quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 02 OTTOBRE 2015
Appropriatezza. Servono sia il bastone che la carota



Gentile direttore,
ha ragione Roberto Polillo quando commenta la trasmissione Porta a Porta sul decreto appropriatezza, anzi. Basterebbe ricordare alcuni passaggi chiave della storia sanitaria degli ultimi 25 anni, per capire quanto sia stata l’inadeguatezza culturale di tutti i contendenti.
 
Fermo restando che, da sempre, “il tema dell’appropriatezza come quello delle buone pratiche è una componente essenziale dell’attività di un buon professionista………” vale la pena ricordare David Sackett, universalmente riconosciuto come il padre dell’EBM, che nel 1996 sul BMJ definiva con precisione la pratica dell’Evidence Based Medicine (base indiscutibile dell’appropriatezza) come “integrazione della competenza clinica individuale con la migliore evidenza scientifica oggettiva disponibile”.
 
Nel suo articolo (Sackett DL, et al “Evidence based medicine: what it is and what it isn't BMJ 1996;312:71) Sackett concludeva con due proiezioni:
1) “l’EBM rimane una disciplina relativamente giovane i cui impatti positivi stanno appena iniziando a essere convalidati e continuerà ad evolversi. Questa evoluzione sarà rafforzata con programmi per medici laureandi, specializzandi, e nei corsi ECM, adottati e adattati alle esigenze degli allievi”.
 
2) “Alcuni temono che la medicina basata sulle prove verrà utilizzata dai gestori della sanita’ per ridurre i costi di assistenza sanitaria. Questo non solo sarebbe un abuso di medicina basata sulle prove, ma suggerisce un fraintendimento fondamentale delle sue conseguenze finanziarie”.
 
Queste proiezioni, ahimè, sono risultate ottimistiche se è vero che, a distanza di 25 anni, rispondere ai bisogni dell’utenza, garantire equità di cure a tutti i cittadini, riorganizzare le cure primarie, abbattere le liste di attesa, umanizzare gli ospedali, ridurre la spesa inappropriata (in particolar modo quella farmaceutica) sono tutti concetti enunciati a gran voce ma non attuati e destinati a rimanere slogan da cavalcare nei periodi pre-elettorali.
Ivan Cavicchi, ha opportunamente analizzato l’evoluzione del concetto di appropriatezza (QS, 4 maggio 2015 e succ.), sottolineandone la distorsione “amministrativa”.
 
 
I costi dell’inappropriatezza (voce più cospicua degli “sprechi” in sanità) sono stati quantificati intorno ai 6 miliardi (Cartabellotta N. Less is more: un approccio di sistema contro la medicina difensiva - I Quaderni di Monitor- 2015). E’ sacrosanto pensare al modo di evitare questi sprechi, a fronte anche della necessità di acquisire nuovi presidii (diagnostici e terapeutici), molto costosi. 
 
Come perseguire questo obiettivo?  É qui che si esplica l’azione del “politico”. Di quali strumenti dispone per indirizzare i vari attori sanitari verso comportamenti professionali appropriati? Purtroppo, sono solo due: “bastone e carota”. Saperli usare nel modo giusto, al momento giusto, con le persone giuste, fa la differenza del risultato! La ministra Lorenzin si sta comportando adeguatamente? Non mi sembra che abbia dimostrato di saper usare la carota!
Dall’altra parte, i medici. Senza inutile demagogia, quanti, al mattino, al risveglio (per dirla alla Bruno Vespa), fanno un pensierino sul come contribuire a ridurre gli sprechi da inappropriatezza prescrittiva? Per quanto ne so, molto pochi!
 
Si comprendono cosi le motivazioni della fondazione statunitense Abim (American Board of Internal Medicine) che nel 2012 ha  lanciato l’iniziativa Choosing Wisely con la collaborazione di Consumer Reports, organizzazione no profit e indipendente di consumatori.
 
In Italia due iniziative hanno sicuramente colto queste “novità”: Slow Medicine (“Fare di più non significa fare meglio” ) e GIMBE (“Framework GIMBE per il disinvestimento in sanità”).
 
Quante societá scientifiche italiane hanno aderito? Ancora troppo poche! 
Se non si riuscirà a cambiare rotta con un comportamento professionale responsabile, è possibile che la sanità continuerà a subire il “razionamento” economico mediante “tagli lineari” (bastone), a danno dei cittadini malati.
 
E’ forse arrivato il momento di ricordare le origini greche della nostra cultura: Medèn Agan, (Niente di Troppo - tempio di Apollo a Delphi).
 
Vincenzo Giammarco
Dipartimento di Medicina - UOSD Endocrinologia
ASL RME - Ospedale S.Spirito

© RIPRODUZIONE RISERVATA