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Mercoledì 27 APRILE 2016
Diabete: perdere peso limita i danni cerebrali

Perdere peso potrebbe aiutare le persone con diabete a imitare i danni al cervello legati alla malattia. E’ quanto emerge da studio statunitense pubblicato su ‘Diabetes Care’. I ricercatori hanno seguito un gruppo di diabetici per oltre un decennio,  offrendo a 164 di loro un’attività intensiva di consulenza, con supporto su dieta e attività fisica progettata per aiutarli a perdere almeno il 7% del loro peso e mantenere questa condizione

(Reuters Health) Seguendo l’ipotesi che la perdita di peso possa proteggere dai danni cerebrali legati al diabete, entro la fine dello studio il gruppo di controllo ha fatto registrare volumi minori di materia grigia e più malattia della sostanza bianca, entrambi aspetti legati con il decadimento cognitivo.
“Cambiano il proprio comportamento durante la mezza età per perdere peso e aumentare l’attività fisica può portare a benefici a lungo termine per la salute del cervello più avanti nel tempo”, sostiene Mark Espeland, ricercatore alla Wake Forest School of Medicine di Winston-Salem, in North Carolina, e autore principale del lavoro.

“Il cervello consuma circa il 20% dell’energia che usa il corpo, e la risorsa principale di questa energia è lo zucchero nel sangue”, spiega Espeland. Il diabete rende il glucosio nel sangue una fonte meno affidabile di energia, che può compromettere il funzionamento cerebrale e condurre a declino cognitivo nel tempo.
 
Lo studio
Per vedere se cambiamenti importanti di stile di vita possano contrastare gli effetti del diabete sul cervello, Espeland e colleghi hanno offerto a un gruppo di partecipanti allo studio un counseling intensivo, incoraggiando diete a basso apporto calorico con pochi grassi e proteine e impostando una serie di obiettivi di esercizio fisico di almeno 175 minuti a settimana di attività moderata, come la camminata svelta. Il gruppo interessato inizialmente aveva sessioni settimanali seguite da incontri mensili per un lungo periodo di tempo. Per contro, il gruppo che ha ricevuto solo l’assistenza standard è stato invitato a frequentare lezioni di gruppo alcune volte in un anno.

Nel primo anno, il gruppo sottoposto a counseling intensivo ha perso in media circa il 12% del proprio peso, mentre il gruppo di controllo meno dell’1%. Il fitness cardiorespiratorio è migliorato del 26% per il primo gruppo nel primo anno, contro il 7% dell’altro. Mentre alcuni partecipanti al gruppo del counseling hanno perso parte di questi vantaggi iniziali nel corso dei 10 anni di monitoraggio dello studio, hanno comunque avuto risultati migliori nel lungo periodo rispetto al gruppo di controllo.
Le evidenze sul cervello
Il volume complessivo del cervello è stato simile tra i due gruppi. Tuttavia, la quantità media di ipertensità della materia bianca, che può avvenire con l’età ed è peggiorata dal diabete, è stata del 28% inferiore per il gruppo con la consulenza rispetto all’altro. Sempre in questo gruppo un altro segno di deterioramento, il volume medio dei ventricoli, è stato del 9% inferiore.

Complessivamente, entrambi i gruppi avevano funzioni cognitive simili al termine della ricerca, anche se i partecipanti al gruppo del counseling ha ottenuto prestazioni migliori nei test di attenzione e di velocità di elaborazione.
Una limitazione è che i ricercatori non hanno considerato altri fattori che potrebbero condurre a un migliore controllo del diabete e alla potenziale protezione del cervello, come la pressione sanguigna, l’apnea notturna, la depressione, l’uso di farmaci e l’infiammazione, notano gli stessi autori.
“La perdita di peso e altri cambiamenti nello stile di vita riducono gli alti livelli di glucosio che sono tossici per il cervello”, nota Caterina Rosano, ricercatrice alla University of Pittsburg che non è stata coinvolta nello studio.

“I risultati di questo e di altri lavori suggeriscono che uno stile di vita sano con una dieta appropriata, esercizio fisico e stimolazione cognitiva può aiutare a preservare la funzione e la struttura cerebrale nei diabetici, oltre al solo trattamento farmacologico”, conclude Joe Verghese, direttore del Montefiore-Einstein Center for the Aging Brain.
 
Fonte: Diabetes Care 2016
Lisa Rapaport
(Versione italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)

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