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Lunedì 16 MARZO 2015
Arrivano le Cyberlegs. Le gambe robotiche per tornare a camminare

Concluso il progetto Ue coordinato dal Sant’Anna di Pisa. Indossando nuovi e leggeri sistemi robotici si restituisce la possibilità di camminare in modo efficiente e sicuro alle persone che hanno subìto l’amputazione degli arti inferiori, al di sopra del ginocchio.

Tornare a muoversi camminando in autonomia attraverso un supporto robotico. Grazie al progetto europeo Cyberlegs coordinato dall’Istituto di BioRobotica della Scuola Superiore Sant’Anna è ormai una realtà.
 
Indossando nuovi e leggeri sistemi robotici si restituisce la possibilità di una camminata più efficiente e con minore sforzo fisico a persone che hanno subìto l’amputazione degli arti inferiori, al di sopra del ginocchio, riducendo il rischio di cadute e imprimendo ai movimenti la regolarità di una falcata ritmica e sicura, in questo caso ottenuta sia grazie a una nuova protesi robotica sia a un innovativo tutore robotico.
 
Questo il fulcro del progetto europeo triennale Cyberlegs (acronimo di ”The CYBERnetic LowEr-Limb CoGnitive Ortho-prosthesis”) appena concluso e finanziato dalla Commissione Europea con 2.5 milioni di euro.
 
Fra tutte le possibili amputazioni, quelle transfemorali (al di sopra del ginocchio) risultano particolarmente invalidanti. Gli amputati transfemorali devono sostenere uno sforzo fisico e cognitivo più intenso e anche il loro cammino, qualora sia amputato anche un solo arto, appare meno stabile. In Europa gli amputati transfemorali sono stimati in circa 30 mila ogni anno. In questo contesto si è sviluppato il progetto che ha raggiunto l’obiettivo di testare (da agosto 2014 è sperimentato da 11 volontari) in via preliminare nuove tecnologie robotiche indossabili.
 
Il sistema “Active Pelvis Orthosis”, lo “zainetto” che agevola il movimento. Il progetto ha messo a punto un’ortesi bilaterale di bacino (un sofisticato tutore), robotizzata e capace di assistere il movimento che permette di flettere e di estendere l’anca. Il dispositivo, che appare contenuto in una sorta di zainetto, è stato progettato per essere ergonomico e quindi adattarsi alla schiena senza alterarne la postura. In virtù di un meccanismo che segue la naturale biomeccanica dell’anca la coppia che permette il movimento risulta sempre allineata con l’asse che garantisce la sua estensione e la sua flessione. Questo dispositivo agisce attraverso batterie, presenta un’autonomia di tre ore e permette agli amputati di camminare tanto all’interno quanto all’esterno.

Utilizzando schemi di controllo bio-ispirati, basati su quelle che vengono definite “primitive motorie”, e usando attuatori (sistemi di movimento), il dispositivo non pone ostacoli alla capacità e all’intenzione motoria della persona amputata che lo indossa e che riceve un’assistenza motoria gentile e naturale, se e quando è necessario.
 
“A ogni passo l’ortesi robotizzata – commenta il coordinatore del progetto Nicola Vitiello – fornisce all’amputato un surplus di energia e permette in questo modo di ripristinare un cammino più fisiologico. Durante il progetto questo dispositivo è stato testato con successo da sette amputati, che hanno potuto interagire con il dispositivo in maniera intuitiva e, al tempo stesso, sperimentando un cammino più fisiologico”.
 
La protesi transfemorale robotica, il sistema di sensori indossabili, la scarpa “intelligente” per camminare di nuovo. La nuova protesi transfemorale motorizzata permette di camminare, di sedersi, di salire o di scendere le scale, dimenticando la sedia a rotelle. Da una parte, i motori possono fornire energia durante la fase di appoggio, dall’altra parte gli elementi elastici passivi possono assorbire l’impatto con il terreno, garantendo la naturale flessione del ginocchio durante la fase del carico. In aggiunta, i motori forniscono assistenza nel passaggio dalla postura seduta a quella eretta e viceversa.

L’interfaccia con la protesi è ottenuta attraverso sensori che possono essere indossati, costituiti da scarpe “intelligenti”, equipaggiate con sensori di pressione ed una rete di sette sensori inerziali, solidali con ciascuno dei sei principali segmenti anatomici degli arti inferiori e con il tronco. Grazie ai dati forniti da questi sensori, un sistema di controllo intelligente può riconoscere il movimento desiderato dalla persona amputata e tradurre tale intenzione in comandi di movimento che si trasmettono ai motori della protesi. Nel corso del progetto sei amputati transfemorali hanno provato la protesi con successo, svolgendo compiti motori quali camminare, sedersi, alzarsi, salire le scale. Tutti gli amputati hanno interagito bene con la protesi. I risultati hanno confermato l’efficacia e la fattibilità di utilizzare una rete di sensori indossabili come interfaccia non invasiva tra uomo e macchina, per comandare una protesi d’arto inferiore robotizzata.

Protesi e ortesi (tutore) uniti per garantire il cammino in sicurezza. Un’altra frontiera esplorata con successo si è concretizzata nell’unione tra protesi transfemorale con l’ortesi (tutore) attiva di bacino. Il dispositivo è stato definito dai ricercatori “orto-protesi”. L’idea ha avuto origine dalla considerazione secondo la quale, in futuro, gli amputati potrebbero beneficiare di una protesi unita a un’ortesi (tutore). Mentre la protesi sostituisce l’arto mancante, l’ortesi può compensare le inefficienze del cammino derivanti dal fatto che la protesi, sebbene avanzata, non è in grado di restituire un cammino efficiente come quello naturale. L’idea è stata testata in via preliminare coinvolgendo quattro amputati e tutti sono stati in grado di muoversi con questo sistema. “Tuttavia – sottolinea Nicola Vitiello - i risultati suggeriscono una ulteriore ingegnerizzazione del sistema per ridurne ancora gli ingombri ed il peso, migliorando così il comfort per la persona amputata”
 
Cadute, rischio diminuito. Cyberlegs ha affrontato altre due sfide scientifiche. La prima riguardava la creazione di un collegamento bidirezionale con la protesi. Il progetto ha sviluppato un sistema miniaturizzato che la persona può indossare e attraverso i quali ricevere una sorta di ritmo, che gli permette di riprendere e di mantenere un cammino più simmetrico. La seconda sfida era dedicata al rischio di cadute. Il progetto ha messo a punto strategie per riconoscere in tempo reale un possibile scivolamento. L’idea, che sarà sviluppata in un’ottica di lungo periodo, è che il sistema robotico possa fornire un’assistenza che mitighi il rischio di caduta, dopo aver riconosciuto in tempo reale l’inizio dello scivolamento.
 

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