quotidianosanità.it

stampa | chiudi


Venerdì 15 APRILE 2016
Parto. “Introdurre il reato di violenza ostetrica”. Arriva la proposta di legge. Ma è polemica

Presentata dal deputato Adriano Zaccagnini la proposta prevede anche norme per un sistema di accountability annuale, dei singoli ospedali e dell’azienda nell’insieme, accessibile al pubblico, redatto in modo trasparente e comunicato in formato aperto (pubblicazione on line, pagine web dedicate). Ma i ginecologi sono contrari. IL TESTO

Una norma per introdurre il reato di violenza ostetrica e per frenare coercizione, abusi verbali, carenza di consenso realmente informato. Questa, ma non solo la novità principale contenuta nelll proposta di legge “Norme per la tutela dei diritti della partoriente e del neonato e per la promozione del parto fisiologico” presentata alla Camera dal deputato Adriano Zaccagnini (Sinistra Italiana).
 
“Per trascuratezza e carenze di formazione del personale – spiega il deputato di Sinistra Italiana – in Italia c’e’ un alto tasso di abusi al momento del parto e troppo spesso senza alcuna sanzione. Spesso il personale ha una formazione non aggiornata rispetto alla promozione di un parto non medicalizzato e comunque non basata su un reale consenso informato”. Ma sul progetto è polemica con i ginecologi. Mentre sui social ha molto successo la campagna #bastatacere. In poche settimane più di 20mila like su facebook.

Cosa prevede la proposta. La proposta di legge promuove “il rispetto dei diritti fondamentali e della dignità personale della partoriente e del neonato, nonché l’appropriatezza degli interventi al fine di ridurre il ricorso al taglio cesareo, al parto vaginale operativo e a tutte le pratiche lesive dell’integrità psico-fisica della donna, incluse le umiliazioni verbali. Il capo II è dedicato ai diritti delle donne e al consenso informato, libero e consapevole ai trattamenti medici durante il travaglio e il parto”.
 
Tra le misure l’introduzione della “fattispecie della violenza ostetrica, una tipologia di violenza contro le donne, già classificata da legislazioni di Paesi dell’America latina e che consiste nell’appropriazione del corpo e del processo riproduttivo delle donne da parte del personale medico attraverso trattamenti disumani e degradanti e la medicalizzazione del processo del travaglio e del parto. Tali abusi producono la perdita di autonomia della donna e della capacità di decidere liberamente del proprio corpo e della propria sessualità con conseguenze sulla qualità della vita”.
 
Individuati anche “i diritti del neonato e pone il divieto di donazione del sangue del cordone ombelicale in quanto biologicamente appartenente al neonato”. E stabiliti “i compiti delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano che, attraverso i rispettivi piani sanitari e sulla base delle risorse umane e finanziarie disponibili, devono fornire un’adeguata informazione, tramite le strutture sanitarie presenti nel territorio (consultori familiari), alla partoriente sul parto fisiologico e realizzare modelli assistenziali per il percorso della nascita e per il rafforzamento della tutela della salute e del benessere della madre e del neonato, nel rispetto delle finalità e dei requisiti individuati dalla legge.
 
Obbligo di previsione per le  aziende sanitarie di “un sistema di accountability annuale, dei singoli ospedali e dell’azienda nell’insieme, accessibile al pubblico, redatto in modo trasparente e comunicato in formato aperto (pubblicazione on line, pagine web dedicate)”. Inoltre, le aziende sanitarie £devono fornire all’utenza strumenti telematici e cartacei per la valutazione dell’assistenza ricevuta e per la documentazione degli esiti in termini di salute. Le aziende sanitarie devono fornire anche agli operatori sanitari, dipendenti dell’azienda, strumenti di valutazione dell’assistenza prestata, in particolare quando si tratta di casi difficili, con esiti infausti”.
 
Previsto anche “per diminuire i contenziosi legali e il ricorso alla medicina difensiva, che le aziende sanitarie devono utilizzare il sistema di open disclosure, caratterizzato dall’assoluta trasparenza e comunicazione rispettosa tra le famiglie e gli operatori coinvolti negli eventi avversi. I risultati delle valutazioni dell’utenza e del personale sanitario dovranno essere pubblicati annualmente nel sito internet istituzionale dell’azienda sanitaria. Le aziende sanitarie devono provvedere a fornire un modello di piano del parto alle donne che intraprendono un percorso di maternità, redatto e aggiornato nel corso della gravidanza con l’aiuto di un’ostetrica. A tale fine le aziende sanitarie possono incaricare i consultori sanitari già esistenti, valorizzando i loro servizi. La rete consultoriale deve essere rivalutata e potenziata, in particolare per quanto riguarda l’offerta di corsi di accompagnamento alla nascita, i cui esiti sono di comprovata efficacia per la salute materno-infantile”.  
 
Le aziende sanitarie devono altresì promuovere i rapporti con il territorio e con la comunità, in particolare valorizzando il volontariato e le madri peer-to-peer. A tale fine devono essere disposti tavoli multidisciplinari e inclusivi della società civile presso le aziende sanitarie con riunioni a cadenza semestrale”.
 
Previsto infine che “il Ministro della salute presenti con cadenza almeno annuale alle Camere una relazione sullo stato di attuazione della legge”.
 
L.F.

© RIPRODUZIONE RISERVATA