quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Lunedì 29 GIUGNO 2015
Errori in sanità. Su 8 milioni di ricoveri ogni anno 320mila casi. Ma 2 su 3 sono evitabili

E' il dato emerso nel corso di un convegno organizzato dall'Associazione Salute e Società Onlus e dall'Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma con il Patrocinio della Regione Lazio. Negli ultimi 25 anni il numero di denunce a carico dei professionisti è cresciuto del 300% e in tutta Italia le cause pendenti sono 12.000, per richieste di risarcimento danni superiori a 2,5 miliardi di euro a cui si aggiungono circa 13 miliardi di spesa.

Entrano in ospeale con la paura di uscirne conciati peggio: un paziente su due teme di essere vittima di errori medici in clinica e lo spauracchio che più preoccupa è il sovraffollamento dei Pronto Soccorso, perché la maggioranza pensa che nel caos che spesso affligge i reparti di emergenza, sviste e dimenticanze possano essere più probabili. Timori purtroppo non del tutto infondati: stando ai dati discussi durante il convegno “Paziente sicuro in ospedale”, organizzato dall'Associazione Salute e Società Onlus e dall'Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma con il Patrocinio della Regione Lazio, sugli otto milioni di ricoveri che si verificano ogni anno in Italia si registrano 320.000 casi di danni o conseguenze più o meno gravi per il paziente provocati da errori in parte evitabili.

In circa due casi su tre gli incidenti sono diretta conseguenza di problemi organizzativi, solo in un terzo dei casi c'è una negligenza o imperizia da parte del personale sanitario. Nonostante questo, negli ultimi 25 anni il numero di denunce a carico dei professionisti è cresciuto del 300% e in tutta Italia le cause pendenti sono 12.000, per richieste di risarcimento danni superiori a 2,5 miliardi di euro a cui si aggiungono circa 13 miliardi di spesa per il Servizio Sanitario Nazionale dovuti alla medicina difensiva. Per ridurre la probabilità di errori e restituire ai pazienti la fiducia negli ospedali, la Regione Lazio ha emanato per la prima volta nuove Linee Guida per la gestione del rischio clinico in ospedale: dallo scrivere in stampatello sulle cartelle cliniche all'uso di strumenti informatici per la registrazione di terapie ed esami, agli obiettivi concreti per i primari e i direttori generali, le soluzioni per ridurre i pericoli sono spesso semplici e alla portata di tutti.

“Le situazioni in cui si può commettere un errore in corsia sono molte, ma tutti gli studi svolti a oggi indicano che la maggioranza degli sbagli potrebbe essere evitata – spiega Alessandro Boccanelli, presidente dell’Associazione Salute e Società Onlus e co- presidente della Società Italiana di Cardiologia Geriatrica (SICGE) – L'84% degli errori viene commesso trascrivendola: il collega o l'infermiere non comprende la scrittura del medico che ha indicato la cura e questa viene modificata. La soluzione è banale: basterebbe scrivere sempre in stampatello sulle cartelle cliniche per prevenire moltissimi guai, visto che proprio gli errori di prescrizione sono responsabili in un caso su due degli “incidenti” durante i trattamenti, mentre gli errori di somministrazione sono il 26% e quelli di distribuzione il 14%. Si stima che ogni 100 ricoveri si verifichino circa 4 errori, ma solo un terzo è davvero colpa del medico: nella maggioranza dei casi i problemi derivano da un'organizzazione inadeguata, dall'uso di strumenti obsoleti, da incomprensioni banali sulla cartella clinica”.

Tutto questo ha conseguenze economiche pesanti: le denunce per lesioni dei pazienti vittime di errori ospedalieri sono in crescita esponenziale, con un valore medio dei sinistri di circa 40.000 euro e quasi la metà dei casi riconducibili ai reparti di chirurgia generale, ortopedia e Pronto Soccorso. “Purtroppo l'incremento delle denunce ha ripercussioni consistenti sull'attività dei medici – osserva Boccanelli – Il 92% ritiene che l'impatto delle norme che regolano la responsabilità medico-legale sul normale svolgimento del rapporto medico/paziente sia molto forte, l'86% considera il rischio di subire una denuncia come uno dei fattori di maggiore preoccupazione professionale, l'83% teme di perdere il proprio patrimonio e il 77% la propria reputazione. Con queste premesse il lavoro non può essere sereno e ciò non può che far aumentare il rischio di incidenti”.

Ecco perché la Regione Lazio, dove la maggioranza degli ospedali, fra cui ad esempio il San Camillo e il San Giovanni, si trova nella fascia di rischio più alta per la complessità delle procedure che vi vengono eseguite, ha deciso di mettere a punto Linee Guida per il contenimento del rischio clinico. L'obiettivo non è colpevolizzare i medici, ma svolgere una funzione di prevenzione in cui si impari dagli errori e si offrano soluzioni, identificando le circostanze più a rischio e proponendo percorsi che riducano i pericoli in maniera semplice ed efficace. Per evitare gli errori spesso bastano piccoli accorgimenti come una checklist o anche la sola consapevolezza da parte dei medici delle circostanze in cui è più importante non abbassare la guardia.

“Un esempio sono le infezioni ospedaliere, fra le evenienze che più spesso mettono a rischio i ricoverati per colpa di errori evitabili: circa il 5 % dei pazienti contrae un'infezione in ospedale, soprattutto a livello delle vie urinarie o della ferita chirurgica, e si stimano circa 450.000 casi ogni anno- commenta Stefano Pompili, Direttore Sanitario dell’Ospedale San Giovanni Addolorata di Roma- Due su tre sono praticamente inevitabili perché connesse alla malattia del paziente, a difese immunitarie compromesse e a proliferazione di microrganismi resistenti agli antibiotici. Ma circa un terzo potrebbe essere evitato: significa che 135.000 infezioni potrebbero essere risparmiate semplicemente migliorando l’organizzazione dei nostri ospedali” conclude Pompili.

Durante il convegno, a cui erano presenti clinici, avvocati, magistrati, direttori sanitari, medici legali e risk manager ma anche rappresentanti dei cittadini, infermieri, sociologi e psicologi, sono state discusse ulteriori proposte per rendere più sicura la permanenza dei pazienti in ospedale, con un occhio di riguardo per i diritti del cittadino. “Il paziente deve essere costantemente informato, deve poter accedere alla propria documentazione sanitaria e va messo al centro del sistema – dice Boccanelli – Nel momento in cui il cittadino diventa paziente stipula di fatto un contratto che va rispettato da entrambe le parti, sia con il medico che con la struttura: deve essere stabilito un buon rapporto medico paziente, l'atteggiamento deve essere amichevole e di accoglienza. Soprattutto, occorre sempre partire dalle esigenze di cura del malato e verificare a ogni passo che a queste venga data la risposta adeguata”.

© RIPRODUZIONE RISERVATA