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Venerdì 03 LUGLIO 2015
Farmaci. Dagli anni senza regole al payback. Ma il sistema è ancora lontano dall’efficienza

Progressi e criticità del sistema di governance dal 2000 ad oggi. A fine anni ’90 la farmaceutica era quasi del tutto sguarnita di regolazione. Oggi, gli abbattimenti generalizzati dei prezzi e le revisioni frequenti dei Prontuari, cui si è fatto storicamente ampio ricorso, hanno lasciato spazio al pay-back. Ma nonostante ciò siamo molto lontani dall’efficienza produttiva e distributiva. IL DOCUMENTO

Dal 2000 a oggi la struttura di governance della spesa farmaceutica è cambiata molto. A fine anni ’90 la farmaceutica era quasi del tutto sguarnita di regolazione. La governance confermava la spesa storica più, quando le condizioni lo permettevano, un trascinamento positivo o, in caso di necessità, interventi drastici di compressione il cui esempio più lampante è arrivato nella fase di preparazione della finanza pubblica per l’ingresso nell’Euro (prima metà degli anni Novanta).
 
Oggi, gli abbattimenti generalizzati dei prezzi e le revisioni frequenti dei Prontuari, cui si è fatto storicamente ampio ricorso, hanno lasciato spazio al pay-back. Anche la struttura del payback si è evoluta: il ripiano dello sfondamento ha passo per passo esentato i farmaci di riferimento tra gli off-patent, gli orfani e quelli innovativi. Per questi ultimi (sia di fascia “A” che “H) è previsto un apposito Fondo che tuteli il loro prezzo/fatturato nei primi 1-3 anni dal lancio, chiamando al ripiano, in loro vece, tutti i farmaci brevettati ma non innovativi.
 
L’evoluzione del pay-back ha riguardato anche il bilanciamento tra spesa territoriale e spesa ospedaliera, con spostamento di risorse (in termini di livello del tetto di spesa) dalla prima alla seconda. È in fascia “H”, infatti, che si sono registrati e sono attesi per il futuro i tassi di crescita più forti, connessi ai farmaci innovativi biotecnologici e salvavita. Per favorire la loro presenza su tutto il territorio nazionale, è stato stabilito che entrino de iure in tutti i Prontuari una volta che sia sopraggiunta l’autorizzazione all’immissione in commercio dell’Aifa.
 
Progressi sono stati compiuti anche nella diffusione degli equivalenti più economici, sostenuti sia dalla già citata esclusione dal pay-back dei prodotti di riferimento per il reference pricing (per evitare sovrapposizioni di interventi), sia dalla previsione di margini di ricavo più elevati per la farmacia che distribuisce prodotti equivalenti. Inoltre, se il prodotto equivalente si propone con un prezzo sufficientemente ribassato rispetto all’originator già a carico del Ssn, può automaticamente esser posto anch’esso a carico del Ssn.
 
I passi avanti non devono nascondere le debolezze che ancora permangono. In estrema sintesi, sono due le linee evolutive riconoscibili nella struttura della governance dal 2000 a oggi: da un lato, lo spostamento di risorse dalla fascia “A” alla “H” di pari passo con la dinamica dei fabbisogni; dall’altro, lo spostamento di quote di ripiano dello sforamento del tetto dalle Regioni alle imprese farmaceutiche, come conseguenza delle difficoltà di finanza pubblica esacerbate dalla crisi.
 
Tant’è che, proprio per evitare di deresponsabilizzare eccessivamente le Regioni, nel 2013 si è deciso di assegnare solo il 20% delle risorse del pay-back in proporzione agli sfondamenti di spesa “H” nelle singole Regioni. Ad oggi, queste linee evolutive tracciano il quadro di una governance che non ha ancora raggiunto un suo equilibrio, soprattutto se si pensa alle dinamiche prospettiche dei fabbisogni (farmaci biotecnologici e salvavita) che difficilmente potranno esser accomodati con ulteriori rimodulazione dei tetti o con ulteriori spostamenti di quote di ripiano dalle Regioni alle imprese.
 
I dati annuali riportano di un tetto di spesa in fascia “H” che continua a esser sforato per ammontari consistenti (50% del suo valore); un pay-back di queste proporzioni per forza di cose perde le sue proprietà positive e di efficienza e assume le fattezze di un pie’ di lista a carico delle imprese e della filiera. Inoltre, non si deve sottovalutare che il rispetto del tetto in fascia “A” è stato nel tempo “aiutato”: da alcune riduzioni dei prezzi (una, quella del 5%, prorogata dal 2006 a oggi), da modifiche del Prontuario e, da ultimo anche dalla esclusione dei ticket dalla definizione di spesa a ripianare. In particolare, quest’ultima scelta non deve creare illusioni “monetarie”: se è vero che la spesa che pesa sul bilancio pubblico è quella al netto dei ticket, è altrettanto vero la sostenibilità del sistema deve tener conto anche della quota di finanziamento posta a carico dei cittadini, che diventano categoria residuale dopo l’esclusione degli altri pagatori.
 
Di fatto, l’esclusione del ticket sposta stabilmente una quota di pay-back dalle imprese ai cittadini. Quell’esclusione non ha realizzato nessuna riforma sul lato della spesa, semmai ha coinvolto altri soggetti (le famiglie) sul lato del finanziamento e del pay-back. Il copay diviene tout court pay-back. Sarebbe forse più corretto riferire la sostenibilità non alla spesa che entra nel bilancio pubblico in senso stretto, ma al fatturato industria, senza scorporo della quota di compartecipazione a carico dei cittadini.
 
Alla ricerca di coperture strutturali, non si può ignorare che esistono ancora ampi margini di crescita per il comparto  degli equivalenti economici degli offpatent sia in fascia “A” che in fascia “H”.
 
In fascia “H” con più forza si dovrebbe cercare di ottimizzare il procurement anche con aggregazione della domanda di Ao e Asl, e di migliorare e rendere periodici i confronti tra prassi prescrittive. In fascia “A” l’efficientamento passa per una riforma definitiva della distribuzione al dettaglio, con rimozione della pianta organica e liberalizzazione dei margini di ricavo a partire da un prezzo massimo al consumo. Non solo costerebbe di meno la distribuzione, ma la concorrenza favorirebbe la canalizzazione al consumo dei medicinali più economici.
 
Il recente lavoro di Kanavos (2014) mostra come, nel confronto internazionale, l’Italia abbia una penetrazione degli equivalenti economici nettamente inferiore ai Paesi direttamente comparabili. Mostra, oltretutto, come, sotto l’apparente virtuosità di prezzi medi inferiori agli altri Paesi, in Italia i prezzi degli equivalenti economici si stabilizzino a un livello significativamente superiore che altrove e lì restino fermi per lunghi periodi.
 
I dati Oecd di “Health at a Glance” concordano con queste evidenze. Si è molto lontani da quell’efficienza produttiva e distributiva che è condizione per rigenerare risorse dal comparto dei farmaci “tradizionali” a quello dei farmaci biotecnologici dove R&D e innovazione si concentreranno in futuro e dove le categorie di equivalenza e sostituibilità sono più complesse e delicate.
 
Il vero punto aperto sembra essere proprio questo: il pieno efficientamento di produzione/distribuzione dei farmaci che “conosciamo bene”, per poter mantenere una governance in tutti i sensi più prudente sui farmaci di nuova generazione, a vantaggio del loro sviluppo, della loro tempestiva disponibilità per i cittadini (con eliminazione della pletora di Prontuari locali e di relative Commissioni), e del controllo strutturale della spesa. Stupisce non poco, invece, sentir dire, anche in ambienti esperti, che sul fonte dei prezzi dei medicinali, della concorrenza tra off-patent e dei costi della distribuzione l’Italia abbia già raggiunto i risultati e che nulla si possa più ottenere. Non è un caso, invece, che nell’agenda “Cottarelli” questi snodi compaiano ancora. L’industria, per rilanciare i progetti innovativi e dotarli di risorse adeguate e strutturali, è disposta a far funzionare questo circuito virtuoso?
 
Redazione Reforming.it

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