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Lunedì 18 APRILE 2016
Nasce il “fronte comune” delle professioni sanitarie. In tutto 650 mila operatori che dicono basta alla sudditanza verso i medici. “Affidarsi a competenze diverse non abbassa qualità assistenza”. Chiesto incontro a Lorenzin

Istituiti gli Stati generali delle professioni sanitarie con gruppi di lavoro e studio per dare voce alle competenze delle professioni sanitarie. “Interrompere la lunga attesa e riconoscere alle professioni sanitarie la loro legittimità a stare nell’organizzazione, nel management e nel settore clinico dell’assistenza”. Chiesto il coinvolgimento sulla discussione dell'art. 22 del Patto e lo sblocco del comma 566.

“Riforma degli Ordini, nuove competenze e responsabilità: le Federazioni degli infermieri, delle ostetriche, dei tecnici di radiologia e il Conaps, il coordinamento nazionale di tutte le professioni regolamentate ma ancora non ordinate in Ordini e Collegi, fanno fronte comune”. Lo comunicano in una nota congiunta Antonio Bortone (CoNaPS), Alessandro Beux (Fnc Tsrm), Maria Vicario (Fnco) e Barbara Mangiacavalli (Fnc Ipasvi).
 
“L’obiettivo dei circa 650mila professionisti della salute rappresentati – si legge nel comunicato - è lo sblocco di situazioni da troppo tempo in sospeso a causa di resistenze corporative e di una propaganda lontana da ogni indicazione deontologica con la quale si insinua che affidarsi alle competenze di professionisti sanitari diversi dai medici corrisponderebbe a un abbassamento della qualità dell'assistenza e a un aumento della sua pericolosità. Insinuazioni da rigettarsi con determinazione. Infatti oggi una quota rilevante dei bisogni socio-sanitari espressi dalla popolazione riceve la risposta migliore proprio dalle professioni sanitarie, altre da quella medica”.
 
Le professioni sanitarie condividono “in modo compatto l’esigenza urgente di trasformare i Collegi in Ordini, con Albi specifici per ciascuna professione sanitaria per gli Ordini che includono più professioni, subordinando gli aspetti tecnici che ne potrebbero rallentare l’iter a quelli politici che potrebbero, al contrario, portare a una rapida approvazione di ciò che è indicato da una legge di 10 anni fa (43/2006)”.
 
“L’attivazione degli Ordini – continua la nota - è l’obiettivo da raggiungere, è il pensiero unanime e determinato delle 22 professioni grazie a una strategia comune che eviti qualsiasi forma di strumentalizzazione. In una visione di sistema, dove tutto si lega e si tiene, si inserisce il tema delle nuove competenze. Si deve dare corso al comma 566 della legge di stabilità 2015, partendo dagli accordi Stato-Regioni per gli infermieri e i tecnici di radiologia, ormai pronti da tempo e mai calendarizzati in Conferenza; tale evoluzione aprirebbe la strada ai successivi accordi per le altre professioni, a oggi non ancora coinvolte”.
 
Per “sostenere le loro professioni, nella sanità di oggi e del futuro, anche prossimo”, i rappresentanti delle 22 professioni sanitarie hanno convenuto sul fatto che “serve anche un’operazione culturale. Con l’istituzione degli Stati generali delle professioni sanitarie si attiveranno gruppi di lavoro e di studio condivisi e si creerà un centro studi, per dare voce alle competenze delle professioni sanitarie, attraverso documenti di posizionamento a carattere scientifico, secondo la metodologia internazionalmente validata alla quale si devono attenere tutte le professioni che operano in ambito socio-sanitario”.
 
Altro tema toccato quello che riguarda il disegno di legge sulla responsabilità professionale, in cui sono coinvolte in prima persona le professioni sanitarie, la strategia, a partire dalle istituende linee guida, “è di prevedere un “gruppo collegiale delle società scientifiche delle professioni sanitarie”, coordinato e sostenuto dalle rappresentanze professionali”.
 
Su questi argomenti e sulla realizzazione dell’articolo 22 del Patto per la salute, “su cui per ora sono state ascoltate solo le rappresentanze mediche”, le professioni sanitarie chiederanno un incontro immediato e unitario al Ministro, Beatrice Lorenzin, perché “si interrompa la lunga attesa nell’applicazione di leggi e accordi – dal comma 566 al Patto per la salute  – e, finalmente, si riconosca alle professioni sanitarie la loro legittimità a stare nell’organizzazione, nel management e nel settore clinico dell’assistenza, superando il tabù per il quale la realtà sanitaria del nostro Paese non può essere vissuta in modo moderno, ma deve continuare a essere progettata e raccontata secondo gli schemi di ieri”.  

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