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Mercoledì 08 GIUGNO 2016
Diabete. Indagine nel Lazio: pazienti informati sulla malattia e soddisfatti dei medici, molto meno per liste d’attesa e servizi

Ha fatto tappa nella Regione Lazio il secondo appuntamento del Progetto DIRE promosso da Quotidiano Sanità che, dopo essere già passato per il Piemonte, toccherà altre otto Regioni italiane per indagare sulla governance di una patologia cronica così importante da meritarsi l’aggettivo di “pandemica”. Anche nel Lazio qualche criticità per le modalità di introduzione di nuovi farmaci e dispositivi, soprattutto nei pazienti stabilizzati da anni.

La maggior parte dei circa 80mila pazienti diabetici del Lazio in terapia con insulina (sui 385mila totali) risulta consapevole, attiva e competente nella gestione della propria patologia. La stragrande maggioranza (quasi il 90%) si dice inoltre molto soddisfatta per la disponibilità e competenza dei medici curanti. Percentuale che tuttavia cala drasticamente (meno del 70%) quando i pazienti sono chiamati a esprimersi sulla qualità dei Servizi sanitari in termini di accessibilità, tempi di attesa e servizi offerti.
 
Sono questi alcuni tra i dati più evidenti dell’indagine condotta su scala nazionale da Gfk Eurisko e che, estrapolati a livello regionale, posizionano il Lazio tra le regioni sostanzialmente nella media per autonomia e competenza dei pazienti, un po’più in basso dal punto di vista organizzativo. Una carenza a cui la Regione stessa ha intenzione di rimediare avendo approvato recentemente il primo Piano regionale per l’assistenza al paziente diabetico.
 
La declinazione laziale della ricerca Eurisko è stata presentata nei giorni scorsi a Roma nel corso di un incontro tra esperti organizzato da Sics, Società italiana di comunicazione scientifica e sanitaria, realizzato con il sostegno non condizionante di Sanofi e promosso da Quotidiano Sanità nell’ambito del più vasto programma di approfondimento del progetto DIRE (Diabete, Informazione, Responsabilità, Educazione) che toccherà dieci regioni fino al prossimo settembre.
 
All’incontro hanno partecipato rappresentanti delle associazioni dei pazienti, della Regione - presenti Teresa Petrangolini, componente della Commissione Sanità della Regione Lazio e Gianni Vicario, Dirigente dell'Ufficio "Assistenza Primaria" della Direzione Regionale Salute e Integrazione Socio-sanitaria - delle Società scientifiche di riferimento come l’Associazione dei medici diabetologi, dell’Assistenza Territoriale come la Card Lazio rappresentata dal Presidente Rosario Mete, della Pediatria e degli Specialisti ambulatoriali del SUMAI.
 
Il coinvolgimento attivo del paziente nella gestione della malattia ha effetti significativi sulla soddisfazione del paziente, sulla sua qualità di vita e sugli outcomes. Questo significa una migliore percezione dello stato di salute, un umore migliore, migliori relazioni sociali e familiari e migliori risultati: buon controllo glicemico, minori ipoglicemie gravi, più aderenza al trattamento e maggiore capacità di migliorare il proprio stile di vita.

I risultati dello studio condotto da GfK Eurisko su un campione nazionale di 500 pazienti con diabete di tipo 2 in trattamento con insulina confermano – anche a livello della Regione Lazio – l’importanza di una buona relazione medico-paziente nel favorire il coinvolgimento attivo del paziente e nel migliorare i risultati della cura. Paziente che tuttavia, nella Regione Lazio, si caratterizza per una maggiore incidenza, rispetto all’Italia, dell’obesità (56% contro il 27% del dato medio nazionale).
 
“Il medico – ha dichiarato Isabella Cecchini, Direttrice del Dipartimento di Ricerche sulla Salute di GfK Eurisko - ha un ruolo fondamentale nell’educare il paziente e renderlo consapevole dell’importanza della cura e di un corretto stile di vita. Tale consapevolezza migliora la soddisfazione del paziente attraverso un migliore controllo della malattia”.
 
L’indagine ha confermato che anche nella Regione Lazio il diabetologo è il medico di riferimento per il paziente, mentre il medico di medicina generale ha un ruolo più collaterale, anche se ha una funzione di supporto e guida nella gestione quotidiana della malattia e dello stile di vita. Nel Lazio non esiste ancora, infatti, una gestione integrata del paziente, frutto di comune progettualità e presa in carico tra specialistica e medico di medicina generale e probabilmente i primi risultati positivi di un processo del genere vedranno la luce nei prossimi mesi con l’attuazione del Piano regionale Diabete, redatto in collaborazione con tutti i protagonisti della patologia, e approvato alla fine dello scorso anno. La sinergia tra medico di famiglia e team specialistico ha, infatti, un effetto positivo sull’efficacia della cura e sulla soddisfazione complessiva del paziente per il medico e per i servizi di cura.
 
“Il Piano regionale del Lazio sul diabete” ha sottolineato Lina Delle Monache, Presidente regionale del Cladiab - Coordinamento Lazio Associazioni Persone con Diabete “è unico in Italia e le associazioni dei pazienti ne sono state tra i principali promotori, attraverso un’importante attività di advocacy, per creare le condizioni affinché lo stesso venisse redatto e diventasse patrimonio del servizio sanitario regionale. Esso” ha aggiunto “rappresenta per noi la realizzazione di un sogno, un cambio di paradigma, la possibilità di godere di nuove politiche sanitarie per la gestione di una patologia importante come il diabete”. Il Piano, infatti, prevede la realizzazione di percorsi assistenziali e di presa in carico ben precisi, la valorizzazione del cd “team diabetologico”, con l’obiettivo principale di garantire un vero empowerment del paziente diabetico oltre che, naturalmente, cure eccellenti.
 
“Tutti questi sforzi” ha quindi aggiunto Delle Monche “sono finalizzati anche a prevenire eventuali complicanze che rappresentano, in definitiva, i veri costi del diabete. In Italia ogni 20 minuti una persona muore a causa del diabete e ogni 90 minuti una persona subisce un’amputazione per il diabete. Controllare e prevenire eventuali complicanze diventa pertanto un obiettivo fondamentale sia dal punto di vista sociale sia economico. Certamente sussistono alcune criticità” ha quindi concluso “ci aspetta un periodo di sperimentazione e implementazione del piano e il fatto che la Regione Lazio sia in Piano di rientro non aiuta. Ci sono scarse risorse economiche e di personale ma noi siamo pronti e determinati, attraverso continue azioni di policy, per stimolare le istituzioni affinché il Piano venga compiutamente realizzato”.

“Il Piano regionale Diabete” ha aggiunto dal canto suo Claudia Arnaldi, Pediatra e diabetologa della Società italiana di Pediatria “rappresenta una grande opportunità ma anche una grande responsabilità per chi lavora con persone con diabete. La diabetologia pediatrica nel Piano ha una parte importante e prevede la realizzazione di una rete che possa portare assistenza a tutti i bambini con questo problema nella nostra regione. Speriamo che questa progettualità costituisca davvero un’occasione per poter costruire una rete che non sia fondata solo sulla buona volontà di chi lavora quotidianamente per assistere questi pazienti e le loro famiglie, ma che preveda anche un minimo di investimento che ci permetta di ottimizzare il nostro lavoro quotidiano”.
 
A giudizio di Rocco Bulzomì, diabetologo rappresentante del Sumai e componente del tavolo tecnico della Regione, “siamo veramente di fronte ad un momento epocale di cambio di gestione. Abbiamo l’opportunità di prendere in carico il paziente diabetico, che è anche più costoso di altri, in maniera più appropriata, più vicina alle sue esigenze, più economica e virtuosa realizzando servizi che operino in una logica di team”. Il motto, secondo Bulzomì, potrebbe essere: “La prestazione giusta, quando serve, al paziente che ne ha bisogno quando ne ha bisogno”.

“Tutto questo” ha aggiunto “in una logica non soltanto di team professionale ma anche di collateralità con gli altri servizi offerti dal servizio sanitario quali i device, che devono essere di assoluta qualità e non scelti in una logica di mero risparmio sul costo della striscia, nonché le terapie con farmaci innovativi che stanno veramente dimostrando la loro superiorità in termini di sicurezza ed efficacia, impedendo moltissimi accessi al pronto soccorso per crisi ipoglicemiche severe o gravi che avrebbero generato costi di ricovero sono molto superiori rispetto alla logica del piccolo risparmio derivante dall’utilizzo del farmaco non griffato o dall’uso di device non di comprovata efficacia e sicurezza”.

“Noi pensiamo che quello della regione Lazio sia un ottimo Piano” ha quindi sottolineato Renato Giordano, past President dell’Associazione regionale dei medici diabetologi “ma certo non significa che, nella sua piena realizzazione, non si possano incontrare alcune criticità. È fondamentale creare i team dove non esistono ma poi bisogna creare la rete con i centri di secondo e terzo livello affinché il percorso della persona con diabete sia più strutturato ed equilibrato per poter erogare il maggior numero di prestazioni in poco tempo. Poi c’è il tema, molto forte, della prevenzione della formazione del personale e dei team migliorando tutti i meccanismi di comunicazione medico-paziente ma anche quello dell’introduzione di nuovi farmaci come i biosimilari. Penso tuttavia che lavorando tutti quanti insieme nella stessa direzione come abbiamo fatto per redigere il piano regionale, i problemi si possano risolvere”.

E sul tema della formazione dei professionisti ma anche sul loro incremento si è soffermato anche Rosario Mete, Direttore di Distretto e Presidente di Card Lazio, (Confederazione delle associazioni regionali dei distretti) la Società scientifica di riferimento delle attività sociosanitarie del territorio. “L’attività dei distretti nel Lazio è strategica per l’introduzione di nuovi modelli organizzativi dell’assistenza primaria come quelli descritti nel Piano regionale per il diabete” ha osservato ”e abbiamo certamente necessità di formare il personale in tal senso ma anche di integrarlo. Per l’applicazione del piano” ha esemplificato “c’è necessità di dare gambe ai servizi attraverso adeguate risorse umane, strumentali e tecnologiche che ormai sono indispensabili per rispondere alle esigenze assistenziali dei cittadini”.
 
Sulla base delle risposte dei pazienti diabetici in terapia con insulina, i ricercatori Gfk Eurisko hanno inoltre stimato circa 4mila ricoveri all’anno legati al diabete. Una percentuale in linea rispetto alla media nazionale e positiva rispetto al Paese per la durata del ricovero: 5,3 giorni nel Lazio contro gli 8,5 del dato medio nazionale. La stima dei costi per questi ricoveri fissa l’asticella alla cifra di circa 16milioni di Euro mentre sono mediamente 1300 euro all’anno quelli spesi privatamente da ogni paziente per trasporti, visite specialistiche, prodotti specifici o attività a supporto della gestione della malattia.
 
Anche per contrastare al massimo dinamiche come quelle appena descritte, attraverso quanto previsto nel Piano regionale, a giudizio di Gianni Vicario, Dirigente dell'Ufficio "Assistenza Primaria" della Direzione Regionale Salute e Integrazione Socio-sanitaria, è fondamentale che i professioni e gli operatori cambino il loro modo di lavorare, cambino la loro pratica clinica e assistenziale. Fino ad ora” ha spiegato “c’è stata sicuramente una certa frammentazione nell’assistenza alla persona con diabete. È però necessario, e questo Piano lo favorisce, che si crei un vero e proprio team che prenda in carico la persona sia per quanto riguarda l’aspetto più puramente medico clinico, sia assistenziale. Diventa quindi indispensabile che le diverse figure professionali interessate nel percorso del paziente parlino tra di loro. Non sarà più il paziente a portare le proprie informazioni dal singolo professionista ma è il sistema che dovrà assicurare questa disponibilità e questa integrazione. La vera scommessa di questo piano risiede proprio nella gestione integrata soprattutto per quanto riguarda il medico di famiglia e lo specialista diabetologo che per alcune classi di pazienti devono necessariamente interagire”.

“Ciò che sostiene il Piano” ha quindi concluso Teresa Petrangolini, Consigliere regionale e membro della Commissione politiche della salute “è proprio la scelta di averlo elaborato direttamente con chi lo dovrà realizzare. Averlo scritto insieme ai clinici, alle aziende sanitarie e ai pazienti offre una buona prospettiva per evitare di avere un bel documento che poi però non venga realizzato. L’aver lavorato insieme” ha aggiunto “ha permesso di risolvere a monte qualche conflitto e di capire come nelle diverse aziende sanitarie sarà possibile realizzare questo modello di presa in carico che, oltre a prevede un forte lavoro di equipe, ha al centro il cittadino e i suoi bisogni. La Regione Lazio” ha quindi tenuto a sottolineare Teresa Petrangolini “seppure in Piano di rientro, ha scelto una strada che mai ha anteposto il risparmio economico alle necessità dei cittadini. Certamente dobbiamo tenere conto dei costi e delle risorse disponibili, ma sempre tenendo in considerazione le esigenze dei clinici e dei pazienti. Il che significa operare delle scelte precise ma sempre secondo uno stile e dei principi che contribuiscano a evitare di trovarsi in un secondo momento a risolvere conflitti che possono rivelarsi molto costosi per la collettività”.
 

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