quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Giovedì 05 MARZO 2015
Comma 566. Bene concertazione. Ma non riduciamo tutto a una guerra sulle competenze

Come evitarlo? Bisogna alzare il tiro e ripensare  i ruoli delle professioni   ridiscutendo i loro postulati costitutivi al fine di riformarne le prassi. Perché, alla fine, ai malati le competenze non interessano. Quello che vogliono sapere è cosa fate e come mi curate?

Bene che il  ministero della Salute abbia convocato i medici per avviare la concertazione  sulla  questione spinosa del comma 566. Siamo contenti che il confronto includa e  non escluda  coloro che per evidenti ragioni professionali sono coinvolti ob torto collo  in quel “comma horribilis”. Ieri, sulla questione le forze politiche parlamentari  hanno chiarito la loro posizione, registrando  una spaccatura, ma  se avesse chiesto  loro  come intendere la concertazione prevista    dal  comma 566, sono sicuro che  nessuno di loro si sarebbe dichiarato favorevole  ad una conventio ad escludendum  a danno  dei medici. Se non altro perché non politically correct.Dico bene onorevole Gelli?
 
E ora che succede? I medici presumibilmente diranno che il comma è horribilis, che la distinzione complesso/semplice è una stupidaggine, e tireranno fuori  l’arma segreta  dell’atto medico. A questo punto  sul nascere  la concertazione  rischierà  di impantanarsi e di riproporre la spaccatura storica  che segnò l’esclusione dei medici dall’ accordo sulle competenze avanzate dell’aprile dello scorso anno. Toccherà al ministro e al sottosegretario,   fare in modo che ciò non avvenga...e non solo perché non è giusto né saggio rubare la terra ai palestinesi ma anche perché è impossibile  che i palestinesi derubati non si incazzino.
 
Che farà il ministero? Resto convinto che tutta la faccenda  delle competenze avanzate fin dal suo inizio  ha preso la piega  del conflitto tra professioni perché la politica ha gestito con i piedi, cioè  in modo consortile,  la cosa sotto la benedizione informale  della Fnomceo, con un’intesa sottobanco  tra Regioni , Ipasvi e i sindacati  degli infermieri, ma senza un pensiero davvero riformatore, cioè senza sforzarsi di  trovare  soluzioni coevolutive in un ordine più alto di mediazione e quindi in un ordine più alto di progettualità.
 
Il rischio  di ridurre nuovamente  la concertazione ad una contrapposizione tra presunti competenti e presunti incompetenti  cioè  di ridurre  tutto, come insiste a fare ottusamente l’Ipasvi, ad una questione  di mera redistribuzione  di competenze, è quindi molto forte. Come evitare questo rischio?  Suggerirei a tutti intanto di leggersi una lettera inviata a  QS il 17 febbraio 2015, “Nuovi ruoli e competenze. E se fosse un problema di “filosofia?”, di Alessandra Spedicato Michela Piludu, che sono due donne medico dell’Anaao Giovani.
 
Il pregio della lettera  è di spostare la riflessione sui ruoli professionali dal terreno solito della competizione giuridico-contrattuale tra professioni, a quello del modo come si conosce e si  fa quello che si dovrebbe conoscere e  fare per curare oggi degli ammalati e che le due giovane dottoresse, con mio grande piacere (insegnando io tra l’altro anche queste cose), chiamano “epistemologia”.
 
In pratica, ritornando al comma horribilis si tratta di non ridurre la questione alle competenze, come se si giocasse ai quattro cantoni, ma di alzare il tiro  e ripensare  i ruoli delle professioni ridiscutendo i loro postulati costitutivi  al fine di riformarne le prassi. La ragione di tutto ciò? Semplicemente perché una serie impressionante di mutamenti positivi e negativi ce lo impongono. Le  autrici  della lettera a questo proposito citano opportunatamente una serie di progetti di studio  internazionali, anche finanziati dall’UE,  che dimostrano come tutta la sanità occidentale  non si stia ponendo il problema delle competenze  ma quello del  “rimodellamento” dei ruoli professionali semplicemente  perché  il divario tra professione e realtà (loro dicono tra “teoria e pratica”) sta spiazzando tutte le professioni  creando quei problemi  anche economici che a più riprese ho definito di “regressività”.
 
Quindi, rispetto al comma horribilis, il terreno di mediazione e di riunificazione è quello del ripensamento dei ruoli  nei loro contenuti, nelle loro forme, nei loro modi, quindi nelle loro organizzazioni.
Ma per rimodellare i ruoli c’è bisogno di un pensiero riformatore, che  allo stato attuale temo non sia  del tutto alla portata di mano di coloro che a diverso titolo dovranno trasformare il comma horribilis in un comma splendidus. Ma a questo si può rimediare  organizzando  tutto quanto serva  ad organizzare una ideazione. Quindi quale pensiero riformatore ci serve?
 
Se partiamo dal presupposto che le professioni sono estensioni pragmatiche di una certa conoscenza e di una certa organizzazione  del lavoro non credo che si possano rimodellare i ruoli professionali  a prassi e a organizzazioni epistemicamente invarianti. Cioè non credo che si possano ridefinire gli agenti a prescindere dai loro contesti e dai loro atti, cioè dalle loro prassi, e non credo che gli atti o le prassi  si possano definire a prescindere dagli agenti e dai contesti di lavoro in cui operano. In ciò consiste la complessità e difficoltà del rimodellamento dei ruoli .
 
Oggi  mentre tutto cambia  anche con il comma horribilis il lavoro professionale continua ad essere descritto per compiti  e mansioni  per giunta  descritti privi di modalità e del tutto decontestualizzati. Il salto da fare è  definire compiti  impegni  e contesti  e uscire dalla mefitica logica economicistica del demansionamento  a catena (tolgo al medico per darlo all’infermiere, tolgo all’infermiere per darlo agli oss o alle badanti) rispetto alla quale recentemente il presidente della Toscana, ma non solo lui, ci ha proposto un’applicazione a sua volta  horribilis.
 
Molti sono gli esempi  che dimostrano l’inconcludenza di queste  scorciatoie, o semplificazioni  che hanno provato a ridefinire  i ruoli professionali   ma  senza fare i conti con la  loro complessità:
· Il nuovo codice deontologico dei medici  del tutto subalterno ad un vecchio ruolo medico (QS 26 maggio; 29 maggio; 31 maggio; 3 giugno 2014).
· La L.42 che per gli infermieri  definisce profili in luogo di mansioni, autonomia in luogo di ausiliarietà ma che, per non essere riuscita a inventare  un ruolo e una organizzazione  adatta, oggi rischia di essere paradossalmente controriformata  proprio dal comma horribilis.
· Il comma horribilis, per l’appunto  che nell’incapacità  di reinventare dei ruoli regredisce  all’idea di mansione  per accrescere il grado di flessibilità  e di economicità del lavoro professionale  in sistemi sanitari sempre più  ri-tagliati dalle ristrettezze finanziarie.
· L’atto medico che non può più essere  considerarlo solo una questione giuridica di competenze esclusive ma anche l’espressione di un ruolo  professionale rinnovato.
· L’H24, quindi il tanto controverso decreto Balduzzi, che nella più classica logica marginalista, ritiene di poter  risolvere i problemi delle cure primarie a ruolo medico invariato limitandosi semplicemente ad accrescerne la presenza.
 
Nel mio piccolo ho cercato di evitare le scorciatoie e, a parte l’idea base di “autore” su cui ho già detto molte volte (QS 31 ottobre, 3 novembre, 18 dicembre 2014),  l’idea riformatrice che si presta meglio a rimodellare i ruoli  è quella di “reticolo professionale”. Il reticolo è un piccola rete di riferimenti  che rimodella il ruolo professionale  interconnettendo  la necessità del malato, la formazione professionale, le regole deontologiche, le organizzazioni e quindi i contesti di lavoro.
 
Il comma 566 è horribilis, (mi dispiace per l’Ipasvi  che insiste nell’errore di farne il proprio cavallo di battaglia mentre la L.42 ancora oggi si propone come il primo esempio antesignano di rimodellamento del ruolo), perché  come dimostra la riflessione internazionale sul rimodellamento dei ruoli, esso è culturalmente arretrato dal momento che   le prassi professionali  ormai non possono più  essere definite  solo attraverso le  “competenze”, cioè le “mansioni”, ma debbono essere definiti attraverso gli impegni  degli agenti (skill mix) che operano dentro contesti non casuali .
 
Quindi basta litigare tra compitieri  che  messi alle corde  dalle ristrettezze economiche  cercano di mangiarsi l’uno con l’altro, cioè  di demansionarsi  in quella  che alla fine resta una  miserabile  “guerra dei bottoni” (QS 16 dicembre 2016). Con la regia politica del ministero cerchiamo di usare la concertazione per fare lo sforzo di accordarci tra “autori”, concordando di rimodellare i nostri vecchi ruoli attraverso moderni reticoli professionali  che sappiano innovare quello che per i malati  alla fine conta più di qualsiasi altra cosa: cosa fate e come mi curate? Quali  le prassi e come, cioè quali le loro modalità? Non quali competenze.
 
Ivan Cavicchi

© RIPRODUZIONE RISERVATA