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Venerdì 11 MARZO 2016
Cancro colon-retto. Prima dell’intervento, bene rimuovere le metastasi al fegato

Rimuovere chirurgicamente le metastasi epatiche prima dell’asportazione del tumore primario al colon-retto non sarebbe una pratica clinica sconsigliabile. Lo dimostra uno studio inglese pubblicato dal British Journal of Surgery.

(Reuters Health) - Fenella Welsh, chirurgo all’Hampshire Hospitals Foundation Trust di Basingstoke e colleghi hanno raccolto dati clinici, patologici e di follow-up su pazienti che sono stati operati di metastasi al fegato a seguito di un tumore al colon-retto, in un Centro medico inglese tra il 2004 e il 2014. Dei 582 pazienti, tutti tra i 60 e i 70 anni, in 98 è stato operato prima al fegato, mentre 467 sono stati operati con il classico approccio chirurgico che prevede prima l’asportazione del tumore primario a livello del colon-retto. I ricercatori hanno escluso solo 17 pazienti che hanno subito un intervento in contemporanea su intestino e fegato. I pazienti sono stati seguiti circa 34 mesi. La mediana del valore dell’indice di sopravvivenza utilizzato dai chirurghi nello studio, il cosiddetto Basingstoke Predictive Index (BPI), è stata significativamente più alta nel gruppo in cui è stata asportata prima la metastasi epatica piuttosto che il tumore primario (8,5 contro 8, rispettivamente).
 
I risultati
La sopravvivenza a cinque anni senza malattia è stata più bassa tra gli operati al fegato, 23% contro 45,6%, ma non c’è stata alcuna differenza significativa nella quota della sopravvivenza a cinque anni cancro-specifica (51% tra gli operati al fegato contro 53,8% tra gli operati prima all’intestino) o nella sopravvivenza in generale (44% contro 49,6%). Dopo aver ‘aggiustato’ i dati sulla base dell’indice BPI, le differenze, però, si sono ridotte, tanto che la sopravvivenza a cinque anni libera dalla malattia è stata del 37% per coloro che si erano operati prima al fegato contro il 41,2% tra coloro che avevano subito prima l’intervento all’intestino. Mente la sopravvivenza cancro-specifica è stata di 51% per il primo gruppo contro 53,2% del secondo e anche lo scarto nella sopravvivenza generale si è ridotta, assestandosi a 47% tra gli operati al fegato ,contro 49,1% tra gli operati prima al colon-retto.

I commenti
“I medici sono in dubbio su quale approccio chirurgico sia il migliore in caso di metastasi al fegato derivanti da un tumore del colon-retto – ha spiegato Health Dean Tsarwhas della Northwestern University Feinberg School of Medicine, che non era coinvolto nello studio – gli autori di questo studio hanno dimostrato che, una volta corretti per le variabili prognostiche, i dati sulla sopravvivenza o sulla recidiva non variano se si decide di operare la metastasi prima o dopo il tumore primario”. “Nel più grande studio ad oggi sull’approccio al trattamento chirurgico del tumore al colon-retto – ha dichiarato alla Reuters Health Welsh, il primo autore dello studio – abbiamo dimostrato che i pazienti che subiscono prima l’intervento al fegato non sono svantaggiati”.
Asaneh Barzi della Keck School of Medicine all’University of Southern California di Los Angeles è perplesso sui risultati della ricerca. “La combinazione di chemioterapia e farmaci target sono fattori determinanti nella sopravvivenza e nella terapia – ha dichiarato l’oncologa– Risultati che non tengano conto anche della concomitante terapia farmacologica sono dunque difficili da interpretare e tradurre in un cambio di pratica clinica”. “Purtroppo – ha proseguito Barzi, che non era coinvolta nello studio – i dati su quanti cicli di chemioterapia sono stati eseguiti, sulla loro tipologia e sulla loro durata e sulla risposta al trattamento non sono disponibili così come mancano i dati sulle modalità con cui i pazienti sono stati seguiti dopo l’intervento chirurgico, la frequenza degli esami, i test e le visite mediche di controllo a cui si sono sottoposti. Quindi – ha concluso – questo studio non chiarisce i dubbi su quale sia il corretto approccio chirurgico e non ha un impatto sulla pratica clinica”.

Secondo Alan P. Venook della University of California San Francisco School of Medicine, da quando è cominciato lo studio, nel 2004, la pratica clinica è notevolmente cambiata. “Molti pazienti si sottopongono a chemioterapia prima dell’asportazione della metastasi epatica e se il trattamento farmacologico li indebolisce, non si sottoporranno affatto all’intervento chirurgico. Quindi i pazienti che sono stati scelti per subire l’intervento avevano già una condizione favorevole. La rimozione del tumore primario è una pratica istintiva e appropriata nei pazienti sintomatici, quelli per esempio che hanno un blocco intestinale. Ma non è necessariamente il primo passo perché se ci sono altri tumori nelle vicinanze, si potrebbero perdere altri mesi e nel frattempo approfittarne per togliere il tumore primario”.

Fonte: British Journal of Surgery

Lorraine L. Janeczko

(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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