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Lunedì 21 SETTEMBRE 2015
Veneto. Bottega (Nursind): “Con 'azienda zero' deriva aziendalistica dei servizi sanitari più avanzati”



Gentile direttore,
le riflessioni espresse dal prof. Cavicchi in merito al PdL 23 “istituzione dell’ente di governante della sanità regionale veneta denominato ‘azienda per il governo della sanità della regione del Veneto – azienda zero’. Disposizioni per la individuazione dei nuovi ambiti territoriali delle ULSS.” a firma del presidente Luca Zaia, penso colgano nel segno, sotto diversi aspetti, l’evoluzione dei sistemi sanitari regionali e la possibile deriva di una sanità, quella veneta, che voleva essere un modello di paragone non tanto con le altre realtà interne al paese ma con i paesi più evoluti del nord Europa.
 
A livello nazionale stiamo, infatti, osservando uno snaturamento dell’aziendalizzazione come dalla riforma del 1992 è stata concepita (derivante dalle Unità Sanitarie Locali che ora di locale non hanno più nulla) a favore di agglomerati di apparati sempre più grandi, prima di area vasta poi provinciali (ASP) ora regionali (ASREM, ASUR) o interprovinciali (AUSL Romagna o i “cantoni” toscani). Dimensioni e governance che, da regione a regione, si propongono come paradigmi di una gestione efficiente ed economica della sanità ma che sembrano più che altro tentativi di adeguamento contro il definanziamento della sanità nazionale. Ha ragione Cavicchi quando parla di controriforma. Anche il Veneto ora ha la sua bozza di legge di controriforma. Il virtuoso Veneto che da un estremo passa all’altro. Che da 21 ULSS passa a 7+0. Meglio, 7 ULS e un’azienda zero. Che da una governance politica (Assessorato, Giunta, Consiglio Regionale, V Commissione) passa a una governance pseudo tecnica considerato che le scelte di programmazione sono sempre politiche indipendentemente da chi le compie.

Una deriva verticistica in ambito sanitario che stride con il federalismo leghista e che sembra appiattirsi sul modus operandi del PD nazionale di governo. Più che padroni a casa nostra possiamo aspirare a essere servi a casa nostra, attraverso un neocentralismo in salsa veneziana. Lo dico anche forte dell’esperienza lavorativa all’interno della sanità veneta. Una sanità che forse funziona meglio che in altre parti per merito, ho sempre pensato, non di questo o quel modello ma per la disponibilità degli operatori (medici, infermieri, tecnici, OSS, …) che non sanno dire di no a chi chiede aiuto e che compensano oltre il dovuto le carenze del sistema. C’è una sorta di autodeterminazione e autodirezione che ci spinge sempre a farci carico dei problemi della gente e trovare una soluzione che ci coinvolga e, soprattutto nelle strutture provinciali, si è consci di curare persone che prima o poi si incontrano per strada, non estranee alla realtà in cui si vive.

Di questo spirito di prossimità dei professionisti se ne perderà traccia se almeno non si troverà una dimensione più congrua al riordino delle aziende (2 ULSS per provincia?) e se la valorizzazione e la fiducia nelle persone, cittadini e operatori, non tornerà ad essere il fondamento dei servizi collettivi.
Non ho mai creduto che un uomo solo al comando – il futuro direttore dell’azienda zero – potesse essere la soluzione dei problemi di governance della sanità in generale e di quella veneta in particolare. Ciò che mi stupisce nel PdL 23 è che prima di tutto l’azienda zero assume da subito le funzioni ora espletate dagli organi a valenza politica della regione (assessorato, consiglio regionale) assumendo in se stessa le funzioni di controllato e controllore, che non danno di per sé un risparmio economico, e solo in un secondo momento le funzioni di accentramento degli acquisti e di gran parte della tecnostruttura che invece potrebbero avere una valenza di economia di scala a breve termine.

Non sembra strano ciò? A che pro questa scelta? E se la persona sola al comando facesse una scelta sbagliata? Tutti ne pagheremmo le conseguenze, operatori e cittadini. Non è forse troppa responsabilità? Chi sarebbe disposto a prendersela? E a che costo? Domande a cui non so dare una risposta ma che sarei interessato ad averne una. Un’inversione di prospettiva e di ordine che fa prevalere l’aspetto autoritaristico della governance che pone ulteriore discredito sul management aziendale e sui lavoratori delle ULSS venete come nel caso delle ispezioni all’ULSS 6 di Vicenza.

Snellire l’apparato amministrativo, razionalizzare gli impianti di laboratorio, centralizzare gli acquisti, gli uffici economici, gli uffici legali, i concorsi, ecc. significa ottimizzare la spesa senza intaccare i servizi ai malati - e su questo sono d’accordo - ma non porre fiducia sulle competenze degli operatori riconoscendo loro la capacità di compiere scelte per il bene del paziente significa snaturare (de professionalizzare) i professionisti della salute che hanno nelle loro scelte la responsabilità della vita di migliaia di persone. E su questo sento di dissentire.

La delibera sull’azienda zero pone dunque più di qualche perplessità ed è indicativa della deriva aziendalistica che i servizi sanitari più avanzati stanno prendendo. Arriveremo al punto di cedere questo ramo d’azienda pubblica?
 
Andrea Bottega
Segretario nazionale Nursind

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