flessibile.
 
La flessibilità, sarebbe, il condizionale è doveroso, un valore aggiunto per il lavoratore o meglio il professionista che può costruire la sua carriera utilizzando al meglio la propria professionalità o per cambiare azienda o all’interno della stessa azienda nella logica delle implementazioni di competenze per cambiare posizioni e per raggiungere traguardi di carriera, purtroppo questa meravigliosa parola frutto di una mascherata conquista sociale è diventata sinonimo di precarietà con tutti i suo più subdoli significati.
Si è fortemente voluto dare l’assist ai datori di lavoro per aggirare le norme sui licenziamenti e trasformando il tutto in “non rinnovo”, alimentando un disagio sociale nei lavoratori tenuti costantemente sotto ricatto.
In sanità e in particolare per i medici, i numeri presi da varie casistiche, sono di almeno 12.000 precari con un arrotondamento in difetto, con una età media di 34 anni e una non trascurabile presenza di over­40.
 
Le forme di precariato più diffuse in sanità, in attesa di un contratto unico che possa conciliare tutti con gli stessi diritti e garanzie, sono:
● Contratto di lavoro a tempo determinato ottenuto con avviso pubblico per titoli e colloquio su posti vacanti in attesa di concorsi che in alcune realtà come Lazio, Campania, Calabria non vengono espletati da oltre 10 anni.
Per questa tipologia di contratto, che possiamo definire un "precariato di lusso" si hanno gli stessi diritti dei lavoratori a tempo indeterminato eccetto il ricorso a congedi straordinari per concorso o aggiornamento.
● Contratto di lavoro convenzionato a tempo determinato con le Asl come specialistica ambulatoriale, o continuità assistenziale dove si accede con inserimento in apposita graduatoria previi requisiti, con assegnazione delle ore vacanti da 6 a 36 ore.
Non si ha diritto a ferie pagate e nessun tipo di congedo.
● Contratto di lavoro a progetto co.co.pro. e contratto di collaborazione coordinata e continuata co.co.co. con oneri previdenziali a carico del lavoratore dotato di partita iva, quindi con un enorme sgravio fiscale per le aziende.
Non si ha diritto a ferie, malattia, maternità, congedi di nessuna natura ivi compresi quelli per gravi motivi familiari.
● Contratto di lavoro di somministrazione (ex interinale) ove vi è una subordinazione all’agenzia ma con tutti i diritti dei lavori dipendenti, eccetto il riconoscimento di anzianità di servizio. Questa forma di lavoro diffusa in Germania viene definita: “leasing in manodopera” consentendo alle aziende di affittare i lavoratori.
● Contratti di lavoro operati da cooperative di servizio, con turni pagati sotto forma di rimborsi spesa. Nessun diritto contemplato con assicurazione anche per colpa lieve a proprio carico.
● Borse di studio per progetti, utilizzate per impiegare personale medico in attività di ricerca presso IRCCS e/o Università, ma di fatto con compiti assistenziali. Nessun diritto contemplato con assicurazione anche per colpa lieve a proprio carico.
 
La presenza nel nostro paese di tutte queste tipologie di contratto è accompagnata da redditi salariali mediamente più bassi che nel resto di Europa, fatta eccezione Grecia e Portogallo, con gravi conseguenze sulla economia del nostro paese. Vista l’impossibilità ad accumulare risparmi, contrarre mutui per le case, e migliorare la propria qualità di vita e quella del proprio paese, si crea insicurezza emotiva ed insoddisfazione, cosa che si ripercuote, cosi come dimostrato da evidenze scientifiche, sulla qualità dell’assistenza, rendendo il precariato un male sociale dei nostri tempi.
 
Maurizio Cappiello
Dirigente Medico Pronto Soccorso­ OBI A.O.R.N. “A. Cardarelli” ­Napoli Consigliere Nazionale Anaoo Assomed

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