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Lunedì 07 MARZO 2016
Da Bologna a Vicenza. Gli operatori sotto attacco



Gentile direttore,
a quanto pare vi è un’epidemia in atto che colpisce i professionisti sanitari a diversi livelli ma che rischia di destabilizzare il sistema colpendo ancora una volta chi quotidianamente è impegnato a garantire i servizi ai cittadini. Questa epidemia si chiama “procedimento disciplinare”. In questi giorni ne stiamo sperimentando due vie di trasmissione: una ordinistica e una aziendale.
 
La prima via è quella intrapresa dall’ordine dei medici di Bologna verso alcuni dei loro iscritti operanti nel sistema 118 e dalla federazione IPASVI verso il presidente del collegio IPASVI di Pescara. Medici che colpiscono medici, infermieri che colpiscono infermieri. Giustamente? Forse non sempre è così, almeno qualche dubbio lo nutriamo. 
 
Sulla questione 118 personalmente mi sento di condividere in toto le argomentazioni del dott. Polillo che mi sembrano impeccabili e che, a mio parere, denotano una conduzione dell’ente pubblico in modo strumentale e personalistico. Così anche le riflessioni di Piero Caramello e di Cavicchi evidenziano un’autoreferenzialità della rappresentanza professionale che punta attraverso la creazione di un circolo vizioso (leggi, commi, cause, procedimenti, tavoli istituzionali, accordi regionali che poi danno vita ad altre leggi, commi, cause, …) ad automantenersi ed evitare di trattare la vera questione infermieristica e respingere ogni cambiamento. Ben ci sta dunque il richiamo a Orwel “gli animali sono tutti uguali, ma taluni sono più uguali degli altri” che potrebbe anche essere parafrasato, visti gli incarichi e i bilanci dell’IPASVI, “gli infermieri hanno una remunerazione uguale, ma taluni hanno una remunerazione più uguale degli altri”. Sul potere disciplinare, così esercitato, ci aspettiamo una profonda revisione attraverso il ddl Lorenzin altrimenti la responsabilità di ciò sarà tutta politica.

La seconda via è quella aziendale. Come sindacato abbiamo notato un aumento dei procedimenti disciplinari negli ultimi tempi e in senso assoluto sono aumentati perché ora anche la dirigenza ne è soggetta. Giusto per non far riferimento solo alla categoria infermieristica citerò a mo’ di esempio un caso diventato noto in Veneto – e forse anche oltre - e che l’altro ieri ha visto succedere una cosa che non avevo mai visto prima: la solidarietà di centinaia tra medici, infermieri e pazienti nei confronti di un dirigente medico facente funzioni di Direttore di UO complessa da ben 6 anni (!) che stava andando in audizione per un procedimento disciplinare intentato dall’amministrazione a seguito della sospensione delle visite di controllo di oncologia (controlli demandati al medico di famiglia) per mancanza di personale medico e per la necessità di garantire i periodi di riposo previsti dalla legge 161/2014.
 
Il caso ha avuto rilevanza regionale perché la notizia è pervenuta al Presidente della Regione Luca Zaia da una paziente mentre partecipava a una trasmissione televisiva. Ritrovatisi tutti nella hall dell’ospedale al suo passaggio abbiamo dato sostegno alla dottoressa, una di noi, non solo con la nostra presenza ma anche con un minuto ininterrotto di applausi. Le rappresentanze sindacali autonome delle professioni sanitarie della dirigenza e del comparto si sono unite nel denunciare l’utilizzo improprio e strumentale di una modalità patologica di gestione del rapporto di lavoro: prima d’ora questo non si era mai visto all’ULSS 6 di Vicenza.

Purtroppo, sento forte il dilagare di una sete di punizione, di rivalsa, del bisogno di un capro espiatorio per giustificare lo stato di inefficienza del sistema sanitario e la mia preoccupazione è che demagogicamente lo si voglia trovare tra gli ultimi, tra chi lavora sul campo, tra chi ogni giorno compensa (la compensazione non è solo alla base dell’organizzazione ma, per noi infermieri, anche della deontologia) l’esito della scarsità di risorse umane e strumentali.

Il procedimento disciplinare, si sa, è già di per sé una sanzione disciplinare e in molti casi – come in quello citato – avviene quando l’impatto mediatico ha già indicato la sentenza - per un pugno di voti si svendono i professionisti della salute - perché qualcuno si deve prendere la responsabilità e le sanzioni interne servono a scaricare la stessa ai livelli inferiori che possono solo difendersi senza speranza perché non c’è ragione che tenga davanti al datore di lavoro o al collegio o all’ordine: chi ha il potere lo può esercitare ad libitum (con la possibilità di non esercitarlo per gli amici e provocarlo per i nemici) punendo ora e demandando ad un successivo giudizio della magistratura il ripristino del diritto.

Non so se esista un vaccino per tale epidemia ma sento dentro di me che spesso è ingiusta e causa del malessere che non fa bene nemmeno agli utenti del SSN. Fosse per me o troverei una forma di garanzia per tutte le parti in gioco oppure abolirei questo strumento demandando ad un arbitro terzo (non necessariamente un giudice) un giudizio che pesa sempre di più nella vita di chi rischia tutti i giorni del proprio per garantire un servizio essenziale alla popolazione. Ci sono due strumenti legislativi che si possono usare: il ddl Lorenzin e la delega della riforma Madia sul pubblico impiego. In aggiunta servirebbe il buon senso della nonna di Cavicchi, se c’è ancora chi ne ha.

Dr. Andrea Bottega
Segretario Nazionale Nursind 

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