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Venerdì 11 MARZO 2011
Lupus: l’Fda approva il primo farmaco dopo 56 anni

Si tratta di un anticorpo monoclonale in grado di ridurre il numero di linfociti B anomali. Migliora notevolmente la sintomatologia associata alla patologia, ma sono ancora da identificare al meglio i gruppi di pazienti in cui il medicinale offre il massimo dell’efficacia.

La Food and Drug Administration ha approvato mercoledì il primo nuovo farmaco nel trattamento del lupus eritematoso sistemico dopo oltre 50 anni.
Il nuovo medicinale, belimumab, è un anticorpo monoclonale completamente umano che inibisce lo stimolatore dei linfociti B ed è perciò in grado di ridurre il numero di cellule B anomale ritenute coinvolte nell’insorgenza della sintomatologia del lupus. Sviluppato da Human Genome Sciences, sarà commercializzato in collaborazione con GlaxoSmithKline.
“Benlysta [questo il nome commerciale del farmaco, ndr], quando usato con le terapie già esistenti, può essere un’importante nuova opzione terapeutica sia per gli operatori sanitari sia per i pazienti, dal momento che aiuta a gestire meglio i sintomi connessi alla patologia”, ha commentato Curtis Rosebraugh, direttore dell’Office of Drug Evaluation presso il Center for Drug Evaluation and Research dell’Fda.
La decisione dell’agenzia americana si basa sui risultati di due ampi studi clinici che hanno coinvolto più di 1600 pazienti e che hanno confermato l’efficacia e la sicurezza di belimumab. Nei due trial i pazienti sono stati randomizzati per ricevere l’anticorpo monoclonale o un placebo in associazione alla tradizionale terapia. Al termine degli studi i pazienti in trattamento con belimumab hanno mostrato una ridotta attività della patologia. In alcuni casi, che dovranno essere meglio identificati in nuovi trial, il farmaco si è dimostrato particolarmente efficace richiedendo la riduzione della terapia cortisonica.
Al contrario, i pazienti afro-americani arruolati nello studio hanno dimostrato una minore risposta alla terapia. Inoltre, i pazienti in trattamento hanno dimostrato maggiori tassi di mortalità e infezioni gravi rispetto al gruppo con placebo.
Restano insomma problemi da risolvere, ma le aziende produttrici si sono già impegnate a svolgere ulteriori studi per identificare i gruppi di pazienti in cui il farmaco ottiene i migliori risultati e comporta i minori rischi. 

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