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Giovedì 07 MAGGIO 2015
Ipercolesterolemia familiare. In Italia tasso di diagnosi sotto l’1%. La campagna di Cittadinanzattiva 

In altri paesi europei si raggiungo tassi fino al 70%. Per far luce sulla situazione italiana di questa patologia da giugno a settembre scatta l'indagine, anche on line. Aceti: "Solo ciò che è misurabile è migliorabile, questo è lo spirito dell'iniziativa". Gelli (Pd): "Bisogna sfatare alcuni miti, soprattutto la credenza che l'ipercolesterolemia sia dovuta solo a stili di vita". Mandelli (Fi): "Rafforzare sinergie tra farmacisti e medici di base"

In Italia l’ipercolesterolemia familiare registra un tasso di diagnosi inferiore all’1%, a differenza della Norvegia e dell’Olanda dove la diagnosi raggiunge rispettivamente il 43% e il 71%. A partire da questo dato, rilevato dalla Società Europea di Aterosclerosi (Eas), è stato lanciato il progetto ‘Colesterolo, una questione di famiglia’, un’indagine civica promossa da Cittadinanzattiva, attraverso le reti del Tribunale per i diritti del malato e del Coordinamento nazionale delle associazioni dei malati cronici, realizzata grazie al contributo non condizionato di Sanofi. Obiettivo dell’indagine è far luce su una patologia ad alto impatto clinico e sociale come l’ipercolesterolemia familiare, sull’attuale qualità delle cure e sulle criticità nella sua gestione.

Rivolta ai pazienti e compilabile anche online sul sito di Cittadinanzattiva da giugno a settembre, l’indagine valuta diversi temi: le dislipidemie e l’ipercolesterolemia familiare, le difficoltà della persona e della famiglia, la prevenzione, la diagnosi, il percorso di cura, la gestione e il monitoraggio della patologia, la terapia e l’umanizzazione delle cure. Il progetto è stato presentato oggi a Roma presso il Senato della Repubblica.

“Solo ciò che è misurabile è migliorabile. E l’indagine civica sull’ipercolesterolemia familiare ha proprio questo scopo: produrre evidenze, dal punto di vista dei cittadini e dei pazienti, sull’attuale organizzazione dei servizi, sulla capacità di presa in carico, sulle difficoltà che pazienti e familiari devono affrontare nella vita quotidiana dentro e fuori i servizi sanitari - spiega Tonino Aceti, coordinatore nazionale del Tribunale per i diritti del malato-Cittadinanzattiva - Vogliamo non solo scattare una fotografia dello stato attuale delle cose, ma offrire anche strumenti e suggerimenti per superare le difficoltà che incontrano le persone con questa patologia e i loro familiari. Lo faremo insieme alle associazioni di pazienti, che saranno protagoniste in questa attività, e alle società scientifiche che ci aiuteranno a mettere meglio a fuoco la realtà”.

I problemi attengono quindi profondamente alla sfera percettiva e culturale della popolazione. “Registriamo un’indifferenza inspiegabile verso gli eventi cardiovascolari, nonostante siano la prima causa di morte precoce – denuncia Franco Salvini, presidente dell’Associazione italiana displidemie ereditarie – E’ invece di primaria importanza accrescere il contatto con l’opinione pubblica per rafforzare la consapevolezza nei nuclei familiari coinvolti, valorizzando il ruolo del pediatra e dei medici di famiglia. Le cure per l’ipercolesterolemia familiare ci sono, bisogna però agire sulle persone e sulle istituzioni per facilitare le diagnosi precoci”. Compito di tutti gli attori coinvolti è quindi “mantenere sempre elevata la soglia di attenzione – ha osservato Federico Gelli, deputato del Pd in Commissione Affari Sociali – Allo stesso tempo è essenziale sfatare alcuni luoghi comuni che si annidano tra le maglie della popolazione, in primis la credenza che l’ipercolesterolemia sia necessariamente legata agli stili di vita. Per migliorare questo aspetto le strutture sanitarie, in tutte le loro articolazioni, devono diventare maggiormente accoglienti rispetto alla patologia. Sono presenti ancora troppe difficoltà di accesso al sistema, dovute soprattutto a una visione ancora troppo ancorata all’ospedale”.

Altra priorità “risiede in una più convinta valorizzazione dell’aderenza – ha segnalato Andrea Mandelli, senatore di Forza Italia e presidente Fofi – Per questo è fondamentale attivare sul territorio reti che coinvolgano e uniscano farmacisti e medici di medicina generale affinché il cittadino non dimentichi nel cassetto il farmaco erogato e in modo che lo assuma correttamente. In sostanza auspico la nascita di una sorta di joint venture che sia in grado di assistere il cittadino. Il Parlamento deve quindi raccogliere la sfida, riuscendo a mettere nelle migliori condizioni le enormi professionalità di cui è pienissimo il nostro Paese”. A livello strutturale infatti “l’Italia dispone di importanti strumenti come farmaci sempre più efficaci – ha sottolineato Marcello Arca, Società italiana per lo Studio dell’aterosclerosi – Tuttavia siamo carenti sotto il profilo operativo: bisogna quindi invertire la rotta, creando alleanze e sinergie tra operatori con formazioni diverse. Si tratta di un’azione già diffusa e radicata in numerosi Paesi europei”.

Ma agire sin dai primi anni di vita consentirebbe enormi passi in avanti. “In età pediatrica questa patologia è asintomatica – ha ricordato Andrea Bartuli, Società italiana di pediatria – Ne soffrono circa 22mila soggetti tra 1 e 14 anni e per individuarli basterebbe inserire il dosaggio del colesterolo all’interno del bilancio di salute. In questo modo potremmo ridurre del 30% gli eventi cardiovascolari negli over 30. E diagnosticare un bambino permetterebbe di arrivare a monitorare anche il padre, il nonno e così via”.

Le malattie cardiovascolari rappresentano la prima causa di mortalità in Europa. In Italia, provocano il 35% dei decessi maschili e il 43% di quelli femminili. Uno dei principali fattori di rischio delle malattie cardiovascolari è rappresentato da elevati livelli di “colesterolo cattivo” (c-LDL) nel sangue. Secondo i dati 2013 dell’ Istituto Superiore di Sanità, il 79% degli intervistati dichiara di aver misurato almeno una volta nella vita la colesterolemia. Fra questi, il 24% riferisce di aver ricevuto una diagnosi di ipercolesterolemia.

Non sempre l’ipercolesterolemia è dovuta a cattive abitudini di vita. In Italia, molte persone convivono con livelli elevati di colesterolo LDL, non a causa di un’alimentazione disordinata e ricca di grassi, ma per una causa genetica. In questi casi si parla di ipercolesterolemia familiare, una condizione ereditaria che, nella forma più frequente, quella eterozigote, si stima colpisca nel mondo tra i 14 e i 34 milioni di persone, mentre in Italia potrebbero esserne affette circa 120.000/300.000 persone. Inoltre, i soggetti con ipercolesterolemia familiare eterozigote hanno il 50% di possibilità di trasmettere la malattia ai propri figli. Purtroppo però solo meno dell’1% di questi pazienti riceve una diagnosi, con un rischio notevole di sviluppare patologie cardiovascolari: se non adeguatamente trattata, l’ipercolesterolemia familiare comporta infatti un rischio 20 volte maggiore di insorgenza di malattie cardiache precoci. Fondamentali sono quindi una diagnosi precoce e un trattamento adeguato e tempestivo.

La diagnosi di ipercolesterolemia familiare può essere fatta in molti casi anche clinicamente sulla base di alcuni indicatori, quali: elevati livelli di ‘colesterolo cattivo’ nel sangue, una storia di eventi cardiovascolari precoci e regressi, una storia di infarto o ictus precoci in famiglia. A questi si associano alcuni segni clinici visibili peculiari della malattia, come rigonfiamenti sui tendini del tallone e delle mani e dei depositi giallognoli di grasso intorno agli occhi. Meno comunemente si osservano anelli biancastri intorno alla cornea.
 

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