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Mercoledì 25 NOVEMBRE 2015
Responsabilità professionale e medici dipendenti. Con la nuova legge tutto risolto? Non proprio

La nuova responsabilità professionale del medico dipendente di struttura pubblica che emerge dalle norme appena approvate dalla Commissione Affari Sociali della Camera presenta molti aspetti degni di un esame approfondito in termini di ricadute concrete sul piano giurisprudenziale di cui è bene tenere conto

La citazione del Prof. Cavicchi, con riguardo al mio intervento al V Congresso politico AIO, mi coinvolge direttamente nel dibattito sul DdL appena approvato dalla Commissione Affari Sociali della Camera.
 
Da Avvocato che da sempre difende la posizione dei medici e degli odontoiatri, le prime riflessioni suggerite dal testo riguardano la “responsabilità per inadempimento della prestazione sanitaria”, per come definita dall’art. 7 del DdL, nella prospettiva del medico dipendente di struttura pubblica.
 
In ordine alla natura di siffatta responsabilità, il testo raccoglie ed elabora, tra l’altro, diversi segnali di cambiamento emersi nella giurisprudenza, soprattutto di merito, degli ultimi anni circa la – diversa – natura della responsabilità in campo sanitario, ormai destinata a diventare – univocamente - al di là delle oscillazioni dei vari Tribunali, responsabilità contrattuale per la struttura (pubblica e privata) e responsabilità extracontrattuale per il medico.
 
L’introduzione di una regola certa al riguardo, a prescindere dai diversi orientamenti del diritto pretorio, è certamente un dato positivo da salutare con favore ma alcune implicazioni operative che dalla regola – finalmente certa - deriveranno suscitano serie perplessità.
 
La circostanza che il paziente possa agire direttamente contro la struttura, meglio contro la compagnia di assicurazioni della struttura – che è tenuta a pubblicare sul proprio sito la denominazione del suo assicuratore - può essere, almeno inizialmente, un vantaggio per il medico, sollevato dalle beghe e dalle angosce e, in generale, da tutti gli oneri – economici e non – che vanno dalla denuncia di sinistro all’assicurazione fino dalla costituzione e difesa in giudizio nel processo civile, atteso che verosimilmente in futuro sarà citato in causa, in ambito pubblico, il solo ente datoriale.
 
Sul punto, anzitutto, una notazione: l’altro caso eclatante di azione diretta contro l’assicuratore - e non contro l’assicurato-  è quella della RC auto, che il nostro ordinamento ricollega alla circolazione dei veicoli, considerata “attività pericolosa”: l’assimilazione – sia pur in parte qua – tra le due forme di responsabilità agli addetti ai lavori fa inevitabilmente un certo effetto.
 
Ma veniamo al punto di interesse per i medici: la sentenza di condanna emessa a conclusione di giudizio risarcitorio promosso dal paziente in cui il medico non è stato parte sarà opponibile anche nei suoi confronti, e, sempre nei suoi confronti, l’Azienda potrà, altresì, agire in rivalsa, recuperando, mensilmente dal suo stipendio un quinto fino alla concorrenza del risarcimento pagato.
 
Di conseguenza il vantaggio iniziale che verosimilmente la nuova prospettata situazione processuale comporterà per il medico rischia di azzerarsi nel prosieguo del giudizio, atteso che la sentenza di condanna al pagamento di un risarcimento emessa in un processo civile tra l’Azienda ed il paziente potrà essere opposta al medico dipendente per obbligarlo a rifondere l’ente, o meglio l’Assicurazione dell’Ente, dei soldi pagati al paziente. In sostanza anche se viene condannata l’Azienda, in ultima analisi, a seguito dell’azione di rivalsa, è il medico a pagare (ovvero la sua assicurazione, che …ipse solvit !).
 
In questo contesto, quindi, la distinzione tra responsabilità contrattuale ed extracontrattuale perde molta della sua rilevanza. Non solo: viene espressamente rimarcato l’obbligo del’Azienda di agire in rivalsa, posto che in difetto, quest’ultima ne risponderà direttamente alla Corte dei Conti, per eventuale danno erariale. L’azione di rivalsa dell’Ente nei confronti del dipendente è alternativa al giudizio di responsabilità erariale dinanzi alla Corte dei Corti.
 
Tuttavia l’alternativa tra le due azioni - la rivalsa aziendale e l’azione di responsabilità erariale – non è senza conseguenze per il medico poiché, in sede di rivalsa promossa dall’Ente, non potrà beneficiare di alcuni “vantaggi” del giudizio erariale ovvero beneficiare della limitazione del danno previsto in sede di giudizio dinanzi alla Corte dei Conti – applicabile in relazione alle specifiche circostanze del caso concreto, quali la gravità della colpa, i precedenti di servizio, etc – e della differenziazione del grado di responsabilità in caso di corresponsabilità, ovvero di danno imputabile a più soggetti (poiché il responsabile erariale deve risarcire solo la parte di danno che può essergli attribuita sulla base di un giudizio di rilevanza dell’apporto causale, laddove in sede civile è prevista la solidarietà passiva)
 
In ogni caso, l’unica possibilità a disposizione del medico per immunizzarsi dal pericolo di una trattenuta del quinto in busta paga sarà, sottoscrivere, a sua volta, una polizza assicurativa, che possa rivalere, in caso di sinistro, l’assicurazione della struttura. In altre parole: l’assicurazione del medico rifonde, melius paga,  l’assicurazione dell’azienda.
 
Ma allora in qualche modo il medico non finanzia o meglio non sopporta gli oneri del servizio pubblico?
Possiamo quindi auspicare almeno delle agevolazioni contrattuali o fiscali per il medico che in qualche modo sopporta l’alea delle possibili disfunzioni di un sistema di cui non è certo l’unico responsabile? E poi, un simile meccanismo risarcitorio non minaccia involontariamente di penalizzare maggiormente i medici solitamente più disponibili e preparati, ovvero in ultima analisi, quelli che lavorano di più: perché più lavori, più rischi? E allora? Forse meglio passare al privato? Dove se lavori di più – quantomeno - guadagni di più?
 
La domanda da porsi, oltre quelle di natura strettamente giuridica, è se così facendo non si correrà il rischio di far pagare indirettamente al singolo medico le conseguenze pregiudizievoli di un servizio sanitario pubblico sulla cui gestione lo stesso può incidere poco o nulla.
 
In altre parole: se in una struttura privata, ad esempio, il chirurgo partecipa in una certa misura ai maggiori utili che una sua prestazione di alto profilo assicura alla proprietà altrettanto non può dirsi per il dipendente pubblico, che risente solo degli effetti economici pregiudizievoli che una sua prestazione deficitaria comporta ma giammai partecipa, per così dire, agli utili del servizio anche allorché questo assuma i caratteri dell’eccellenza.
 
Non si rischia di far ricadere sul singolo – solo - le possibili inefficienze del sistema, drammaticamente affetto, in diverse realtà, da tagli di risorse alle strutture e al personale, con conseguenti doppi turni, straordinario non retribuito, liste di attesa, strumentario obsoleto che non solo aumentano il rischio di errore ma che portano il paziente già ab initio sul piede di guerra?
 
All’opposto la sostanziale “depenalizzazione” dell’omicidio colposo in ambito sanitario oltre che un importante risultato giuridico segna un importante passaggio ideologico: non a caso le specializzazioni più “a rischio”, ovvero anestesisti, ginecologi, ortopedici, chirurgi hanno subito plaudito al DdL che, invece, interesserà meno, almeno sotto questo profilo, ad esempio, dermatologi, oculisti e odontoiatri, molto più coinvolti in altri aspetti della riforma, ovvero alla responsabilità in sede civile - e contabile, se dipendenti pubblici.
 
Numerosi sono gli interrogativi che il DdL solleva e che abbiamo analizzato con riguardo solo ad alcuni aspetti al fine di sollecitare un costruttivo dibattito sulle problematiche sottese ad un tema specifico, nell’interesse anzitutto, di una piena realizzazione dello spirito della riforma - efficacemente sintetizzato nell’art. 1 – in quanto per assicurare il diritto alla sicurezza delle cureoccorre, nel contempo, tutelare anche il diritto del medico ad un esercizio sereno della professione: il secondo è, in qualche modo, garanzia del primo.
 
Avv. Maria Maddalena Giungato 

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