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Martedì 15 DICEMBRE 2015
Nuovo orario di lavoro. I medici non sono impiegati



Gentile direttore,
dal 25 novembre scorso è stata applicata in Italia una ormai già datata normativa europea (decreto 66/2003) in cui all’art. 7 si codificano le nuove norme relative all’orario di servizio del personale medico ed infermieristico. In primis vorrei precisare che i dodici anni intercorsi tra l’emanazione europea e l’applicazione in Italia non sono stati sufficienti a sensibilizzare le autorità politico-amministrative e sanitarie a preoccuparsi di queste novità e a lavorare per renderle più facilmente e magari gradualmente applicabili nella realtà assistenziale della nostra nazione. Mi sembra scontato evidenziare che l’applicazione ad horas, da un giorno all’altro, di tale normativa ha comportato da qualche settimana il caos organizzativo più totale nella maggior parte - se non in tutti - gli ospedali d’Italia.

Turni rivoluzionati, impossibilità a proseguire il lavoro oltre certi limiti, riposi forzati e così via. In un settore già carente di personale quest’ultima tegola comporterà un ulteriore affossamento del Servizio sanitario in quanto si ridurrà inevitabilmente l’attività assistenziale e di conseguenza si allungheranno le liste d’attesa. Ma qui non voglio discutere di tali problematiche che ancorché complesse richiedono immediate soluzioni che devono far parte di un preciso progetto politico-amministrativo.

Qui vorrei capire che cosa ha potuto generare una normativa a dir poco “mostruosa”. Qui vorrei chiedere quale mente “geniale” un bel giorno ha deciso di regolamentare il lavoro dei medici come quello degli impiegati. Quando un impiegato di qualunque livello, anche se sottoposto a lavoro usurante (per esempio un pilota d’aereo), finisce il suo turno per un riposo “obbligatorio” può effettivamente chiudere con il suo lavoro e dedicarsi ai suoi hobby e al suo meritato sonno. Il chirurgo no, questo non lo fa! Questo non può farlo!

E’ vero che la nostra europeizzazione ha portato a burocratizzare la nostra professione ma, credetemi, noi, con la nostra mente, il nostro cuore, i nostri pensieri, non possiamo fermarci dopo aver timbrato il cartellino a fine turno di lavoro. Il più delle volte il chirurgo porta con sé ansie, preoccupazioni, idee, che non gli permettono di “ riposare” o “ rilassarsi” anche se questo gli è imposto.

Se come la legge recita, il chirurgo - pena anche la decadenza assicurativa - deve riposare 11 ore dopo un turno di lavoro, se ha un problema o una complicanza con un paziente da lui operato e di cui ha dunque la massima responsabilità, come può “riposare” ed ignorare il problema? E poi ritengo si cada addirittura nel ridicolo quando disponendo che se si lavora fino a due ore e dieci minuti in reperibilità non si recupera, mentre se si eccede detta durata di anche soli dieci minuti si è obbligati a riposare undici ore. Ma chiedo: di che parliamo? Di meccanismi robotici o di professionisti?

Tale burocratizzazione della nostra nobile professione non può far bene né al chirurgo né al paziente che da sempre si aspetta almeno la massima dedizione che oggi con l’applicazione di questa legge viene ulteriormente fortemente ostacolata. La normativa europea porterà inevitabilmente ad accentuare il solco che da anni si sta delineando tra i chirurghi ed i pazienti. Le necessarie alleanze e intese tra chirurgo e paziente non possono essere instaurate a orari intermittenti.
 
Ma “vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare” recitava il sommo poeta. So che non sarà facile da ottenere, ma noi auspichiamo fortemente una revisione della normativa, anche investendo i livelli europei di governance, in modo da non snaturare ulteriormente il già compromesso rapporto medico/paziente e soprattutto al fine di non ghettizzare una nobile arte nel ruolo di un mortificante e routinario esercizio professionale.

Francesco Corcione
Presidente della Società Italiana di Chirurgia
Direttore unità operativa complessa di Chirurgia generale
Azienda ospedaliera dei Colli Monaldi-Cotugno-Cto) 

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