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Lunedì 23 MAGGIO 2016
Formazione medica. Quando non si può difendere l’indifendibile



Gentile direttore,
è da anni che la formazione medica in Italia necessita di uno svecchiamento, di un aggiornamento 2.0 che la renda al passo degli altri Paesi europei. Come Anaao in questi anni abbiamo fatto alcune proposte migliorative del sistema, che, inutile nasconderlo, così proprio non va. Non solo i grandi luminari universitari osteggiano le nostre idee innovative perché hanno paura della “decristallizzazione” del sistema attuale, ma subiamo addirittura il pedissequo attacco di alcune associazioni di giovani medici, che difendono a spada tratta l’indifendibile impianto corrente.
 
Eppure di cose che non vanno ce ne sono tante. Per prima cosa, una rete formativa prevista da 17 anni (diciassette!!!!!) che stenta a decollare, nella quale decide tutto l’Università, controllore e controllato nello stesso tempo, sempre più autoreferenziale, un gigante dai piedi d’argilla che non riesce ad ammodernarsi. La formazione, non nascondiamoci dietro a un dito, è ancora dominio universitario incontrastato. Lo specializzando vede il suo destino deciso dal suo Direttore, che, come in un gioco di società, può decidere in quale punto strategico muovere le sue pedine, spesso scavalcando la volontà dello stesso medico in formazione.
 
Così succede che gli specializzandi si ritrovino accalcati nelle stanzette universitarie, in numero ben superiore a quello ragionevole, per asservire il Direttore-Padrone che più medici in formazione ha vicino a sé, più è magnificente agli occhi degli altri. La soluzione sarebbe quella di spostare parte della formazione nel SSN, ma guai a toccare gli interessi universitari: sulla stampa non avevamo mai visto così tanti interventi dei suoi membri a difesa del sistema attuale, così come accaduto in questi mesi.
 
La qualità della formazione, soprattutto nell’ambito dell’area chirurgica, è penosa: i neospecialisti che escono dalle scuole chirurgiche sanno fare a stento un’appendicectomia. E se li si interroga sul dove hanno potuto imparare di più, la risposta è quasi sempre la stessa: “nell’unico anno che mi hanno lasciato libero di andare nel SSN”.
 
I contratti di formazione specialistica per quest’anno sono ancora insufficienti: 6.133 posti, a fronte di un fabbisogno di 7.809 richiesto dalle Regioni e da un numero stimato di domande di oltre 14.000. Le Istituzioni non stanno facendo nulla per evitare il cosiddetto “imbuto formativo”, che diventa sempre più grave col passare degli anni.
 
Noi di Anaao stiamo provando a liberare risorse per nuovi contratti, proponendo la trasformazione dell’ultimo biennio formativo in contratto a tempo determinato a carico delle Regioni. In un periodo di ristrettezza economica come questo, la nostra proposta ci sembra una delle poche vie percorribili per aumentare il numero di contratti e per non lasciare “in mezzo a una strada” centinaia di giovani neomedici.
 
Sappiamo che la coperta è corta e i miracoli non sono possibili e cerchiamo, con i nostri interlocutori, una quadra che permetta di aumentare i posti mantenendo alto lo standard qualitativo formativo. E le altre associazioni cosa propongono per arginare l’imbuto formativo? Il nulla cosmico.
 
Ci viene contestata la proposta della contrattualizzazione negli ultimi due anni, descritta come il male assoluto perché gli specializzandi diventerebbero “la risposta a problemi di orario di lavoro, budget e pianta organica”. Inoltre forse chi ci critica non ricorda (o fa finta di non ricordare) che questo purtroppo accade già oggi all’interno delle strutture ospedaliero-universitarie: è risaputo che esse crollerebbero senza l’apporto quotidiano dei medici in formazione.
 
Chi non ricorda quanto successo in occasione dell’ultimo sciopero degli specializzandi del 2012? Interi servizi chiusi e sale operatorie ferme. Eppure essi non sono “mai sostitutivi del personale di ruolo”. Come è potuto accadere? Sarebbe meglio, dunque, non scagliare le pietre contro la nostra proposta, quando si è i primi a sostenere un sistema già marcio e francamente insanabile senza avere uno straccio di proposta percorribile per arginare l’imbuto formativo. I giovani hanno bisogno di risposte reali, non di utopie!
 
Il biennio formativo conclusivo nel SSN, tra l’altro, rappresenterebbe solo una parte del nostro progetto. Noi siamo per un concetto molto più profondo, visionario e moderno rispetto a quello odierno: immaginiamo una sorta di “rete neurale”, una vera rete formativa, senza la casa-base universitaria, con i vari snodi (le strutture accreditate) che possono essere indifferentemente ospedalieri o universitari.
 
 
Il modello di riferimento potrebbe essere quello di una piramide, la quale base sarebbe costituita da tutte quelle strutture, ospedaliere o universitarie, che possano offrire una formazione di bassa complessità. Salendo per la piramide, si incontrerebbero le strutture con formazione di media complessità. All’apice, troveremmo le strutture che offrono formazione di alta complessità, ovvero quelle strutture sede di attività ultraspecialistiche, i cosiddetti “fiori all’occhiello” della sanità italiana, al quale si potrebbe accedere solamente verso la fine del percorso formativo.
 
Le strutture della rete formativa dovrebbero sottostare a rigide regole di accreditamento: dovrebbero essere controllate da un board misto università/ospedale, su base regionale e su nomina dell’assessorato alla Sanità, con paritario numero di membri. Le strutture ospedaliere oppure ospedaliero-universitarie, candidabili ad accogliere i medici in formazione, dovrebbero avere volumi di attività compatibili con percorsi di qualità professionale, qualità del Piano Nazionale Esiti, Case Mix e anche una "patente" di affidabilità circa le modalità di impiego dei loro operatori, quali un numero di contratti atipici non superiore al 2%, dotazioni organiche al completo nei precedenti 6 mesi.
 
Un’utopia? Secondo noi no, se non si avesse paura del cambiamento! Un cambiamento che è assolutamente necessario, alla luce di un sistema attuale che proprio non funziona, nonostante le varie modifiche applicate in questi anni. Perché avere paura di cambiare? Può andare peggio di così?
 
Matteo d’Arienzo
Responsabile Emilia Romagna – Settore Anaao Giovani
 
Alessandro Conte
Direttivo Nazionale – Settore Anaao Giovani
 
Domenico Montemurro
Responsabile Nazionale – Settore Anaao Giovani

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