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Lunedì 08 GIUGNO 2015
Infezioni ospedaliere. Laviamoci le mani, ma non solo



Gentile direttore,
la diffusione dei germi sentinella rappresenta sempre di più una minaccia emergente in ambito sanitario. Escherichia Coli, Klebsiella Pneumoniae, Acinetobacter baumannii, Clostridium Difficile, Pseudomonas Aeruginosa, Streptococcus Pneumoniae e Mycobacterium Tuberculosis sono tra i più insidiosi alert in quanto trattasi di microrganismi ad alta virulenza, patogenicità, diffusibilità e resistenza multipla agli antibiotici, non a caso richiedono una refertazione allertata. Il lavaggio delle mani, inteso come precauzione standard, rimane senza dubbio il primo accorgimento nella prevenzione della trasmissione di questo genere di infezioni correlate all’assistenza. Bisogna però non sottovalutare l’importanza di altre condizioni che, complici i graduali cambiamenti che stanno sempre di più caratterizzando il nostro sistema sanitario, se trascurate contribuiscono ad incrementare il problema.
 
La richiesta sempre maggiore di abbattimento dei costi, che si ripercuote con provvedimenti di razionalizzazione delle prestazioni sanitarie e del numero dei posti letto, ha portato innanzitutto ad una sempre più scrupolosa selezione dei ricoveri. I reparti di degenza vengono pertanto occupati per la maggior parte da pazienti anziani, con indice di fragilità e comorbidità più o meno elevato e, di conseguenza, maggior suscettibilità ad agenti infettivi esterni. Il problema si presenta già all’ingresso in pronto soccorso e nei servizi ad esso direttamente collegati, in quanto trattasi di ambienti caratterizzati da intensività e promiscuità assistenziale, spesso affollati a causa dell’aumento dei tempi d’attesa per la difficoltà a smistare i casi in contesti appropriati. Molte volte, prima di essere assegnato ad un reparto, il paziente deve attraversare un percorso in cui i rischi di cadute, lesioni da pressione e, dulcis in fundo, infezioni nosocomiali, rappresentano i principali ostacoli. Il fenomeno poi si acuisce in alcuni periodi dell’anno notoriamente legati all’epidemia influenzale e al fenomeno dell’abbandono e della ridotta disponibilità di cure a domicilio. Tra i contesti maggiormente interessati dal problema spiccano i servizi di medicina generale. In queste degenze il rischio infettivo finisce spesso per associarsi ad un prolungamento del periodo di degenza, a disabilità e ad aumento della mortalità. Trattasi di situazioni che segnano un percorso di sofferenza, complici anche le conseguenze e le restrizioni che l’isolamento comporta per il paziente che lo subisce e per suoi cari, limitandoli nella comunicazione, nell’espressione e nella dignità.

Al problema della carenza dei posti letto va associato quello relativo alle risorse necessarie per gestire l’isolamento. Notoriamente, infatti, questi processi assistenziali richiedono mezzi adeguati da parte di strutture non sempre prontamente organizzate. Ci si riferisce alla disponibilità incondizionata di attrezzature, presidi sanitari dedicati e dispositivi di protezione individuali, oltre che di costosissimi antibiotici, con il risultato di un elevato ed imprevisto aumento della spesa. Altra criticità da considerare riguarda la necessità di adeguamenti strutturali di non sempre facile attuazione, quali: stanze appropriate per isolamento spaziale, potenziamento di percorsi differenziati d’accesso al malato infetto, adeguati mezzi per lo spostamento del paziente e presenza di ascensori dedicati, collegamento diretto con i servizi di diagnostica e laboratorio analisi e con quelli di igiene ambientale. Infine, ma non per questo meno importante, la necessità di personale assistenziale dedicato, numericamente e professionalmente adeguato, la cui ormai nota carenza a livello nazionale può finire, soprattutto in questi casi, per ripercuotersi in modo sfavorevole sulla qualità delle cure e sulla sicurezza lavorativa.

La sintesi esposta sta a testimoniare come l’aumento delle infezioni ospedaliere da microrganismi sentinella dovrà sempre di più occupare un posto di rilevanza prioritaria verso cui siamo tutti coinvolti, dall’ultimo anello della catena sanitaria ai vertici aziendali: dal volontario al caregiver, dall’infermiere al medico, dall’ausiliario allo studente. Se uno solo di questi preziosi anelli si spezza risulterebbero vani tutti gli sforzi messi in atto per tenerli uniti. Per far si che questo non accada bisogna guardare al problema con spirito d’integrazione multidisciplinare e multi professionale, attraverso un approccio rivolto alla risoluzione del problema e non a meri adempimenti burocratici, rafforzando innanzitutto i sistemi di sorveglianza epidemiologica.

Guardare all’implementazione di un modello organizzativo-assistenziale uniforme per governare il fenomeno sarà la sfida del domani. In questo senso in Italia alcuni ospedali hanno da tempo avviato programmi di sorveglianza e controllo degli alert organism tramite provvedimenti volti ad evitarne la trasmissione attraverso il rispetto di pratiche assistenziali basate su evidenze scientifiche, comportamenti professionali corretti, assetti organizzativi e/o strutturali adeguati. Di contro bisogna però constatare che queste pratiche non sono ad oggi omogeneamente diffuse a livello nazionale, e non soltanto a causa di responsabilità individuali. Non si può più aspettare, bisogna liberare risorse, ove necessarie e darsi obiettivi a brevissimo termine mettendo il paziente e i suoi bisogni al centro del processo di cura e il personale sanitario che opera in prima linea nelle condizioni di aiutarlo.

Dott. Massimiliano Vario
Infermiere coordinatore di degenza medica
Azienda Ospedaliera Sant'Andrea - Roma 

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