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Venerdì 11 FEBBRAIO 2011
Ranibizumab: caro, ma conveniente

Dopo che l’Ema lo scorso gennaio ha approvato il farmaco anche per il trattamento dell’edema maculare diabetico con diminuzione visiva, uno studio di Health Technology Assessment realizzato dall’Istituto di Igiene dell’Università del Sacro Cuore di Roma conferma: “anche a fronte di un maggiore assorbimento di risorse rispetto ad altri trattamenti, consente di avere un miglior controllo della patologia e una migliore qualità della vita”.

L’ok dell’Agenzia del farmaco europea è arrivato lo scorso gennaio, quando dopo la precedente approvazione per il trattamento della degenerazione maculare legata all’età, l’Ema ha concesso a ranibizumab il via libera per come terapia per l’edema maculare diabetico con diminuzione visiva.
La decisione dell’agenzia si è basata sui risultati degli studi registrativi RESTORE e RESOLVE che avevano dimostrato la capacità del farmaco di consentire un recupero dell'acuità visiva superiore, più rapido e costante nel tempo rispetto alla terapia laser, attuale terapia di riferimento. Inoltre, nella metà dei pazienti è stato possibile ottenere un miglioramento dell'acuità visiva pari ad almeno 10 lettere.
Ora, arriva la conferma che il farmaco è non soltanto efficace, ma anche costo-efficace, dal momento che garantisce un significativo miglioramento della qualità di vita. Risultato emerso da un’analisi di Health Technology Assessment condotta dal Centro di Ricerca in HTA dell’Istituto di Igiene dell’Università del Sacro Cuore di Roma in collaborazione con la Fondazione Bietti
“La degenerazione maculare legata all’età - ha spiegato Maria Lucia Specchia del Centro di Ricerca in HTA della Cattolica - è una patologia destinata ad avere un notevole impatto sociosanitario, rappresentando nei Paesi industrializzati la principale causa di cecità legale nei soggetti al di sopra dei 65 anni di età. In Italia il progressivo invecchiamento della popolazione comporterà un incremento dei tassi di incidenza e prevalenza di tale patologia ed è stato stimato che entro il 2025 il numero di persone affette subirà un incremento del 40%”.
Dati che costringono a fare i conti con l’impatto economico di questa patologia e con la sostenibilità dei trattamenti a essi dedicati. Per questo “la valutazione economica - ha spiegato l’esperta - è stata condotta secondo la prospettiva del Servizio sanitario nazionale italiano, in quanto assicuratore pubblico che rimborsa agli ospedali i costi per la cura della degenerazione maculare legata all’età, nonché secondo quella sociale, al fine di tener conto dei costi relativi allo stato di cecità sostenuti dalla Previdenza Sociale e dal paziente”.
Dall’analisi è emerso che “secondo la prospettiva del Ssn italiano, il costo incrementale per Quality Adjusted Life Years di ranibizumab è variabile, in funzione della coorte di età considerata, tra 13.000 e 18.000 € circa versus verteporfina, e tra 6.000 e 7.000 € circa versus pegaptanib. Secondo la prospettiva sociale, i costi incrementali per QALY sono risultati sostanzialmente sovrapponibili nelle diverse coorti di età considerate”. In sostanza il farmaco è piuttosto costoso, tuttavia, sottolinea la ricercatrice della Cattolica, “il costo incrementale per QALY guadagnato di ranibizumab risulta essere sempre inferiore alla soglia di accettabilità del National Institute for Health and Clinical Excellence, che, secondo la prassi internazionale, è variabile tra i 22.000 e i 33.000 €/QALY”.
Quindi, aggiunge, “rispetto a verteporfina e pegaptanib, ranibizumab è costo-efficace perché, anche a fronte di un maggiore assorbimento di risorse rispetto ad altri trattamenti, consente di avere un miglior controllo della patologia e una migliore qualità della vita”. In particolare, “ranibizumab garantisce un consistente guadagno in anni di vita in condizioni di buona salute. Nello specifico- conclude Specchia - ranibizumab genera fra i 14,16 e i 3,26 QALY, pegaptanib dai 10,80 ai 2,48, verteporfina dagli 8,93 ai 2,11, rispettivamente nelle fasce di età 60-64 e 80-84 anni”. 

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