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Martedì 16 FEBBRAIO 2016
Le conseguenze dei tagli alla salute mentale



Gentile Direttore,
in questi ultimi anni di tagli alla Salute Mentale ho visto pareggiare l'incredibile mosaico di esperienze post legge 180 in Italia alle peggiori. A quelle con minori risorse, a quelle con minore o assente volontà di integrazione socio-sanitaria, a quelle con totale disprezzo per le capacità umane reali o residue dei sofferenti psichici, a quelle con il maggior numero di spregevoli abbandoni ed espulsioni familiari, per disperazione ma anche per edonismo, per incapacità materiale e psicologica ma anche per desiderio di una vita omologata.
 
Ne ho davvero viste abbastanza da voler ripensare alcune categorie culturali ed umane, fuori dai ridicoli schemi quantici dei manuali di psichiatria, dai quali abbiamo imparato a sezionare i comportamenti come facevano i nazisti nei campi di concentramento, senza saperne estrarne un briciolo di umanità, ma con le capacità della dialettica e dell'intuizione, che ancora ci appartengono.
 
Ho visto pazienti ricoverati perché in agitazione psicomotoria di tipo organico nei reparti di psichiatria, dove erano legati ai letti ovvero contenuti meccanicamente, laddove nel pronto soccorso e nelle medicine interne i colleghi puritani si rifiutavano perfino di sedarli, temendo per loro un'improbabile morte soprannaturale.
 
Costoro sono infatti tutti esseri umani che avevano scavalcato grazie alla medicina e chirurgia moderna i limiti naturali della vita e grazie a questo loro lento degradare superfluo del corpo, incapace di arrendersi alla morte, subivano prima o poi un'alterazione neurologica dello stato mentale, non meno incoercibile se non a rischio di interrompere la vita farmacologicamente, con metodi assimilabili all'eutanasia.
 
E' forse la forza di volonta o forse la frequenza respiratoria quel fragile filo che unisce le loro vite soprannaturali a quelle dei parenti e della società, che non sanno più come gestirli? Di fatto rallentare o addormentare rischia di essere per loro l'ultimo momento della vita di un corpo che ha perduto comunque il più noto ben dell'intelletto.
 
Altri sono, sempre per ragioni organiche, naturalmente dementi, in corpi ancora forti, grazie alla migliore nutrizione ed al minore stress lavorativo, ai benefici delle pensioni e delle mutue, ma altrettanto di impiccio alla vita edonistica di parenti o al buon funzionamento del pronto soccorso, luogo di sofferenza passiva non di ribellione attiva come è il caso, spesso, degli aterosclerotici e dei veri sofferenti psichici. La terza condizione organica di ricovero, spesso confusa con depressione, quindi con passività morale dell'essere umano di fronte ai misteri e alle delusioni dell'esistenza omologata cui siamo tutti sottoposti, è quella delle persone, anche giovani, con gravi insufficienze respiratorie croniche.
 
Grandi obesi e grandi tabagisti, talvolta anche sofferenti psichici, perché i neurolettici con cui li curiamo aumentano eccessivamente proprio il desiderio di fumare e la fame, si alternano ad Insufficienze Respiratorie Edoniste di persone che hanno abusato sua sponte di nicotina, lipidi e carboidrati. Abbiamo quindi i pazienti tossicomani, tavolta classificati come ex da un sistema burocratico che per evitare di responsabilizzare la politica, le Asl e la società sulla liberalizzazione delle droghe prevede che ci sia una via di fuga efficace sempre anche per quelle più pericolose, come le benzodiazepine, il tabacco, la cocaina, l'alcol e l'eroina. Anche per loro il rischio di usare neurolettici e produrre catastrofi mortali, o di fornire il narcan e fargli produrre catastrofi pantoclastiche, o infine di non fare nulla e attendere che sopravvivano alla contenzione fisica è ormai una questione di scelte sempre tutte inappropriate.
 
Stiamo parlando solo dei pazienti con sindromi organiche, affidati nuovamente alla psichitria, con modalità incongrue e con effetti improbabili, tutti sempre a rischio di superare la realtà o il confine con la vita perché il sistema è di per sè in corto circuito, sulla mancata responsabilizzazione degli aspetti psichiatrici in ambito sociale e sanitario, sia per l'impossibilità farmacologica della psichiatria di rispondere a questi eventi ai limiti ed oltre quella che era la norma dell'esistere biologico e psicologico.
 
Cito allora almeno un caso, il più probabile, di paziente espulso o espulsa dal proprio contesto familiare, nel quale per motivazioni le più variegate non si trova un equilibrio dinamico e relazionale adeguato, che arriva come un bue al macello, già perfettamente consapevole del TSO e del destino di emarginazione sociale in luoghi ai limiti dell'umanità, già perfettamente sereno o serena dunque, anche senza l'uso di psicofarmaci, giacché l'agitazione era solo una ribellione ed una rabbia oggettivamente scatenata solo nel contesto familiare al quale non è data più altra alternativa che il TSO o il manicomio privato.
 
Questi sono i casi più probabili ho detto, non gli unici, ma insieme a quelli che per lo stesso motivo o per altre incompetenze personali o familiari o della Asl o della società sospendono la terapia farmacologica necessaria, rappresentano decisamente oltre il 90% dei ricoveri in SPDC di pazienti effettivamente sofferenti psichici. Nel primo caso, ma forse anche nel secondo, il disagio può essere risolto in modi diversi e alternativi, lavorando sull'emancipazione, sulla rete di relazioni, sulla modalità di somministrazione della terapia, sulla frequentazione di luoghi di aggregazione, cooperative sociali di tipo A, gruppi di volontariato, centri diurni, oggi anch'essi in grave crisi, laddove erano stati aperti.
 
Ho finito per citarne due e per fornire anche delle soluzioni, sicuramente giudicate egoistiche o meglio idealistiche dai miei colleghi, chi perché li costringerebbe a toranre a fare visite psichiatriche domiciliari sulle 24 ore e non ne sono più o non ne sono mai stati veramente dotati, o perché davvero pensano onestamente o interessatamente (quelli che lavorano nei o per i manicomi privati) che questi siano palliativi di un problema non diversamente risolvibile che attraverso l'espulsione, e tutti quanti sarebbero sostenuti dal mantra dei tagli alla sanità pubblica, che rende impossibile la gestione dei Centri di Salute Mentale sulle 24 ore, ma rende possibile pagare dai 4mila ai 9mila euro al mese la detenzione e l'esclusione sociale perpetua.
 
Manlio Converti
Psichiatra
Attivista Diritti Sofferenti Psichici

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