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Giovedì 25 GIUGNO 2015
Lazio. Mancano i fondi regionali, chiude il Centro Microcitemie di Roma. Ma l'Anmi non ci sta. Botta e risposta con la Regione

“Da tempo chiediamo di avviare l’iter di accreditamento, che comunque prima non era necessario”, replica l’Anmi, che ha lanciato una petizione per la riapertura del Centro. Licenziati intanto 23 dipendenti. La Regione: “I pazienti si rivolgano alle altre strutture”. L’Anmi: “Ma se le altre strutture si rivolgevano a noi!”.

“Siamo già 5.000 e le adesioni alla petizione continuano a crescere giorno dopo giorno. E' il segno evidente che i servizi prestati dal Centro Studi Microcitemie di Roma sono apprezzati da tanti, sia pazienti che medici, biologi, personale dei servizi sanitari della nostra Regione”. Ma questo non basterà a garantire un futuro al Centro Microcitemie di Roma che il 6 maggio, dopo 40 anni, ha dovuto interrompere l’erogazione dei servizi di diagnostica e di assistenza sanitaria per mancanza del consueto finanziamento regionale (l'ultimo, per il 2014, pari a circa 1,6 milioni di euro), che copriva il 90% delle spese di attività. Il problema, però, non sarebbe solo di carattere economico-finanziario. “E’ emerso che si tratta di una struttura privata non autorizzata e non accreditata con il servizio sanitario regionale” e che “la sua attività si è svolta fino al 2014 attraverso progetti, una modalità amministrativa che non è più possibile adottare né prorogare”, ha spiegato la Regione in una nota del 23 giugno, in cui si diceva disponibile a “trovare soluzioni” ma invitava il Centro a “seguire il percorso legittimo per ottenere autorizzazione e accreditamento rispettando i requisiti strutturali e organizzativi previsti”.

“Aspettiamo una convocazione”, ha replicato Antonio Amato, Direttore Centro Studi Microcitemie di Roma - ANMI Onlus, che però, rispetto alle parole della Regione, ha voluto fare precisare che "l’ANMI Onlus è una struttura di privato sociale che, attraverso il Centro Studi Microcitemie di Roma, ha garantito ai cittadini del Lazio, gratuitamente per tutti, servizi di riconosciuta eccellenza per la prevenzione e la diagnostica delle patologie emoglobiniche, con un programma regionale finanziato in buona parte dall’Assessorato alla Salute per 40 anni. Per tali modalità non occorreva alcun accreditamento esistendo una specifica convenzione con la Regione Lazio. Solo dal 2011 è stata imposta all’ANMI la modalità del progetto annuale, facendo comunque riferimento, in ogni decreto emanato alla suddetta convenzione mai ufficialmente disdettata dalla Regione. In ogni caso l’ANMI ha, più volte reso nota, in sede regionale, la disponibilità di avviare l’iter per l’accreditamento delle proprie attività, ma ha anche ugualmente specificato la necessità di disporre di un finanziamento per gli aspetti tecnici derivanti dall’accreditamento stesso, in quanto le ultime risorse disponibili erano state impiegate, nei primi mesi del 2015, per garantire la prosecuzione degli screening e della diagnostica, in attesa di una risposta della Regione Lazio che è pervenuta solo il 14 Maggio scorso".
 
In mancanza di risposte, e una volta esaurito il fondo sociale, all'ANMI non è restato altro da fare se non procedere al licenziamento di 23 dipendenti, che in verità continuano a presidiare la struttura e rimangono, da volontari, a servizio dei pazienti che ancora si rivolgono al Centro per consulenze od orientamento. Amato, peraltro, rispedisce al mittente l’offerta della Regione a “prendere in carico il personale tra biologi e tecnici che ha titolo e che esegue circa 500 prestazioni l’anno di studi diagnostici ed in particolare del DNA dei geni globinici” al fine di “potenziare l’attività di III livello”. E non ci sta neanche a sentirsi dire che i pazienti possono facilmente sostituire le prestazioni ricevute dal Centro con quella di alte 7 strutture regionali “in grado di fornire l’assistenza richiesta e cioè di garantire la diagnosi e la gestione del completo percorso assistenziale dei soggetti con sospetta o confermata diagnosi di microcitemia rara”. Strutture che, replica Amato, “in vari modi ed in tempi diversi, ci risulta che si servivano dei servizi del Centro per la soluzione delle problematiche diagnostiche di propria pertinenza”.

L’ANMI Onlus sollecita dunque la Regione a fare il possibile per ripristinare le funzioni e i servizi sanitari del Centro. “Siamo disponibili al dialogo costruttivo” e “rimaniamo, come ormai da tempo, in attesa di convocazione” per discutere su concrete e rapide ipotesi di soluzione delle attuali problematiche a fronte del “pressappochismo” e della “arroganza” con cui finora è stato trattato “questo prezioso servizio sanitario” e, con esso, “gli oltre 70.000 microcitemici del Lazio che perdono il loro principale riferimento per controlli e assistenza” e “le oltre 1.300 coppie a rischio a cui è stata offerta sempre la più attenta e rispettosa consulenza genetica e procreativa. Ne è testimonianza il costante aumento di adesioni alla petizione on-line su change.org; ed i numeri hanno il loro peso soprattutto se rappresentano la salute dei cittadini”.

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