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Martedì 22 MARZO 2011
Obesità: è ora di tenere d’occhio la genetica

Presentato il 7° rapporto sull’Obesità in Italia dell’Istituto Auxologico Italiano. Sono 20 milioni gli italiani che hanno problemi di peso. Più al Sud che al Nord, gli uomini più delle donne.Inutile puntare solo sugli stili di vita, fino al 40-70% della responsabilità di sovrappeso e obesità va infatti all’ereditarietà.

È stabile negli ultimi il peso degli italiani. Tuttavia, lentamente, sta cambiando la sua distribuzione. Così se la Campania rimane la Regione dove è più alta la prevalenza di obesità e sovrappeso, lentamente il Nord-Ovest, area tradizionalmente sempre con i valori percentuali più bassi, comincia ad appesantirsi. E se negli uomini negli ultimi 8 anni la prevalenza dell’obesità è cresciuta di quasi 1 punto percentuale fino a toccare il 10,8 per cento, nelle donne (9,1%) si è comincia a registrare un calo dopo un picco raggiunto nel 2006.
Sono alcuni dei dati contenuti nel 7° rapporto sull’Obesità in Italia dell’Istituto Auxologico Italiano che fotografa un Paese sempre più appesantito all’avanzare dell’età. Tra i 45 e i 64 anni solo un uomo su tre è normopeso, mentre per le donne il rapporto è di 1 a 1. Ma l’epidemia di obesità non risparmia i bambini. Tra quelli di 8 anni (la fascia di età in cui si raggiunge il picco) il 36 per cento è in sovrappeso (23,6%) o obeso (12,3%). Drammatico il caso della Campania, dove è obeso o in sovrappeso un bambino su due (49%) in questa fascia di età, una percentuale più che doppia rispetto a quella della Valle d’Aosta, dove la prevalenza è del 23 per cento.

UNA SITUAZIONE DA NON SOTTOVALUTARE - Numeri preoccupanti, insomma, anche se ritraggono una situazione migliore che in altri Paesi occidentali. “I dati sull’obesità, seppure stabili negli ultimi anni, non devono essere sottovalutati”, avverte Giovanni Ancarani, presidente dell'Istituto Auxologico Italiano. “Nel mondo circa 1 miliardo di persone è in sovrappeso e circa 300 milioni sono obese”. Per l’Oms è “uno dei problemi di salute pubblica più visibili e tuttavia ancora trascurati - ha aggiunto - la cui diffusione giustifica la definizione di “epidemia di obesità” o, come la definisce l’OMS con un efficace neologismo, di globesità”.
“Anche i dati riferiti nel nostro Paese non vanno sottovalutati: circa il 10% della popolazione adulta italiana è definibile obesa e il 35% è in sovrappeso, quindi sono oltre 20 milioni gli italiani che hanno problemi di peso”, ha concluso.
Il carico di malattia che potrebbe derivarne è enorme. Alle patologie croniche legate all’obesità, infatti, sono dovuti circa il 60 per cento di tutti i decessi ogni anno. Non stupisce quindi che gli esperti siano alla continua ricerca dei meccanismi che sono all’origine dell’obesità, per poter disporre delle informazioni utili alla scoperta di nuove terapie e trattamenti specifici.

NON SOLO STILI DI VITA - Non è un caso allora se quest’anno un’ampia parte del rapporto è dedicata al rapporto tra obesità e genetica.
“L’influenza della componente familiare dell’obesità, soprattutto dell’obesità estrema, è una nozione abbastanza comune, sebbene in molti casi familiarità significhi anche condivisione di diete e abitudini e non sia necessariamente sinonimo di relazione genetica”, ha spiegato Alberto Zanchetti, direttore scientifico dell’Istituto Auxologico Italiano. Un approccio, questo, che non nega l’importanza degli stili di vita, ma che mira a completare il quadro dell’insorgenza della patologia.
“I cambiamenti della dieta e dell’attività fisica hanno portato a un aumento dell’obesità sia nell’adulto sia nel bambino in un tempo relativamente breve”, ha illustrato Michele Carruba, direttore del Laboratorio di Ricerche sull’Obesità dell’Istituto Auxologico Italiano e Docente di Farmacologia all’Università degli Studi di Milano. “Ciononostante, è importante riconoscere un contributo significativo delle influenze ereditarie sul peso. Diversi studi attribuiscono all’ereditarietà il 40-70 per cento della responsabilità di sovrappeso e obesità. Quindi, il peso è un tratto altamente trasmissibile, con un’ereditarietà che è solo leggermente inferiore a quella che determina l’altezza”. E proprio l’altezza rappresenta un buon esempio di come ambiente e genetica possano interagire producendo risultati il più delle volte poco prevedibili. “Come nel caso dell’altezza, dove i cambiamenti nutrizionali negli ultimi 50 anni hanno contribuito all’aumento sostanziale del valore medio in diverse popolazioni, cambiamenti ambientali che portano a variazioni del peso corporeo si combinano con un guadagno di peso determinato da fattori genetici”, spiega Carruba. “Quindi, gli approcci genetici possono essere applicati per capire i meccanismi coinvolti nell’obesità umana e gli studi hanno contribuito a definire l’obesità come una patologia, piuttosto che una condizione causata da una semplice mancanza di volontà”.

CONOSCENZA NON PALLE DI VETRO - I successi in questo campo negli ultimi anni sono stati tanti e “vi sono evidenze crescenti sul fatto che i fattori genetici siano coinvolti in tutti gli aspetti di regolazione del peso, compresi l’introito calorico e il dispendio energetico”, ha commentato Maria Letizia Petroni, del Laboratorio Sperimentale di Ricerche Nutrizionali all’Istituto Auxologico Italiano.
Anche se è rimasto deluso “chi si aspettava dagli studi di genetica sull’obesità l’arrivo in farmacia o nei laboratori d’analisi di kit per sapere se siamo predestinati all’obesità e quindi destinati all’astinenza da cibo, o se siamo invece liberi di abbuffarci senza pericoli”, ha aggiunto Zanchetti. “Chi invece, più saggiamente, ha sempre considerato la ricerca genetica soprattutto come un nuovo strumento d’indagine, che può mettere in evidenza il ruolo dei geni nelle malattie, riconoscerà i sostanziali progressi raggiunti e ne trarrà auspicio che alcune di queste ricerche possano presto favorire la realizzazione di interventi preventivi, curativi o riabilitativi dell’obesità”.
Certo, “moltissimo resta ancora da fare ed è ipotizzabile che il bisogno di investimenti in questo tipo di ricerca aumenti in maniera significativa. È, del resto, altrettanto ovvio che tali investimenti dovranno essere giustificati dal raggiungimento di reali obiettivi terapeutici in un arco di tempo significativamente ridotto al fine di evitare sprechi inutili”, ha precisato Zanchetti. “In fondo, la ricerca genetica e lo sviluppo di farmaci per la terapia delle obesità genetiche sono appena cominciati”. 

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