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Venerdì 29 APRILE 2016
“Rischio clinico, rischio professionale e rischio corruttivo devono viaggiare in un unico senso”. Intervista a Stefano Mezzopera Direttore Federsanità Anci Marche e Abruzzo

Questo uno degli scopi dell’Osservatorio 190 Federsanità Anci e Ispe rilanciata da Mezzopera che traccia obiettivi e riflessioni sul tema partendo dal principio che: “Solo l’accento sull’organizzazione e sul monitoraggio può cambiare quell’atteggiamento fondato sull’usualità, sul “si è sempre fatto così” spesso alla base anche di errori e sprechi in sanità”.

“Prevenire il rischio di corruzione e sprechi in sanità grazie all’impegno degli operatori presenti nelle Aziende sanitarie ed ospedaliere”. E’ questo lo scopo dell’Osservatorio 190, progetto promosso nel 2015 da Federsanità ANCI e dall’Istituto per la Promozione dell’Etica in Sanità ISPE-Sanità, con la partecipazione di Roche Italia, in dodici delle circa 180 Aziende sanitarie presenti in Italia.
Ma come fare? A fare l’analisi è Stefano Mezzopera Direttore Federsanità ANCI Marche e Abruzzo e docente di Risk Management alla LUISS School of Business che parte dall’assuno: “Riteniamo che ormai rischio clinico, rischio professionale e rischio corruttivo debbano considerarsi tre aspetti del medesimo universo di senso”.
 
E poi sul Ddl Gelli: “Il gestore del rischio deve essere necessariamente in staff al Direttore Generale”
 
Prevenzione del rischio corruttivo e gestione del rischio: problemi differenti, pratiche differenti?
La gestione del rischio in sanità passa necessariamente per tre canoni insostituibili: “conosco, gestisco, controllo”. Ovvero, una fase di analisi, di ristrutturazione e di controllo dei processi. In questo senso anche il rischio corruttivo, di fatto, diminuisce perché, controllando il singolo processo ed avendo oggettività numerica dello stesso, sarà meno semplice progettare “ruberie” che, invece, trovano terreno fertile nella confusione data dalla scarsa, o a volte, assente organizzazione.
 
Dove e quali sono le più evidenti carenze organizzative o di controllo in sanità pubblica?
Le carenze organizzative si collocano nella sanità in ogni realtà, a prescindere dalle dimensioni micro oppure macro. Casomai e almeno per la mia esperienza, certamente queste risultano più evidenti quando si ha a che fare con le attività più complesse ed in quelle dove la variabile umana è più presente.
 
La variabile umana è al centro del clima aziendale, indispensabile affinchè le procedure di monitoraggio messe in campo contro il rischio vadano a buon fine. In sanità, il valore del clima aziendale di norma è dato da un buon rapporto tra clinici e amministrativi
E' un altro problema comunque collegato con la disorganizzazione di sapore tutto italiano: la scarsa capacità a lavorare in gruppo e la conseguente “rivalità” tra le diverse figure operative. Difficilmente comprendiamo, spesso perché non ne condividiamo il contenuto, che quasi sempre anche la cosiddetta “ultima ruota del carro” gioca un suo ruolo essenziale. Non a caso, molti conflitti studiati in questi anni attraverso il sistema degli audit reattivi ha evidenziato dinamiche di rivalità piuttosto che di collaboratività.
 
C'è parallelismo tra rischio clinico, rischio professionale e rischio corruttivo in sanità?
Certo, sono tutti figli della stessa causa e cioè della disorganizzazione ed del conseguente poco controllo. In una nostra analisi di qualche anno fa, su 150.000 risposte ricevute da Direttori di UU.OO. e coordinatori ai quali chiedevamo se la loro attività professionale su diversi processi fosse stata sottoposta a procedura, meno della metà degli intervistati ci ha risposto di sì mentre gli altri confermavano che le loro attività venivano svolte come si era sempre fatto.
 
Per cambiare mentalità, il controllo deve essere interpretato come assunzione di responsabilità a tutela della comunità e non come una punizione
Certo, pur venendo da una cultura della “colpa” anzichè della causa, il passaggio essenziale per un reale miglioramento delle strutture passa attraverso il cambiamento culturale che non confonde la Persona con il comportamento, che non crede che chi sbaglia è sbagliato; ma passa attraverso la consapevolezza che l'Uomo è un generatore di errori e che da questi, analizzandoli, costruisce la sua crescita ed il suo miglioramento. Un buon passaggio in proposito l’ha fatto proprio il ddl Gelli – Bianco che ha inserito l'impossibilità di utilizzare, anche per la magistratura, i dati, i fatti ed i documenti conseguenti agli audit reattivi.
 
Responsabile prevenzione corruzione e risk manager: differenze, analogie, speranze
Dovrebbero, coordinarsi pur rimanendo distinti. Del resto la dizione rischio clinico ormai è sparita da tempo e si parla solo di gestione dl rischio in sanità; come accennavo prima, molti processi, se adeguatamente riorganizzati saranno utili a diminuire il rischio corruttivo.
 
Quali possono essere gli strumenti di trasparenza e responsabilità - o accountability – per favorire la prevenzione del rischio corruttivo
Preferirei si parlasse del rischio in toto, senza riferimenti se clinico o corruttivo. E direi che possiamo indicare quello che ritengo essere oggi lo strumento principale per agire su sistemi cosi complessi con scarsa progettazione: il modello reattivo che, attraverso le segnalazioni, le richieste risarcitorie, gli eventi sentinella, analizza il settore sanitario facendo uso di sistemi di audit, rendendolo più sicuro.
 
Può farci qualche considerazione in merito al DDL Gelli-Bianco dove la sicurezza della salute equivale alla tutela della salute?
La sicurezza delle cure è parte integrante del diritto alla tutela della salute.  Il decreto sposta ai livelli dell'articolo 32  la gestione del rischio che, se realmente fatta, rende più sicuri i processi di cura. Proprio per questo stimo il ddl, aspettando la definitiva conversione in legge, sia per quanto indicavo prima sia perché indicativo della necessità di sistemi, modelli, metodologie di base che siano uniche in tutto il territorio italiano. Non è più pensabile, e a maggior ragione dopo l’approvazione del decreto, che non ci sia la garanzia di una gestione dei rischi minima in tutto il nostro Paese, smettendola con pericolosi campanilismi regionali e con le troppo usate dichiarazioni d’intenti. Ricordo che un gestore del rischio che non si occupi realmente del suo lavoro ha la responsabilità di parte delle morti che la struttura per la quale lavora genera.
 
Un’ultima domanda. Non sarebbe opportuno e necessario istituire per la sanità, un reale e riconosciuto coordinamento a livello di direzione strategica ASL/AO, tra le figure professionali che si occupano di rischio e, in definitiva, di sicurezza della salute?
Il gestore del rischio deve essere necessariamente in staff al Direttore Generale e deve essere dotato di apposite risorse di personale ed economiche. Fare gestione del rischio ad isorisorse o a costo zero equivale a non credere in questa attività. Peraltro le risorse da impiegare sono spesso investimenti che ritorneranno valorizzati e moltiplicati da lì a pochi anni - si pensi per esempio allo sconto assicurativo praticato presso l'Azienda Ospedaliera Moscati di Avellino dopo la sua certificazione con il Modello italiano per la gestione del rischio in sanità di Federsanità.

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