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Giovedì 01 OTTOBRE 2015
Terapia intensiva. Gli anestesisti: “Troppi limiti alle visite dei familiari. Italia è tra le più restrittive in Europa”

Un gruppo di esperti riuniti presso la sede Nazionale della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva ha rilevato che nel nostro Paese le Terapie Intensive italiane non modificano le proprie 'visiting policies' neppure quando il paziente è un bambino (9%) o quando il paziente sta morendo (21%). “Non avere restrizioni per l'accesso ai famigliari migliora invece qualità ricovero”. 

Familiari e visitatori hanno libero accesso nel 70 % delle Terapie intensive svedesi, nel 32 % di quelle americane, nel 23 % di quelle inglesi e nel 14 % di quelle olandesi. In Italia, invece, il tempo di visita è limitato a circa due ore al giorno e solo il 2% dei reparti non pone un limite nell’arco delle 24 ore. Le Terapie Intensive italiane non modificano le proprie “visiting policies” neppure quando il paziente ricoverato è un bambino (9%) o quando il paziente sta morendo (21%). Un atteggiamento ancor più restrittivo si registra nei reparti con un alto numero di ricoveri e in quelli delle regioni meridionali e delle isole, dove gli orari di visite sono molto più limitati. Il grido d’allarme è stato lanciato oggi dagli intensivisti Alberto Giannini, Sergio Livigni, Paolo Malacarne, Giovanni Mistraletti, Luigi Riccioni e Maurizio Solca, riuniti presso la sede Nazionale della Società italiana di anestesia, analgesia, rianimazione e terapia intensiva.

“I dati della letteratura scientifica suggeriscono che la liberalizzazione dell’accesso alla Terapie Intensive per familiari e visitatori non solo non è in alcun modo pericolosa per i pazienti, ma è anzi benefica sia per loro sia per le famiglie - hanno ribadito gli esperti - L’apertura della Terapie Intensive non causa un aumento delle infezioni nei pazienti, mentre si riducono in modo significativo le complicanze cardio-vascolari e gli indici ormonali di stress. Non avere restrizioni per l’accesso dei familiari ai reparti di Terapia Intensiva migliora la qualità del ricovero dei pazienti e facilita l’instaurarsi di un rapporto di fiducia tra la famiglia e i curanti”, hanno specificato gli esperti, ricordando quanto sia, invece, importante un ferreo controllo sul lavaggio delle mani.

“Medici e infermieri – hanno aggiunto – devono ricevere specifica formazione per quanto riguarda la comunicazione, la gestione dei conflitti, la capacità di riconoscere e affrontare i bisogni dei famigliari così come la loro ansia e stress”. Secondo i medici intensivisti il nostro bagaglio culturale non può più essere limitato esclusivamente a un knowhow pratico:” nella cura del paziente critico, le competenze cliniche e la dimestichezza con le tecnologie sono una condizione necessaria ma non sufficiente”. Per gli esperti il modello della Terapia Intensiva aperta è inoltre uno strumento utile per la prevenzione dei disturbi psichiatrici nel paziente di Terapia Intensiva. 

“Occorre – hanno concluso gli intensivisti - diffondere una nuova filosofia di cura percepibile nell'intero sistema ospedaliero” ed è quanto emerge anche dalla Proposta di Legge 141 presentata lo scorso 15 marzo 2013 sulle disposizioni concernenti la realizzazione di reparti di Terapia Intensiva aperta.
 

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