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Venerdì 15 APRILE 2011
C’è la conferma: più suicidi durante le crisi economiche

Negli Usa i tassi di suicidi hanno seguito i cicli economici aumentando nelle fasi di recessione per diminuire in quelle di crescita. Sono le persone in età lavorativa a pagare il prezzo più alto.

Il tasso di suicidi è inversamente proporzionale alla prosperità di una nazione: aumenta nei periodi di crisi e cala durante i periodi di espansione economica. La conferma arriva da uno studio condotto dai Centers for Disease Control and Prevention americani e pubblicato ieri sull’ American Journal of Public Health.Il team del National Center for Injury Prevention and Control (uno degli istituti dei CDC) ha incrociato i dati economici con quelli relativi ai suicidi nell’ultimo secolo dimostrando come il nesso finora temuto, in realtà, esiste. E sono le persone in età lavorativa a pagare il prezzo più alto. “L’associazione più forte tra cicli economici e suicidi si registra nelle persone in età lavorativa comprese tra i 25 e i 64 anni”, ha illustrato Feijun Luo, uno degli autori della ricerca.
Nel dettaglio, lo studio ha evidenziato come i tassi di suicidi siano stati più alti durante la Great Depression dei primi anni 30, alla fine del New Deal (1937-38), durante la crisi petrolifera del 1973-75 e nella recessione del 1980-82. Specularmente, il numero delle persone che si è tolto la vita è stato molto più basso durante la seconda guerra mondiale (un periodo di espansione economica per gli Usa) e tra il 1991 e il 2001, quando l’economia cresceva rapidamente e i tassi di disoccupazione erano ai minimi storici.Durante la Great Depression, per esempio, i tassi di suicidi balzarono da 18 ogni 100 mila abitanti del 1929 ai 22,1 per 100 mila del ’32, il massimo storico. Mentre il minimo è stato toccato nel 2000.
"Il suicidio è il risultato dell’interazione di numerosi fattori”, ha commentato Alexander E. Crosby, coautore dello studio. “Altre ricerche avevano mostrato la presenza di una relazione tra suicidi e disoccupazione e tra suicidi e fattori economici che possono rendere le persone più vulnerabili al rischio di suicidio”. Ora, dalla ricerca appena pubblicata, arriva la conferma.
E, mentre si aspettano i prossimi anni per redigere il bollettino dei suicidi dovuti all’ultima crisi, i ricercatori si interrogano su quali possano essere le misure per prevenire questi eventi. “La collettività potrebbe prevedere maggiore supporto per quei gruppi di persone che potrebbero perdere il lavoro, mettendo per esempio a disposizione strumenti di formazione e sforzandosi in misure per prevenire il suicidio”, ha ipotizzato Crosby.
“Lo studio conferma ciò che molti pensavamo da anni in una prospettiva aneddotica”, ha commentato David Rudd, del College of Social and Behavioral Science presso l’University of Utah di Salt Lake City. Che ha precisato però, come le persone che giungono al suicidio nei periodi di crisi sono comunque soggetti a rischio. “È acclarato che il 90 per cento di quanti si uccidono sono affetti da un disturbo mentale che il più delle volte non è trattato”, ha spiegato. Per questa ragione “sono necessari maggiori sforzi nella prevenzione e nell’identificazione precoce dei disturbi psichiatrici, soprattutto nell’assistenza primaria”. 

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