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Martedì 22 SETTEMBRE 2015
“Adesso basta. Se vogliamo evitare la catastrofe serve un  Jobs act anche per i medici”. Intervista a Domenico Montemurro il leader dei giovani dell’Anaao: “Ma non chiamateci rottamatori”

Alla vigilia della seconda conferenza nazionale del settore giovani del più grande sindacato della dirigenza del Ssn abbiamo incontrato il suo responsabile nazionale. “La nostra assise sarà diversa, anche nel metodo di lavoro. Niente palchi ma tanti tavoli per discutere e fare proposte”. “Noi rottamatori? Ma non scherziamo, siamo prima di tutto medici e sappiamo bene che l'esperienza di chi viene prima di noi è fondamentale”

Un Jobs act a tutele crescenti per risolvere il problema della disoccupazione giovanile. Ulteriore stretta al numero chiuso per le iscrizioni a medicina fissando un tetto non superiore ai 7 mila ingressi l’anno e l’aumento immediato dei contratti di specializzazione e di formazione in medicina generale. Ma anche bocciatura senza appello del recente Dpcm sul precariato che non sta risolvendo la piaga dei medici precari a vita. Tant’è che addirittura in alcune regioni, anziché assumere, si sta licenziando per pareggiare i conti e i bilanci di Asl e ospedali.

I giovani dell’Anaao, che si riuniranno a Napoli i prossimi 24 e 25 settembre per la loro seconda Conferenza nazionale, escono allo scoperto con una serie di controproposte per dare finalmente risposte concrete alla disoccupazione medica. Ma questa seconda conferenza del settore giovanile dell’Anaao Assomed si caratterizzerà anche nel metodo di lavoro. Niente tavolo di presidenza vecchio stile con palco relatori a latere ma tanti “tavolini” in platea, dove i giovani delegati discuteranno tra loro per elaborare tesi e proposte che confluiranno in assemblea plenaria alla fine dei lavori. Insomma una sorta di “Leopolda medica”.

E con le prime Leopolda di Renzi ci sono anche altre assonanze. Da questi tavolini ci si aspetta infatti che emerga anche una nuova generazione di sindacalisti capace di raccogliere il testimone della vecchia guardia. Ma, a differenza del “rottamatore” Renzi, qui il tutto sta avvenendo in modo soft senza strappi e notti dei lunghi coltelli. Forse perché, giovani o no, si tratta comunque di medici, e un buon medico sa che il bene più prezioso resta comunque quello dell’esperienza che solo alcuni “vecchi” maestri sanno come tramandare. Sia nella professione che nel sindacato.
Di tutto questo, a 48 ore dall’assise napoletana, parliamo con Domenico Montemurro che del settore Anaao Giovani è il responsabile nazionale.
 
Dottor Montemurro, secondo appuntamento nazionale per Anaao Giovani. Anche voi state diventando “vecchi”?
Non direi. Anzi in questa seconda conferenza nazionale proveremo a segnare un cambio di passo anche nel modo di lavorare.
 
E cioè?
Nella prima giornata ci saranno tavoli di confronto che analizzeranno a 360 gradi le diverse priorità ed esperienze che interessano la sanità e le loro ricadute sulla categoria. Tavoli composti da quindici persone con la conduzione di un discussant “senior” e un giovane collega. Quanto emergerà sarà riportato in un’assemblea plenaria con l’obiettivo di valutare nuove idee e proposte. L’intenzione è creare tutti i presupposti per realizzare un passaggio del testimone tra quanti hanno finora portato avanti con grandi risultati l’opera del sindacato e le nuove generazioni di medici. Un passaggio del testimone che sta avvenendo in un clima di fattiva collaborazione.
 
Ricorda un po’ lo schema delle Leopolda di Renzi. Anche voi “rottamatori” come il nostro premier?
Non scherziamo. Qui nessuno vuole, e soprattutto pensa, di rottamare qualcuno o qualcosa. L’Anaao è quella che è anche per la sua capacità di innovarsi restando se stessa in tutti i suoi 56 anni di vita. La decisione di creare il settore Anaao Giovani, del resto, è stata di chi il sindacato lo dirige, a dimostrazione che il rinnovamento è nel Dna di questo sindacato. Non serve alcun rottamatore, ci rinnoviamo naturalmente. Forse anche perché siamo medici e sappiamo bene quanto sia importante l’esperienza di chi è venuto prima di noi.
 
Quali saranno i temi principali nell’agenda dei tavoli di discussione?
Organizzazione del lavoro, responsabilità professionale, previdenza, sono i temi principali. Ma approfondiremo anche questioni poco dibattute come ad esempio la struttura della retribuzione, perché tanti non conoscono da cosa sia composta la propria busta paga, e i “tranelli” che si nascondono. E ancora, tutte quelle tematiche legate all’attività libero professionale in intra e in extramoenia. In particolare se l'attività intramoenia possa considerarsi un volano o meno per le Aziende e i giovani. Soprattutto non tralasceremo il problema della formazione medica, perché è la causa principale del precariato medico. Quindi quale migliore sede se non quella di Napoli per trattare questi argomenti?
 
Intanto, ci dica subito: come vedete il numero chiuso? Per i vostri antenati del ’68 era come fumo negli occhi?
Quella è ormai preistoria. Le nostre posizioni sul tema sono chiare. Il numero chiuso per medicina deve essere mantenuto e ancor più ristretto, senza alcuna “fuga” verso il sistema alla francese, che il primo anno apre le porte a tutti, salvo poi “tagliare” negli anni successivi. Serve quindi una pronta inversione di rotta nella programmazione universitaria agganciandola finalmente ai reali fabbisogni del nostro sistema sanitario. Anni di cattiva programmazione ci hanno infatti lasciato in eredità una pletora medica abnorme che non sarà riassorbita neanche dall’imminente fuoriuscita dal sistema sanitario di circa 90mila “vecchi” medici che andranno in pensione tra il 2014 e il 2023, con un picco a partire dal 2017. Secondo i nostri calcoli, infatti, e sempre che il turn over sia sbloccato definitivamente come promesso, resteranno “a casa” comunque ben 26 mila medici che resteranno senza lavoro e senza contratto di specializzazione o di formazione in medicina generale. 
 
Come uscire dall’impasse?
Mantenendo per l’appunto il numero chiuso per le iscrizioni a medicina, con un tetto non superiore ai 7 mila ingressi l’anno e aumentando di contro i posti di specializzazione portandoli ad almeno a 8 mila l’anno per far fronte, nell’immediato, alla gobba pensionistica alla quale assisteremo nei prossimi anni. E ancora, diminuendo il numero degli anni di formazione per alcune scuole di specialità con l’obiettivo di ricavare ulteriori contratti di formazione. E naturalmente inserendo i medici in ospedali di insegnamento. Ma il tema più scottante da risolvere sarà come trovare occupazione a questo esercito di 26 mila disoccupati e senza specializzazione.
 
Cosa proponete?
L’introduzione di un jobs act a tutele crescenti. L’idea è quella di consentire alle aziende sanitarie di assumere senza vincoli per un periodo di tre anni, e poi di far scattare l’assunzione a tempo indeterminato, se si vuole continuare la collaborazione. Un triennio che consentirebbe ai medici di acquisire una serie di skills fondamentali. Si potrebbe anche ipotizzare una collaborazione tra l’Università e le Aziende sanitarie per creare una sorta di database degli specialisti, divisi per specialità e skills acquisite, da “utilizzare” per i fabbisogni ospedalieri. Questo consentirebbe di superare i vecchi sistemi di accesso per concorso e assumere in base a capacità reali verificate periodicamente, superando il concetto di dotazione organica.
 
Fin qui per il futuro delle nuove generazioni di medici, ma per quelli che da anni vivono la condizione di precari?
Il Dpcm precari del marzo scorso ha risolto ben poco. È stata soprattutto un’operazione di facciata. Tra contratti a tempo determinato e atipici ci sono almeno 14 mila persone che vivono in una situazione di precarietà. Numeri elevati ai quali il Dpcm non ha dato risposte in quanto stabilizzerà meno del 50% dei medici. Ad oggi nulla è accaduto. E d’altro canto se si scrive una legge dicendo che le Aziende hanno solo la facoltà e non l’obbligo di emanare concorsi per coprire fino al 50% dei posti disponibili cosa ci si aspetta? Se a questo ci aggiungiamo i nuovi standard ospedalieri, la situazione peggiora: tra chiusure e accorpamenti dei reparti ci saranno sempre meno posti di lavoro a fronte di Università che continuano a sfornare medici senza “paletti”. E i Direttori generali poi, pur di non sforare i bilanci non faranno nulla per garantire un futuro stabile ai professionisti, anzi licenzieranno senza assumere. Il risultato? Un aumento del numero dei giovani medici disoccupati. Un fenomeno che si sta già verificando in alcune Regioni. Cito a memoria: Molise, Abruzzo, Campania, Puglia e Sicilia hanno già iniziato a licenziare giovani medici. È inaccettabile. Non si può non dare battaglia su questo!
 
Ester Maragò

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