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Venerdì 25 SETTEMBRE 2015
Razionamento delle prestazioni e shift verso il privato. Questi i veri rischi del decreto appropriatezza

Un provvedimento che, se non corretto adeguatamente, scipperà competenze ai medici, determinerà un allungamento dei tempi di diagnosi precoce e porterà soldi alle casse private e delle assicurazioni. Un vero capolavoro per chi sostiene (a parole) il ruolo insostituibile del nostro servizio sanitario

In una mia recente lettera aperta al Ministro della Salute ho cercato di illustrare come per affrontare in modo serio il problema dell’eccesso di prestazioni (inutili e talvolta dannose perché all’origine di  “sovradiagnosi” oltre che di spreco di risorse) sia altrettanto inutile e dannoso limitarsi ad introdurre delle misure di razionamento, specie se di tipo implicito. Meglio sarebbe allora, come suggerisce Cesare Fassari in una intervista al Ministro, definire in modo esplicito e quindi trasparente quali indagini diagnostiche non siano più degne di essere erogate dal SSN.
 
Parlo di razionamento implicito e di shift verso il privato perché questo è quello che il decreto fa in diverse occasioni e oltretutto in modo subdolo e dissimulato. Ed infatti, per citarne alcune, subordinare l’erogabilità delle indagini genetiche per la diagnosi di gravi malattie reumatiche piuttosto diffuse, come artrite giovanile, artrite psoriasica, artrite reumatoide, morbo di Bechet  etc , di competenza esclusiva del reumatologo o dell’immunologo,  al genetista che di tali malattie non ha alcuna esperienza,  significa limitare l’accesso a un test ritenuto uno dei criteri necessari a fini  diagnostici  dalle principali società scientifiche.
 
Così facendo non solo si sottrae al medico di riferimento la possibilità di pervenire ad una diagnosi precoce, ma si obbliga il paziente a spendere altri soldi per accedere ad un altro specialista (inutile ai fini del trattamento) aspettando, tra l’altro, tempi biblici, dato l’esiguo numero di genetisti presenti nelle nostre ASL e AO. Il risultato allora sarà di sicuro lo snellimento delle liste, come sostenuto dal Ministro nella intervista citata, ma questo non dipenderà da un miglioramento dell’appropriatezza. Semplicemente il numero di prestazioni diminuirà perché chi potrà si rivolgerà al mercato privato pur di arrivare ad una diagnosi la cui precocità significa migliore possibilità di trattamenti efficaci e soprattutto minore invalidità.
 
Non diversamente per il test genetico per la celiachia, la cui prescrivibilità viene sottratta (anche in questo caso inspiegabilmente) al vero specialista di riferimento (il gastroenterologo o l’allergologo) per essere consegnato ancora una volta al genetista, con le stesse identiche conseguenze appena illustrate.
 
Un discorso non dissimile riguarda le prestazioni di allergologia. E’ sacrosanto che a prescrivere le IgE specifiche siano solo gli specialisti in allergologia (ma perchè insieme ai dermatologi e non agli pneumologi?), ma per impedire il razionamento di tali prestazioni dovrebbe esserci un numero sufficiente di allergologi. Tutto il contrario di quanto avviene nelle nostre regioni dove, nonostante la prevalenza di patologie allergiche sia del 25-30%, nessuno ha pensato a costituire una rete di servizi sufficientemente distribuiti sul territorio e quasi nessuno dei pochi medici in servizio viene sostituito all’atto del suo pensionamento.
 
Il Ministro Lorenzin non ha ritenuto prendere in nessuna considerazione le proposte contenute nella mia già citata lettera e che qui non ripeto anche perché facilmente consultabile su Quotidiano Sanità. Non mi aspettavo certo che l’On. Lorenzin lo facesse, perché immagino abbia pochissimo tempo a disposizione e moltissime cose più importanti da fare, ma il problema che cercavo di evidenziare rimane quale era.
 
Nessuno, tra i tanti commentatori intervenuti sull’argomento, ivi compresi i sindacati medici, si è speso per proporre nel concreto misure che possano risolvere il problema dell’eccesso di prestazioni che pure esiste ed è reale, e purtroppo nemmeno il Ministro della salute (che invece lo dovrebbe fare per dovere istituzionale) si è spesa per questo. Anzi la sua strategia ha continuato ad essere quella di dare la croce agli altri (sono state le regioni a introdurre le penalità per i medici che io mai avrei voluto) senza   prendersi la responsabilità di dire chiaramente cosa dovrebbe essere fatto per migliorare la qualità del servizio senza tartassare i cittadini.
 
Ancora più grave il comportamento delle regioni la cui unica preoccupazione è stata quella di scaricare sui cittadini i costi delle loro croniche inefficienze senza proporre nulla di alternativo al semplice taglio di prestazioni. E in questo non si è certo distinto il Presidente Chiamparino che, non diversamente dal Ministro, ha semplicemente detto che lui non c’era e che la colpa è del governo che ha tagliato il fondo. Una pantomima all’insegna dello scaricabarile che non avvicina certo il cittadino alle istituzioni!
 
Nel merito del provvedimento il vero problema è la sua totale mancanza di proposte veramente utili al miglioramento della qualità del servizio. Nulla viene detto e fatto per abbandonare la tradizionale visione che giudica, nel bene o nel male, la qualità del servizio solo dal numero di prestazioni fatte (e ora non fatte) e dalla loro frequenza. Si continua a pensare che per migliorare la qualità sia sufficiente adottare misure minimaliste come quelle che limitano il dosaggio del colesterolo nel soggetto sano prima che siano passati 5 anni o altre dello stesso tipo.
 
Nulla viene fatto per incoraggiare i medici ad adeguarsi alle linee guida e ai percorsi diagnostico-terapeutici che pure esistono; nulla viene speso in senso culturale, per implementare reti interprofessionali, reali o virtuali, finalizzate allo scambio di consulenze online per migliorare la capacità dei medici di affrontare problemi clinici complessi confrontandosi in tempo reale con i diversi specialisti
 
Rimane poi il problema altrettanto grave dello shift verso il privato indotto dal decreto e che il Ministro nega con altrettanta forza. Cercherò ora di dimostrare perché è vero il contrario, simulando due situazioni. Prendiamo il caso del professionista che ritenga utile alla sua salute effettuare un controllo dei parametri ematici una volta all’anno seguendo le indicazioni, che nessuno ha mai smentito in primis il Ministero, sulla utilità dei check-up a fine preventivo.
 
A quel professionista oggi si dice, senza neanche troppa convinzione, che tutto questo è assolutamente falso e che per lui è sufficiente una determinazione di colesterolo e trigliceridi ogni 5 anni! E’ del tutto evidente che quel professionista non si convincerà affatto di questa novità pasticciata e che opterà per una assicurazione privata che offra pacchetti precostituiti. E c’è da giurare che le compagnie assicurative non perderanno l’occasione e si attrezzeranno immediatamente per offrire tali servizi a prezzi competitivi.
 
Il secondo punto riguarda la possibilità di accedere ai test genetici di cui abbiamo parlato prima e che riguardano la gestione di malattie che vengono seguite da specialisti del settore. Prendiamo il caso della determinazione dell’HLA ai fini della diagnostica di celiachia. Facciamo l'esempio di un paziente romano che voglia eseguire il test nel pubblico: spenderà circa 37 euro di ticket per accedere, dopo lunga attesa, alla visita medica con il genetista (che non ha alcuna competenza nella gestione della malattia) e altri 50 euro di ticket (tra franchigia e quota fissa su ricetta) per avere la prestazione per un totale di 87 euro; se invece si recherà presso una struttura privata di Roma (la migliore sul mercato) spenderà 120 euro. Alla fine avrà speso solo 33 euro di più ma avrà il risultato in pochissimi giorni. Lo stesso calcolo è valido per le altre indagini di cui abbiamo parlato prima e relative a connettiviti e reumopatie.
 
Questi sono alcuni dei veri problemi che si celano dietro il decreto. Un provvedimento che, se non corretto adeguatamente, scipperà competenze ai medici, determinerà un allungamento dei tempi di diagnosi precoce e porterà soldi alle casse private e delle assicurazioni. Un vero capolavoro per chi sostiene (a parole) il ruolo insostituibile del nostro servizio sanitario.
 
Roberto Polillo

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