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Mercoledì 02 DICEMBRE 2015
Responsabilità professionale/2. Ecco cosa potrebbe succederebbe se venisse approvato il ddl Gelli 

Il ddl Gelli rischia di essere l’ennesima legge flop della sanità. Sembra essere idealmente suddiviso in due parti con una prima parte a “favore” del cittadino e una seconda parte a “favore” dell’esercente la professione sanitaria. Quest’ultima è assolutamente preponderante facendo venire meno una serie di tutele oggi esistenti a favore della “vittima” del reato. Per contro i rimedi a favore della tutela del paziente sono assolutamente risibili e inconsistenti

Dopo le premesse contenute nella prima parte, passiamo ora alla seconda parte della mia analisi sul disegno di legge.

Sulla responsabilità civile
L’articolo 7 del ddl Gelli riforma la responsabilità civile delineando la responsabilità extra-contrattuale nei confronti del professionista. Il tentativo di riforma era stato già operato dalla legge Balduzzi con meno chiarezza – anzi con una disposizione normativa decisamente oscura e variamente interpretabile – di quanto faccia il ddl in questione.
Vengono quindi superate le elaborazioni dottrinarie e giurisprudenziale sulla responsabilità da “contatto” e sul “contratto di spedalità”. Il regime della prova, nei confronti del professionista, torna a essere quello tipico della responsabilità extracontrattuale abbandonando la formula del “più probabile che non”.
Il sistema ha una sua ragione di essere ma proprio per questo non si comprende l’estensione della responsabilità extracontrattuale alla libera professione intramuraria: questa ha la sua ragione d’essere proprio nella libera scelta del medico ed è difficile sostenere il contrario. Nella libera scelta del medico non ha ragione di essere un regime di prescrivibilità inferiore e un diverso regime probatorio per il solo fatto che venga svolto fuori o dentro la struttura. Il paziente danneggiato si troverebbe in una condizione di svantaggio nella scelta di affidarsi alle cure di un medico nella libera professione extramuraria e il medico stesso avrebbe una penalizzazione non bene comprensibile.
 
Sull’azione di rivalsa e sull’obbligo di assicurazione
L’articolo 9 e l’articolo 10 meritano di essere esaminati congiuntamente. Alcuni punti sono stati già giudicati contraddittori da altri proprio in queste pagine.
A me preme sottolineare il totale silenzio sulle assicurazioni e sui prodotti assicurativi anomali che sono presenti sul mercato e che vengono offerti agli esercenti le professioni sanitarie. Ricordiamo che, in questo momento, l’obbligo assicurativo non è previsto, nella sostanza, neanche per i liberi professionisti nonostante la previsione legislativa.
 
Il terzo comma dell’articolo 10 sancisce l’obbligo di assicurazione a carico di “ciascun esercente la professione sanitaria operante a qualunque titolo in presidi sanitari pubblici o nelle aziende del servizio sanitario nazionale o in strutture private” con oneri a carico del professionista. Per l’obbligo di stipula si utilizza, come da tradizione, la troppo vaga formula della “adeguata polizza di assicurazione”.
 
Il tutto al dichiarato fine di “garantire efficacia all’azione di rivalsa”. Assicurazione obbligatoria per tutti i professionisti dipendenti dunque ma senza una disposizione di “obbligo a contrarre” da parte delle imprese assicurative simile a quella presente nel settore RC auto laddove è specificato che le “imprese di assicurazione sono tenute ad accettare…”.
 
Non solo. Il ddl sulla responsabilità professionale poteva (e può ancora) diventare il luogo dove si riportano le clausole assicurative ai livelli di qualunque polizza in linea con il codice civile. Si tratta di mettere mano all’inaccettabile clausola Claims made che, ricordiamo, copre solo i comportamenti colposi posti in essere nel corso di validità del contratto obbligando il professionista a ulteriormente tutelarsi con i periodi di retroattività e di postuma rischiando, in caso contrario, di non trovare tutela assicurativa, in una serie di casi, pur avendo sempre avuto una polizza di assicurazione. Non è pensabile, non è corretto, non è giusto costringere il professionista sanitario a districarsi tra una serie di clausole contrattuali che ha il diritto non conoscere e che non sono normalmente presenti in altre polizze. Non può sapere e conoscere il dibattito intorno alla “atipicità” del contratto assicurativo sulla responsabilità professionale: ha solo bisogno di comprare una polizza che consenta a lui certezza e sicurezza del periodo di copertura assicurativa.
 
Così non è oggi e così rischia di non essere all’indomani dell’approvazione del ddl Gelli.
 
L’inadempienza all’obbligo assicurativo non è sanzionata in alcun modo facendo venire meno, quindi, l’effettività dell’obbligo stesso e lo stesso dichiarato fine di garanzia dell’efficacia dell’azione di rivalsa. In sanità riscontriamo l’esempio della mancata sanzionabilità degli obblighi ECM che hanno reso il sistema solo formalmente obbligatorio, ma di fatto assolutamente facoltativo.
 
Conclusioni
Il ddl Gelli rischia di essere l’ennesima legge flop della sanità. Abbiamo già espresso i rischi dei dubbi di costituzionalità per l’esenzione dalla responsabilità penale che, tra l’altro, le associazioni di tutela del malato hanno già denunciato.

Il ddl sembra essere idealmente suddiviso in due parti con una prima parte a “favore” del cittadino-utente-paziente e una seconda parte a “favore” dell’esercente la professione sanitaria. Quest’ultima è assolutamente preponderante (depenalizzazione e incardinamento nella responsabilità extra-contrattuale) facendo venire meno una serie di tutele oggi esistenti a favore della “vittima” del reato. Per contro i rimedi a favore della tutela del paziente sono assolutamente risibili e inconsistenti quando non anacronistici (la riesumazione del difensore civico).

Vi sono poi alcuni passaggi che rischiano di danneggiare egualmente paziente e medico: mi riferisco all’eccessiva cristallizzazione e formalizzazione delle linee guida (parastatali) che diventano strumenti cogenti e sostanzialmente inderogabili.
Inaccettabile, tra l’altro, il totale silenzio sulle assicurazioni.

Nell’approfondimento abbiamo visto che rimangono una serie di aporie che non si sono volute risolvere. Devono essere ripensati e riscritti alcuni articoli se si vuole una reale riforma equilibrata della responsabilità professionale che abbia un effetto duraturo nel tempo.

Quello che talvolta (spesso) il legislatore non capisce e che una volta approvato il testo legislativo vive di vita propria spesso andando oltre le intenzioni, più o meno dichiarate, del legislatore stesso (vedi, ad esempio, la recente sentenza della Corte di cassazione sull’applicabilità dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori al pubblico impiego sempre negato nelle aule parlamentari da esponenti governativi).
 
Luca Benci
Giurista  

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