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Giovedì 11 GIUGNO 2015
I peccati dell’ospedale religioso tra sanità e santità

Ogni tanto Belzebù ci mette coda e zoccolo. Come nella vicenda delle Case di Cura della Divina Provvidenza di Bisceglie, Foggia e Potenza. Il peccato più grande di quella gente è verso le migliaia di persone, operatori sanitari, medici e non, frati, preti, suore, laici, pagati o volontari, che si dedicano per convinzione e credo a curare gli altri. Loro sì che mettono insieme sanità e la santità.

Sanità e santità. Stanno insieme non solo per l’allitterazione fonetica ma anche nella sostanza. Curare gli altri, prendersene carico, include e comprende dedizione e generosità, persino carità, non importa se di matrice confessionale o laica. È quello che succede quotidianamente nei nostri ospedali. Compresi quelli religiosi, caposaldo fondante della storia della nostra spedalità, sin dai tempi del Concilio di Nicea, 325 d.C., quando afferma definitivamente l’eucarestia di Dio che si è fatto uomo e che è dentro ogni persona, quindi “ogni città dotata di Cattedrale abbia anche un proprio ospedale per curare le persone”.

Però ogni tanto Belzebù ci mette coda e zoccolo. Come nella vicenda delle Case di Cura della Divina Provvidenza di Bisceglie, Foggia e Potenza. Gli inquirenti, con un calembour niente male, hanno battezzato l’indagine “Oro pro nobis” (altra allitterazione). Il crac è da 500 milioni di euro, con richiesta d’arresto, tra gli altri, di politici e religiose. Associazione per delinquere e bancarotta fraudolenta le principali accuse per la procura di Trani: “… sembrano aver completamente rinnegato i canoni fondativi della loro missione…un progetto criminoso in danno dei malati”. Da non cavarsela con solo qualche di Ave Marie e qualche Pater Gloria.

La vicenda si aggiunge ad altre storie grigie negli ultimissimi anni riguardanti l’ospedalità religiosa, spesso strutture di grande qualità dove lavorano centinaia di professionisti e volontari di straordinaria bravura e dedizione. La peggiore fu quella del San Raffaele, fallimento da oltre un miliardo e mezzo per, sembra, gli investimenti esotici fallimentari di Don Verzè, prete-manager amico di potenti, passato nel frattempo a miglior vita (riposi in pace, se dove si trova glielo consentono).

In contemporanea ci fu la vicenda del Gemelli di Roma, niente ruberie per carità, ma lo stesso di gran rumore: la vicenda dei neonati infettati dalla TBC. Gemelli e San Raffaele, eccellenze sanitarie assolute, punte di diamante dell’assistenza, ospedali l’uno di Papi, l’altro di Capi di Governo (papi). L’ultima di un certo spessore, seicento milioni il buco, è stata quella dell’IDI di Roma, congregazione proprietaria di ospedali blasonati, industrie farmaceutiche e persino, allora, del più grande e storico centro di ricerche farmacologiche italiano, nel varesotto, poi salvato dall’ennesimo fallimento grazie all’intervento del pio Governatore della Regione. Il frate manager, in Tasmania e cravatta griffata, fu arrestato con l’accusa di usare i soldi degli ospedali per fare affari col petrolio del Congo con faccendieri ed ex spie.

Che pensare? Demoniache presenze che tentano di ottenebrare le indiscutibili virtù degli ospedali cattolici? Complotti giudoplutomassonici orchestrati da qualche invisibile spectre anti vaticana? Avvertimento divino per l’eccessivo Zeitgeist egocentrista odierno, il caso come pseudonimo di Dio quando preferisce non firmare col proprio nome? Non si può servire insieme Dio e Mammona, scrive Matteo (l’Evangelista). E trattandosi di ospedali religiosi, seppure pagati in buona misura dal SSN data la convenzione, il loro profilo di ente ecclesiale pretenderebbe da chi li amministra un impegno morale particolarmente profondo. Castità, obbedienza, povertà i voti dei religiosi. Degli accusati, dei primi due voti non sappiamo, del terzo leggiamo purtroppo dagli atti degli inquirenti.

“Oro pro nobis” l’indagine pugliese. Quella dell’IDI la chiamarono “Todo Modo”, come il romanzo di Sciascia su chiesa, politica e soldi. "Todo modo para buscar la voluntad divina", prega Sant’Ignazio di Loyola, “ogni mezzo per realizzare la volontà divina”. Da non credente mi piace pensare che un’eventuale volontà divina sia esattamente opposta a quella di arricchimento, lo “sterco del diavolo” per Lutero, di religiosi passati dagli altari delle cattedrali a quelli della cronaca giudiziaria, dopo vari passaggi in banca.

Ma il peccato più grande di quella gente è verso le migliaia di persone, operatori sanitari, medici e non, frati, preti, suore, laici, pagati o volontari, che si dedicano per convinzione e credo a curare gli altri. Che regalano a chi soffre parte, a volte tutta, la propria vita, mettendosi al servizio di chi soffre. Quelli che, loro sì, la sanità e la santità le mettono insieme davvero.

Prof. Fabrizio Gianfrate
Economia Sanitaria

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