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Mercoledì 18 MAGGIO 2016
Sicurezza delle cure. Se la vera sfida è rendere più facile fare le cose giuste

In esclusiva per Quotidiano Sanità il report dell'esperto inglese Martin Bromiley del Global Summit Patient safety 2030”, tenutosi a Londra e in cui è stato presentato il Rapporto sulla "Sicurezza del Paziente 2030”. Quattro le aree su cui lavorare: Approccio sistemico alla riduzione del danno, sviluppo della cultura della sicurezza, coinvolgimento dei pazienti e il saper prendere decisioni sulla base di evidenze e ragionamenti motivati

Il Centro GRC della Regione Toscana ha chiesto a Martin Bromiley un breve resoconto sul “Global Summit Patient safety 2030”, tenutosi a Londra a Marzo u.s. e al quale ha partecipato come opinion leader.
 
Martin Bromiley è Presidente del Clinical Human Factors Group ed è un pilota di linea per una grande compagnia aerea internazionale. La sua fama deriva dal fatto che dopo che sua moglie è stata vittima di un evento avverso, Martin ha messo a disposizione le sue competenze di pilota per migliorare la sicurezza delle cure fondando il Clinical Human Factors Group e iniziando a lavorare sui fattori umani in sanità (VIDEO STORIA BROMILEY). Ecco qui di seguito e in esclusiva per Quotidiano Sanità il report di Martin Bromiley sul Global summit di Londra.
 
Nel mese di marzo ho partecipato a Londra a un importante vertice sulla sicurezza del paziente, il “Global summit - Patient Safety 2030”. E’ stato un incontro tra importanti accademici, responsabili politici, medici e persone esperte della materia per condividere idee e pensare che cosa fare per migliorare la sicurezza dei sistemi sanitari. Questo evento ha coinciso in modo significativo con la pubblicazione del rapporto "Sicurezza del Paziente 2030”.
 
Questo rapporto è stato sviluppato da un team multi-disciplinare e proveniente da più nazioni, come un tentativo di riconoscere che, seppure abbiamo fatto importanti progressi dalla pubblicazione dei rapporti  “To err is human” (2000) e “An organization with memory” (2001),  sulla sicurezza in realtà stiamo ancora provando a diventare come altri sistemi industriali ad alta affidabilità, come l’aviazione.
 
Il summit ha identificato quattro aree su cui è necessario lavorare:
- approccio sistemico alla riduzione del danno;
- sviluppo della cultura della sicurezza;
- coinvolgimento dei pazienti come partner nel campo della sicurezza;
- prendere decisioni sulla base di evidenze e ragionamenti motivati e non rimanere inattivi nei confronti dei problemi ancora aperti.
 
Permettetemi di focalizzarmi solo sulle prime due. Si riconosce che soltanto un approccio di sistema, intervenendo a tutti i livelli dell’organizzazione, è in grado di fornire quel tipo di miglioramenti a cui aspiriamo nel settore sanitario, in particolare in un momento in cui ogni sistema sanitario si trova ad affrontare difficili sfide economiche.
 
E’ ironico pensare che anche quando sappiamo esattamente cosa abbiamo sbagliato con un paziente e come avremmo dovuto trattarlo, non siamo comunque stati capaci di offrire la cura ottimale. Il grado di variabilità nel settore sanitario, anche nello stesso ambiente ospedaliero o setting di cure è spaventoso e in qualsiasi altro settore sarebbe semplicemente inaccettabile.
 
La seconda questione affrontata nel summit “Sicurezza dei pazienti 2030” è l’urgenza di affrontare veramente in modo prioritario la qualità e la sicurezza delle cure attraverso un processo positivo di sviluppo culturale e non di ricerca della colpa o della punizione.
 
I contenuti del rapporto sono stati chiaramente sottolineati dai politici più importanti presenti all’evento. Il documento è stato consegnato dal Professor Ara Darzi, al Segretario di Stato per la Sanità, il nostro "ministro della Salute" Jeremy Hunt, che ha detto: "Biasimare i fallimenti nella cura di medici e infermieri che cercano di fare del loro meglio significa non considerare la questione che cattivi errori possono essere fatti da persone buone. Ciò che spesso viene trascurato è il corretto studio dell'ambiente e dei sistemi in cui gli errori accadono e capire cos’è andato storto e incoraggiare a diffondere le eventuali lezioni apprese".
 
Il Global Summit ha riunito un certo numero di ministri della sanità di tutto il mondo ed è stato un progetto congiunto tra i governi del Regno Unito e della Germania. L'OMS è stata pienamente coinvolta nell’iniziativa con la presenza del DG Margaret Chan che, in risposta ad un quesito del Ministro della Salute del Sultanato dell'Oman, ha convenuto che ci dovrebbe essere una giornata mondiale per la sicurezza dei pazienti ogni anno per concentrarsi sul problema. Alcuni paesi come il Canada già l’hanno fatto, ma l'idea di una giornata mondiale è sembrata molto più utile e ha ottenuto il plauso di tutti i partecipanti.
 
Ho avuto la fortuna di essere stato invitato a partecipare a due sessioni. Il mio contributo  al Rapporto “Sicurezza del paziente 2030” è stato lavorare in un panel di esperti su come imparare da altri settori industriali. Nel 2005, dopo la morte di mia moglie, Elaine, nel corso di una procedura di routine,  tentai di capire le cause di quanto accaduto e compresi che la causa degli errori erano le competenze non tecniche, aggravate da problemi sistemici.  Sono stato in grado di vedere le similitudini o meglio le differenze, tra assistenza sanitaria e aviazione. In particolare emerse l'apparente assenza di comprensione sui fattori umani e la sicurezza del sistema.
 
Dal momento in cui Elaine è morta ho fondato il “Clinical Human Factors Group. Si tratta di un ente di beneficenza volontario istituito per promuovere semplicemente la comprensione dei fattori umani nel settore sanitario. Il nostro lavoro può essere trovato sul nostro sito internet e vi incoraggio a guardare e scaricare le nostre risorse gratuite.
 
Il secondo giorno ho presentato ai ministri presenti la mia storia e il ruolo dei fattori umani nel settore sanitario. Nel Regno Unito vi è una più ampia accettazione ora del ruolo dei fattori umani. Il rapporto “Patient safety 2030” è stato per molti aspetti come una predica a chi è già convertito a una nuova cultura della sicurezza, ma la difficile sfida reale è cambiare i sistemi per "rendere più facile fare le cose giuste". La sanità si è sviluppata nel corso di centinaia di anni in cui si è ritenuto che la solo competenza tecnica individuale potesse garantire la sicurezza. La scienza della sicurezza si è sviluppata rapidamente negli ultimi anni, ma fino a poco tempo fa la medicina non l’ha considerata. Siamo forse oggi in grado di andare avanti?
 
Avendo trascorso nel 2015 un periodo con i colleghi italiani sono consapevole più che mai che stiamo tutti facendo lo stesso viaggio, nonostante le differenze dei sistemi sanitari, le condizioni organizzative sottostanti e i presupposti culturali sono simili. Ma è certamente un viaggio che possiamo fare meglio insieme.
 
Martin Bromiley
Presidente del Clinical Human Factors Group

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