quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Mercoledì 17 FEBBRAIO 2016
Bravo Cavicchi. Hai colto nel segno



Gentile Direttore,
le scriviamo per dirle, a proposito  degli articoli scritti recentemente dal professor Cavicchi sulla “questione medica”, che siamo contenti che qualcuno che non svolge la nostra arte - medicina di famiglia – si interroghi e si preoccupi di questa situazione di stallo o, meglio, di continuo peggioramento della professione medica.
 
Con l’occasione la vogliamo ringraziare anche per l’e book che il suo giornale ha reso possibile consentendone un uso gratuito. Riteniamo che sino ad ora  sulla nostra situazione professionale una analisi così approfondita e completa non sia mai stata fatta. A noi ci ha quasi aperto gli occhi o quanto meno ci ha fornito strumenti di lettura  e di interpretazioni che ci mancavano.
 
Dobbiamo, con rabbia e rassegnazione, convenire in molti punti della diagnosi a volte spietata che fa il prof Cavicchi. I dirigenti sindacali , oggi in auge, sono le stesse figure che hanno determinato un vero declino della nostra professione, per seguire i propri interessi e le proprie ambizioni.
 
Il popolo dei Medici, illusi di poter continuare a percepire il sempre più risicato stipendio, non riesce ad opporsi a questo declino della categoria, giustificato da una riferita impossibilità di reagire in modo incisivo contro i governanti attuali e pregressi.
 
Ci si arrampica sulla motivazione dell'impossibilità di procedere ad uno sciopero che possa mettere in difficoltà le autorità competenti e si fa da spalla ai colleghi dipendenti che, a causa della precettazione, non hanno la possibilità di esprimersi meglio della classe di medicina generale la quale, grazie alla differibilità delle proprie attività sanitarie, sono meglio disponibili a partecipare ad uno sciopero pressoché  inutile con motivazioni non ben comprensibili – vedi manifesto della Fnomceo affisso sulle mura delle città.
 
Il vero motivo della sofferenza della professione è insita in una semplice crisi di identità del medico. Spesso sentiamo proclami che inneggiano al giuramento di Ippocrate, ma di fatto chi si presenta ai tavoli di trattativa non rivendica mai la professione, ma solo un mero elenco di lamenti su base economica.
 
Ci sembra giusto il principio della giusta remunerazione del lavoro, ma come si può chiedere un compenso se non si vende l'arte cui siamo stati addestrati, cioè la medicina?
Solo con una vera rivalsa delle nostre capacità professionali si potrà dimostrare il vero valore, anche economico, della prestazione medica.
 
Se ci nascondiamo quotidianamente dietro la medicina difensiva oppure nel non fare perché non è dovuto e quello che facciamo è troppo per quello che ci danno, non avremo nessuna altra prerogativa che quella di subire le angherie continue che provengono dallo Stato, Regioni, Asl, Cittadini.
 
Il rispetto della professione medica, insultato dalla crescente burocrazia dettata da norme finanziarie, non può prescindere da una risalita orgogliosa del proprio status professionale: il Medico è Medico e, come tale, deve fare solo il Medico.
 
Per noi la sola strada per riconquistare il terreno perso è quello come dice il professor Cavicchi  di risalire la china dimostrando che il Medico è un professionista che cura la persona nella sua interezza e che nessun altro professionista, rispettando tutti i ruoli, può dare salute alla popolazione.
 
dott. Evaldo Crisante
Presidente Provinciale Snami Pescara
 
dott. Francesco D'Accardi 
Presidente Onorario Snami Regione Marche
 
dott. Giuseppe De Gregorio
Presidente Regionale Snami Molise
 
dott. Nicola Grimaldi
Presidente Regionale Snami Abruzzo
 
dott. Marcello Ronconi
Presidente Regionale Snami Umbria 

© RIPRODUZIONE RISERVATA