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Sabato 23 MAGGIO 2015
Fibrosi cistica: una persona su trenta è portatore sano. Arriva il test genetico 

Negli ultimi 10-15 anni, in Veneto e nel Trentino e in Alto Adige, è stato offerto il test genetico della fibrosi cistica a coloro che avevano un congiunto malato di fibrosi cistica. E da una decina d’anni l’Università di Padova ha avviato una campagna di offerta attiva del test anche alla popolazione generale.

Sulle questioni più controverse, anche i cittadini devono dire la loro opinione sui temi che riguardano la salute. Così, la popolazione può essere chiamata ad esprimere se è opportuno effettuare, mediante un esame genetico, uno screening sulla popolazione per individuare i portatori sani, quindi soggetti non malati, che possono trasmettere la malattia ad un figlio. L’indagine genetica, come riferisce il periodico Negri News, riguarda la fibrosi cistica, una malattia cronica causata da un difetto genetico trasmesso dai genitori. Chi ha ereditato il difetto genetico soltanto da un genitore è considerato portatore sano e non si ammalerà mai della stessa malattia.

Secondo una indagine statistica si rileva che una persona su trenta della popolazione è portatore sano. Normalmente in Italia nasce un bambino con fibrosi cistica ogni 3.500 nati, quindi ne vengono diagnosticati 200 ogni anno. Il progetto, promosso da IRCCS-Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri di Milano, in collaborazione con Zadig e il Centro fibrosi cistica dell’Ospedale Borgo Trento di Verona, segue una indagine eseguita da tre “giurie di cittadini” di Verona, Pistoia e Palermo, ma ora la consultazione è stata allargata a tutta la popolazione, fatta di cittadini comuni, operatori sanitari e chi si occupa specificatamente della malattia, per avere una opinione più ampia. Il progetto ha vinto un bando della Fondazione per la ricerca sulla fibrosi cistica.

Per esprimere la propria opinione i cittadini dovranno collegarsi al sito www.partecipasalute.it e dopo aver letto il materiale informativo e aver risposto a qualche breve domanda, potranno esprimere la propria preferenza rispondendo sì o no alla domanda: “Il Servizio sanitario deve o no organizzare uno screening sulla popolazione con lo scopo di individuare persone sane che potrebbero avere figli malati di fibrosi cistica?
Per aiutare i lettori ecco qualche informazione sulla malattia e sullo screening. La fibrosi cistica consiste nell’assenza o nel malfunzionamento di una proteina che può evolvere in una patologia più o meno grave a seconda degli organi colpiti dalla malattia.

I disturbi più frequenti sono tosse cronica, infezioni respiratorie, malnutrizione, scarsa crescita e infertilità maschile, con una aspettativa di vita che in questi ultimi anni è molto migliorata, fino a 40 anni e oltre. Cure specifiche non ne esistono, salvo terapie per alleviare i sintomi o sostituirsi al lavoro della proteina mancante o mal funzionante. Comunque sono farmaci da prendere tutti i giorni o al bisogno per le infezioni batteriche. Le terapie fisioterapiche quotidiane sono un ottimo strumento per mantenere la funzione polmonare, spesso ridotta. Quando le terapie domiciliare non funzionano e i sintomi peggiorano sono necessari ricoveri ospedalieri per terapie farmacologiche somministrate per via endovenosa.

L’insieme di tutte queste cura e la realizzazione di centri specializzati in tutte le regioni italiane hanno fatto sì che l’aspettativa di vita migliorasse nel corso degli anni e oggi i giovani possono condurre uno stile di vita simile a quello dei coetanei, pur con il fastidio delle terapie. Nelle fasi terminali della malattia può essere previsto anche il trapianto dell’organo colpito dalla malattia, dal fegato al pancreas fino ai polmoni. La gestione della malattia è un calvario non soltanto per i malati, ma anche per le famiglie che sono preoccupate per l’incertezza del futuro dei loro figli, impegnate giorno e notte a dedicare tempo per le terapie.

Lo screening del portatore sano della malattia consiste in un esame genetico per individuare fra gli adulti in età riproduttiva i portatori sani, cioè quelli che hanno soltanto una copia del gene mutato e che possono generare nel 25% dei casi un figlio malato se anche l’altro genitore è portatore della stessa mutazione. L’incertezza dello screening deriva dal fatto che non è detto che i genitori portatori sani debbano sempre produrre nel figlio la malattia, ma sicuramente l’effetto peggiore della combinazione è un figlio malato con una qualità di vita difficile e una aspettativa determinata. Ma ecco qualche dato che può aiutare a capire perché discutere sullo screening genetico.

Negli ultimi 10-15 anni, in Veneto e nel Trentino e in Alto Adige, è stato offerto il test genetico della fibrosi cistica a coloro che avevano un congiunto malato di fibrosi cistica. E da una decina d’anni l’Università di Padova ha avviato una campagna di offerta attiva del test genetico anche alla popolazione generale. Aldilà dei risultato l’effetto è stato che in una certa parte del Veneto i nuovi casi di nati con fibrosi cistica sono enormemente diminuiti, da 4 ogni 10.000 neonati negli anni novanta a 1 ogni 10.000 oggi, contro uno ogni 3.500 della statistica generale. La diminuzione è stata più ridotta in un’altra parte del Veneto e in Trentino-Alto Adige, dove l’offerta del test riguardava soltanto le famiglie a rischio.

Per maggiore chiarezza dobbiamo dire che il test non è sempre affidabile, perché le mutazioni del gene sono 2.000 e soltanto 150 sono conosciute come responsabili della malattia e poche decine riguardano la maggior parte dei casi. Il test genetico si esegue sul dna di un campione di sangue, ma soltanto 4 individui possono essere accertati, mentre uno sfuggirà sempre al test. Il sito al quale collegarsi per avere maggiori informazioni vi informerà anche sulle possibilità offerte alle coppie risultate positive al test. Comunque certezze assolute non ce ne sono. Per questo occorre sempre la consulenza di un medico di fiducia o di un genetista.

Edoardo Stucchi

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