quotidianosanità.it

stampa | chiudi


14 FEBBRAIO 2016
Altro che Atto medico. La realtà sanitaria è andata molto più avanti



Gentile Direttore,
leggo quanto scritto da Antonio Ciofani riguardo il percorso storico con cui un gruppo di medici capitanato dall’On. D’Incecco, coadiuvato da illustri studiosi dei vari aspetti normativi, etici, politici, ha compiuto al fine di presentare quella proposta di legge (così ben accolta dal Ministero, meno dalla storica presidente IPASVI, Sen. Silvestro).
 
Mi pare che il ragionamento con cui, secondo Ciofani, quel gruppo promosse tale proposta, se ha tenuto conto di quali siano le affermazioni sull’Atto medico in Europa, poco o niente si è speso ad esempio nel valutare il reale deficit funzionale ed interdisciplinare esistente tra i medici italiani (soprattutto quelli di base) e le altre professioni sanitarie.
 
Un deficit a causa del quale leggere quella definizione di Atto Medico in molti dei paesi europei più avanzati (dove l’efficienza del Sistema Sanitario non è ritenuta tale solo dal punto di vista quantitativo) ha un valore, leggerla qui in Italia, dove la medicina difensiva fa traboccare (e abbondantemente) il Vaso di Pandora, dove la disoccupazione infermieristica (ad esempio) diventa ingiustificabile davanti ai dati OCSE, che danno conto della sperequazione numerica ed occupazionale a favore dei medici nei confronti degli infermieri, per il fabbisogno assistenziale, questo deficit assume anzi il valore di una necessaria revisione dei rapporti tra professionisti sanitari.
 
Ma se per i rappresentanti dei medici chirurghi, “revisione dei rapporti” significa definire l’Atto Medico senza nessun coinvolgimento delle altre sfere professionali, se per superare i problemi gestionali derivanti da una spesa pubblica messa in discussione ormai da anni, significa non curarsi delle prospettive di collaborazione diretta con gli altri attori (se non da assoluti datori) non credo si riuscirà ad avanzare di un millimetro. Un deficit funzionale ed interdisciplinare poi, che si esacerba ancora più evidentemente nella differenza di retribuzione, differenza che nessuno vuol sottolineare per evitare confronti dai quali dedurre che i medici potrebbero prendere troppo stipendio (quando in realtà sono gli infermieri  e gli altri professionisti sanitari che ne prendono troppo poco!).
 
Mi perdoneranno tutti gli altri professionisti del mondo sanitario, se mi sbilancio a favore degli infermieri, conoscendo con sufficiente cognizione di causa questa professione. Eppure il tema riguarda tutti, tutte le professioni sanitarie che fino ad oggi sono rimaste schiacciate non già sotto il valore di un riferimento etico-scientifico, che qui in Italia potrebbe essere stato, per motivi storici, la figura del medico, piuttosto sotto il peso di una prevaricazione culturale ed economica perpetrata attraverso la politica.
 
Bastava ad esempio, che nella discussione portata avanti dai medici, anziché attorniarsi solo di illustri competenti dai quali far discendere senza intoppi l’acqua al proprio mulino, si fossero  inseriti anche degli esperti competenti sulle questioni legali e tecniche delle altre professioni sanitarie cui, i medici chirurghi, sono diretti confinanti.
 
Mi pare anche, allora, che additare il Prof. Proia come uno“scartoffiatore” , lui che ha proposto da tempo e a seguito del Comma 566, una cabina di regia, consapevole che l’evoluzione di una professione sanitaria (come la vostra) è legata sempre più a doppio filo con l’evoluzione di tutte le altre, sia piuttosto ingiusto. Ma, non scrivo certo per difendere né lui né la senatrice Silvestro.
 
Scrivo perché leggendo il racconto storico della evoluzione di questa proposta e rilevandovi (come al solito) quel senso di autoritaria autosufficienza propria di chi reclama la vetta della gerarchia, mi chiedo se ad esempio, il dottor Ciofani, l’On D’Incecco, la Dottoressa Chersevani…ecc, abbiano mai letto un documento come questo: Salute 21, redatto dall’OMS, settore Europa, già datato 2000.
 
Una lettura senza la quale, concepire l’Atto Medico in risposta ai cosiddetti “attacchi” (come sottolineato da Ciofani) alle povere e indifese migliaia di medici chirurghi italiani, risulta davvero anacronistico, proprio in funzione della contestualizzazione europea.  Un vecchio documento, quello qui linkato, che gli ambiti infermieristici italiani (oltre che europei) masticano ormai da assai più di un decennio.
 
Ma si ha l’impressione che i medici (almeno quelli che si lanciano in queste difese oltransiste di stile feudatario) di tali questioni non vogliano mai debitamente informarsi, come se guardarsi i piedi bastasse a dargli strada.
 
Per quanto riguarda la legislazione relativa la dirigenza medica e la citazione della Legge Madia …beh, si saprà (forse) che si è aperto anche qui in Italia un reparto a completa gestione infermieristica. Sappiamo bene invece, noi infermieri, quanto la cosa non sia stata digerita dai molti illustri medici che per questo si sono sentiti esautorati di una autorità che sembra discendergli così… come il maschilismo trattenne il suffragio universale di genere fino al ’46!
 
E a pensarci bene, questo esempio sembra molto calzante. In alcuni paesi, quali il Regno Unito, gli Stati Uniti, l’Australia, l’Olanda, accade regolaramente che professionisti di profilo diverso dal medico siano chiamati a dirigere unità operative e complessi sanitari in cui i percorsi clinico – assistenziali sono pianificati e garantiti da equipes che hanno fatto della multidisciplinarietà il loro valore assoluto. In questi contesti, in cui ognuno ha riconosciuta la titolarità per la parte che gli compete, l’obiettivo è il risultato di benessere, indipendentnemente da chi sia “il capo”!
 
Che poi al Ministro Lorenzin  piaccia sottolineare che “è il medico che decide cosa bisogna fare”, stranamente non è una novità, sebbene il Ministro stesso non sia un medico! Ci sarà da capire quindi come intenderà muoversi il ministero in carica in questa legislatura, quando gli infermieri, nei pronto soccorso intasati da un territorio lasciato a se stesso, ormai  insufficienti sia ad occhio che sulla carta, finiranno sitematicamente per ammalarsi a causa del super lavoro…
 
Ci sarà da capire in che modo il Ministro e i suoi tecnici, intenderanno espandere l’assistenza diretta sul territorio, per risolvere a monte quel problema di flussi. Perché se pensano ancora di farlo lasciando che alcune regioni assegnino responsabilità gestionali ai poveri parenti dei pazienti e alle badanti, i medici di famiglia si vedranno “superati” anche da questi: altro che infermieri!
 
Luca Sinibaldi
Infermiere di medicina generale

© RIPRODUZIONE RISERVATA