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Venerdì 20 MAGGIO 2016
Diabete in Piemonte. Pazienti molto informati sulla malattia e soddisfatti di medici e centri di cura

Parte dal Piemonte il percorso del Progetto DIRE promosso da Quotidiano Sanità e Diabete&Glucometri che toccherà dieci Regioni italiane per indagare sulla governance di una patologia cronica così importante da meritarsi il titolo di “pandemica” anche approfondendo i dati di un’indagine di Gfk Eurisko che ha fotografato il paziente con diabete in dieci regioni italiane. Dopo la gara per i glucometri e quella a lotto unico per l’insulina in cui ha vinto il farmaco biosimilare, la Regione Piemonte assicura di voler aprire un confronto più serrato con i clinici per il miglior percorso di cambiamento a favore dei pazienti

In Piemonte dei 282.000 pazienti diabetici, il 95% è di tipo 2 di cui circa il 30% è insulino trattato, tra questi l'86% è molto consapevole, attivo e competente nella gestione della sua malattia. La stragrande maggioranza (oltre il 90%), inoltre, si dice molto soddisfatta per la disponibilità e competenza dei medici curanti e quasi l’80% apprezza i Servizi sanitari che li hanno in carico in termini di accessibilità, tempi di attesa e servizi offerti.
 
Sono questi alcuni tra i dati più evidenti di un’indagine condotta su scala nazionale da Gfk Eurisko e che, estrapolati a livello regionale, posizionano il Piemonte tra le regioni più avanzate dal punto di vista organizzativo e dell’autonomia e competenza dei pazienti.
 
La declinazione piemontese della ricerca Eurisko è stata presentata l’11 maggio scorso a Torino nel corso di un incontro tra esperti organizzato da Sics, Società italiana di comunicazione scientifica e sanitaria, realizzato con il sostegno non condizionante di Sanofi e promosso da Quotidiano Sanità e Diabete&Glucometri nell’ambito del più vasto programma del progetto DIRE (Diabete, Informazione, Responsabilità, Educazione) che toccherà dieci regioni fino al prossimo settembre. DIRE è un percorso di approfondimento sulle realtà regionali di governance del Diabete di cui il Piemonte è stata la prima tappa. Al centro del dibattito tra gli esperti e gli stakeholder regionali c’è il percorso di presa in carico e di cura del paziente diabetico, anche alla luce delle recenti novità introdotte a livello legislativo, come la necessità di aderire a meccanismi di acquisto dei dispositivi il più possibile centralizzati, nonché l’introduzione sul mercato di nuovi farmaci biosimilari. Per queste novità, infatti, non mancano problematiche anche di ordine medico-legale e di continuità terapeutica, anch’esse oggetto di approfondimento nel corso dell’incontro tra esperti. Il Piemonte è stata, infatti, la prima regione ad espletare una gara a lotto unico prevedendo lo “switch” automatico dal vecchio farmaco originator al nuovo biosimilare risultato vincente, salvo diversa, dettagliata e motivata scelta del medico.

Tuttavia, in un patologia cronica come il diabete la sostituzione di un farmaco come l’insulina o di un presidio come il glucometro può arrecare molto disagio e incertezza, ancor più in persone anziane e pazienti fragili. Il cambiamento rischia di mettere in difficoltà tanto il medico (in termini di surplus di lavoro nel far accettare le modifiche e di responsabilità medico-legale dal momento che molti esperti sostengono la necessità di supportare il cambiamento del farmaco addirittura con una solida acquisizione di consenso informato) sia il paziente, che rischia di rimanere disorientato a danno di una compliance e autonomia terapeutica che ormai, nel tempo, aveva acquisito.
 
All’incontro hanno partecipato rappresentanti delle associazioni dei pazienti AGD, Associazione per l’aiuto al giovane diabetico e Coordinamento fra le Associazioni di persone con diabete del Piemonte e Valle d'Aosta, della Regione - presenti il Direttore del servizio farmaceutico Loredano Giorni e il Consigliere Regionale Paolo Allemano -, delle Società scientifiche di riferimento SID, Società italiana di diabetologia e AMD, Associazione dei medici diabetologi , dei medici di famiglia - Società italiana di medicina generale e delle cure primarie e delle farmacie del territorio, Federfarma.
 
E proprio dal responsabile della farmaceutica regionale, in un confronto franco e diretto con i clinici presenti, è giunta l’apertura e la disponibilità ad avviare un percorso comune e condiviso per dare attuazione, nel concreto, alle scelte che la regione ha comunque già compiuto nella scelta dell’insulina risultata vincitrice della gara.
 
“Nel settore della diabetologia” ha spiegato Loredano Giorni “abbiamo compiuto delle scelte abbastanza importanti. La prima è stata quella del gennaio/febbraio scorso con l’adesione alla gara Consip per l’acquisizione dei glucometri della ditta risultata vincitrice. Abbiamo condiviso con tutti i diabetologi questa scelta e il processo sta procedendo in modo abbastanza soddisfacente. Ad oggi, infatti, i medici hanno sostituito circa 20mila glucometri su circa 80mila pazienti che utilizzano questo strumento. Con l’arrivo sul mercato dell’insulina glargine biosimilare” ha quindi aggiunto Giorni “come la legge impone abbiamo espletato una gara a lotto unico ed è risultato vincitore il prodotto biosimilare con un prezzo inferiore del 30% rispetto al biologico originator”.

Se tutti i pazienti utilizzassero il biosimilare “la regione ha calcolato un risparmio su base annua di circa 3 milioni di euro ma è chiaro”, ha quindi convenuto Giorni “che questo, realisticamente, sarà impossibile poiché non tutti i pazienti saranno deputati a “switchare” verso il nuovo farmaco. Abbiamo dato precise disposizioni in tal senso e cioè che il medico e il paziente dovranno decidere insieme che cosa è meglio. Per questo motivo ci attendiamo che, come per i glucometri dove in alcuni casi non è stato possibile switchare da uno strumento all’altro, lo stesso accadrà anche per l’insulina”. Sarà comunque una risposta che ci consentirà di curare bene tutti i pazienti e di fare anche quelle economie necessarie per reinvestire nel settore e nei farmaci innovativi che sono, come è noto, molto costosi. È comprensibile, ha quindi concluso Giorni “che cambiamenti così ravvicinati possano creare qualche imbarazzo e necessità di confronto. In tal senso siamo assolutamente disponibili ad un incontro quanto prima, per discutere insieme di questa linea che tuttavia è stata già presa e tracciata. Cercheremo di trovare insieme il modo migliore per percorrerla”.
 
“Nella gestione di una malattia cronica come il diabete è senz’altro necessaria” ha quindi osservato dal canto suo Andrea Pizzini, Vice presidente della Simg Piemonte “una maggiore concertazione. Il medico di famiglia è in prima linea nel rapporto con i pazienti e non c’è nulla di peggio che non poter dare risposte convinte. che sono tali in base a quello che è il nostro ragionamento in scienza e coscienza. Credo quindi sia importante la possibilità prospettata dalla regione di ascoltare i pazienti e i medici, specialisti e di medicina generale, affinché si possano trovare le migliori soluzioni”.

Al momento, ha quindi aggiunto “con le scelte compiute dalla regione ritengo non ci sia ancora sufficiente chiarezza su come il medico di famiglia si debba comportare, in particolare con quelle categorie di pazienti che eventualmente necessitassero, per esempio, di proseguire con la consueta terapia insulinica senza cambiare farmaco. Non c’è ancora piena chiarezza su come il medico di famiglia debba comportarsi, se la necessità di redigere una dettagliata motivazione per garantire il prosieguo della terapia debba o meno essere scritto dal medico di famiglia, se debba redigerlo per tutte le prescrizioni, se debba segnarlo in cartella, se debba segnarlo sulla ricetta. Tutte dinamiche molto concrete “che non sono ancora sufficientemente chiare e che possono generare confusione”.

“La prima esigenza del cittadino diabetico” ha quindi sottolineato Ezio Labaguer, Presidente del Coordinamento delle Associazioni dei pazienti con Diabete del Piemonte “è quella di essere informato molto bene su quello che sta avvenendo, di sapere a cosa andrà in contro nella terapia quando dovrà, forse, mettere in atto un cambiamento ma, soprattutto, avere la certezza da parte di chi lo sta curando, sia esso il medico di famiglia come lo specialista, che quello che gli si sta proponendo è il meglio che ha a disposizione”.

L’indagine ha confermato come il diabetologo sia il principale riferimento per il paziente; evidenziando, però, anche un ruolo importante di supporto e guida nella quotidianità del medico di famiglia. In Piemonte la gestione integrata del paziente - che risulta più rilevante rispetto alla media nazionale - ha, infatti, un effetto positivo sull’efficacia della cura e sulla soddisfazione complessiva del paziente per il medico e per i servizi di cura.
 
Soddisfazione per i risultati dell’indagine è stata espressa da Milena Paola Tagliabue, Presidente della sezione regionale della Società italiana di Diabetologia e dal suo collega Alessandro Ozzello, Presidente regionale dell’Associazione dei medici diabetologi che, parallelamente, hanno anche espressa forte preoccupazione “per l’estrema decisionalità con cui ha agito la Regione”.
 
“Quello che mettiamo in discussione” hanno sottolineato “non è la dispensazione del farmaco biosimilare ai pazienti naive ma lo switch. Peraltro ci piacerebbe che venisse riconosciuto il fatto che i medici sono molto attenti a dispensare esami e farmaci e in tal senso controlli serrati sono inopportuni. I medici, inoltre, seppure non abbiano un ruolo nei processi di distribuzione e approvvigionamento, hanno fatto comunque moltissimo. Abbiamo erogato un buon servizio con standard di riferimento elevati e con un trend di complicanze e di ricoveri in diminuzione. Abbiamo anche risparmiato e per questo non crediamo sia possibile chiederci molto di più. Neanche in termini di tempo da dedicare nel giustificare approfonditamente la nostra scelta terapeutica. Pensiamo, invece, che dovrebbe bastare ed essere più che sufficiente il nostro referto. In scienza e coscienza”.
 
“I Pazienti diabetici” hanno sottolineato ancora i clinici “in Piemonte hanno potuto sperimentare l’offerta più avanzata dei Servizi di Diabetologia proprio per l’impegno richiesto loro nell’autogestione della terapia a domicilio, fatta di un’appropriata interpretazione delle informazioni che derivano dall’integrazione di alimentazione, attività fisica, tipo d’insulina iniettata, impiego corretto di aghi e dispositivi per l’iniezione ed i valori della glicemia misurata, indispensabili per prendere decisioni nel quotidiano. Tutto questo” hanno chiarito ancora Tagliabue e Ozzello “è promosso da qualche anno in Piemonte con una specifica prestazione di “Educazione Terapeutica” che la nostra regione, prima in Italia, ha riconosciuto come prerogativa dei Servizi di Diabetologia, come essenziale per supportare il paziente nella gestione integrata con il Medico di Medicina Generale, nonché fondamentale per un impiego appropriato di dispositivi medici, aghi e strisce e per l’autosomministrazione della terapia stessa. Ci auguriamo” hanno quindi auspicato i due clinici “che anche le parti sociali e politiche coinvolte nel fronteggiare la pandemia diabete, leggano i buoni risultati del Piemonte con la stessa propensione a riflettere sull’appropriatezza di questi Servizi, non ostacolandone la loro attività ma anzi potenziandola con supporti adeguati”.

Questi argomenti saranno peraltro oggetto del prossimo Congresso Regionale di AMD e SID che per la prima volta sarà Congiunto, proprio a significare la volontà degli specialisti a proseguire insieme un aggiornamento professionale attento non solo ai Pazienti ma anche alle richieste del Sistema Sanità. Auspichiamo” hanno concluso “che il contributo che i diabetologi possono dare per creare soluzioni assistenziali sostenibili sia, in futuro nella nostra regione, considerato in modo adeguato e non come già successo, ed a tutti noto, trascurato”.
 
Il coinvolgimento attivo del paziente nella gestione della malattia, lo sottolineano anche i risultati dell’indagine Eurisko, e quindi la sua piena accettazione anche di un nuovo farmaco, una volta che il medico avrà stabilito la possibilità di sostituirlo ha, infatti, effetti significativi sulla soddisfazione del paziente stesso, sulla sua qualità di vita e sulla compliance nella gestione della patologia: questo significa una migliore percezione dello stato di salute, un umore migliore, migliori relazioni sociali e familiari e, come esiti della terapia, ne risultano migliore controllo glicemico, minori ipoglicemie gravi, migliore aderenza al trattamento, e maggiore capacità di migliorare il proprio stile di vita.
 
Nella “filiera” assistenziale del paziente diabetico, inoltre, un ruolo importante è anche quello del farmacista. A giudizio di Massimo Mana, Presidente di Federfarma Piemonte “le novità che la politica regionale ha introdotto con questa serie di provvedimenti, vuoi sulla distribuzione delle strisce per i diabetici vuoi per i biosimilari, sta creando qualche problema gestionale anche livello delle farmacie poiché bisogna comunque trovare nuovi metodi per avere prodotti e poterli distribuire. Questi nuovi metodi all’inizio possono impattare negativamente sull’operatività di tutti i giorni ma direi che dopo alcuni mesi di prove sulle strisce i problemi non sussistono più e tutto sta funzionando. Sui biosimilari la regione ha diramato una serie di informazioni che permettono al farmacista di operare correttamente. In primis quello che stabilisce che nel momento in cui ha una prescrizione non possa sostituire il prodotto. Posso comprendere, di contro, il disagio del medico chiamato a motivare dettagliatamente i motivi di un’eventuale permanenza del farmaco originale e quindi, in buona sostanza, dinanzi a una serie di regole che rischiano di complicare la sua scelta prescrittiva”.
 
Sulla base delle risposte dei pazienti diabetici in terapia con insulina, i ricercatori Gfk Eurisko hanno stimato in circa 7mila/anno i ricoveri legati al diabete in Piemonte. Una percentuale più alta rispetto alla media nazionale (14% contro 6%) legata, tuttavia, ad una maggiore concentrazione in Piemonte di persone con diabete over 70 e con co-morbilità cardiache. Di contro, la durata del ricovero è nettamente inferiore: mediamente 4,7 giorni contro gli 8,5 giorni della media nazionale. La stima dei costi per questi ricoveri fissa l’asticella alla cifra di 25milioni di Euro. Sono invece mediamente 800 euro/anno, quelli spesi privatamente da ogni paziente per trasporti, visite specialistiche, prodotti specifici o attività a supporto della gestione della malattia.
 
Soddisfazione per l’esito del confronto è stata infine espressa da Paolo Allemano, medico ospedaliero e componente della Commissione Sanità della Regione Piemonte secondo cui “l’incontro è stato molto positivo poiché abbiamo parlato di fiducia, di concertazione, di alleanza terapeutica. E a tal proposito” ha aggiunto “credo che le cose andranno molto meglio se questa rinnovata alleanza terapeutica che si sta ricercando, non sarà limitata a medico e paziente ma includerà anche i decisori della politica, quelli che devono compiere scelte responsabili affinché il sistema produca salute in modo sostenibile, guardando al futuro”. 

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